“Civismo, Popolarismo, Sussidiarietà”. Introduzione al Forum del 24 giugno

Le risorse socioculturali della rigenerazione politica liberaldemocratica


Introduzione al Forum su:

Civismo, Popolarismo, Sussidiarietà”

(Le risorse socioculturali della rigenerazione politica liberaldemocratica)

Di Dino Bertocco

Sarò breve per essere franco e franco per essere breve.

Sono già sufficientemente ingombranti i documenti, i testi ed i link che vi sono stati somministrati in preparazione del Forum “Civismo, Popolarismo, Sussidiarietà” in programma il 24 giugno presso il Crowne Plaza di Padova ed organizzato da Voce ed Agorà dei Cittadini liberi, democratici, attivi.

Il titolo che gli abbiamo dato poi dice già molto perché è la composizione ed associazione in successione di tre concetti basici che rappresentano le colonne portanti della Democrazia italiana: fragile di uno statalismo espanso ma non efficiente, di una dialettica democratica logorata dalla faziosità, ma innervata dal civismo, di un’economia appesantita da monopoli innaturali, rendite e conflitti di interesse, ma vitalizzata dall’energia popolare della diffusa imprenditorialità, di Istituzioni intricate e sovrapposte, ma dinamicizzate dal protagonismo sussidiario di enti territoriali responsabilizzati dal mandato ravvicinato dei cittadini e dall’associazionismo diffuso e virtuoso orientato alla presa in carico diretta delle domande sociali inevase da un welfare corporativizzato e disattento alle fragilità sociali.

Il sottotitolo dice poi della nostra volontà di prendere molto sul serio l’esercizio di memoria del nostro passato condensato schematicamente nella Repubblica costituzionale dei Partiti che nell’ultimo trentennio è stata sfigurata da una corsa inconsulta a sradicare il Paese dalle proprie fondamenta politico-culturali, con l’emergere di una smemoratezza e di una superficialità sconcertanti, che hanno oscurato la mappa del futuro cosicchè lo sguardo dei nuovi protagonisti politici, anziché sollevarsi s’è inchinato fino a terra, incollato ad un presente rattrappito, così impoverito da non consentirci oggi alcun riscontro e la misura di scelte coraggiose e passi in avanti realizzati, consegnandoci l’immagine statica di un’era glaciale, come l’ha definita Francesco Cundari.

Ed assistere quindi ad un presente che per perpetuarsi rimuove il confronto con il nostro passato e con gli altri – cioè con la storia e con il resto del mondo che ci è ruotato intorno – è davvero poca cosa.

Gli elettori si sono trovati stretti in uno schema di narrazioni alternative (leggi bipolarismo fazioso) edulcorate e/o falsificate, entrambe disancorate dalla lettura realistica, rigorosa, onesta dei numeri, dei dati socioeconomici, dei limiti e delle contraddizioni esplosive di una dotazione infrastrutturale deficitaria, di un diffuso malcostume dissipativo di risorse pubbliche, di un ritardo pigro e colpevole dell’intero ceto politico nel riconoscere l’esigenza di un restyling funzionale della macchina pubblica e della qualificazione orgnizzativa e professionale dei servizi.

Abbiamo ben presente la gamma vasta di questioni e complicanze derivate dai cambiamenti epocali dello scenario globale: ne abbiamo scritto e dato conto per chi se ne voglia documentare, in libri, testi ed un numero notevole di articoli focalizzati su temi, dilemmi e protagonisti.

Ma l’incontro odierno si pone un compito più delimitato, identificando innanzitutto un contesto territoriale dal quale vogliamo muovere, partendo dalla considerazione che abbiamo assistito nell’ultimo lustro ad un susseguirsi di tentativi e sussulti destinati al fallimento perché connotati da superficialità, narcisismi, accelerazioni e tatticismi, tutte fenomenologie socio-politiche nelle quali sono prevalse il linguaggio e le pratiche populiste che hanno soppiantato i parziali tentativi riformisti avviati dai Governi Renzi e Draghi.

Siamo tra coloro che hanno conosciuto indagato e vissuto dall’osservatorio territoriale le speranze ed i tradimenti che hanno attraversato gli elettorati, talvolta intrecciati e sovrapposti tra di loro, di Lega veneta, Forza Italia, Partito Democratico e nell’ultima stagione politica Terzo Polo, con il manifestarsi di insufficienze e ritrosie generate proprio dalle letture affrettate della crisi strutturale del Paese e dall’incompetenza nell’affrontarla con il coraggio richiesto dalla gravità ed ineludibilità delle sfide del tempo presente.

Ne siamo stati scossi anche personalmente.

Di qui la scelta di rinunciare ai wishful thinking e rimettere a terra la progettualità e gli strumenti operativi che nell’ultimo ventennio abbiamo messo a disposizione di Regione Veneto, Partiti, Imprese ed Organizzazioni sociali, verificando purtroppo che nel loro ‘corpore vili’ prevaleva una diffusa riluttanza a misurarsi con i processi di innovazione culturale ed organizzativa.

Oggi, però, sarebbe impietoso e fuoriluogo ripetere un cahier de doleance.

Ci limitiamo a sottolineare che nel recente passato ci siamo sentiti legittimati attraverso le pagine del Giornale del Veneto a sollecitare un’attenzione critica di fronte all’accumularsi di fatti che facevano scivolare la nostra Regione in uno stato di anoressia culturale e di irrilevanza politica, surrogate da iniziative oscillanti tra la tragicommedia dell’indipendentismo con i viaggi della speranza del Presidente del CR Roberto Ciambetti in Catalogna ed in Crimea ed il conflitto con la Corte Costituzionale mediato con la ‘consultazione formalizzata’ diventata un referendum farlocco nel quale si è fatto credere (con la manomissione della tabella del Bilancio dello Stato) che fosse in palio un mitologico residuo fiscale da riportare a ‘casa nostra’.

Ma se la telenovela dell’Autonomia ha costituito una sorta di placebo somministrato ai cittadini veneti che sarebbe stato ed è ingeneroso anche oggi disprezzare, il nostro atteggiamento di insofferenza, in particolare nell’ultimo lustro, è stato comunque alimentato dal verificare che, in quanto considerandosi ‘Amministratore del Condominio Veneto’ il Presidente della Giunta ha continuato a delegare al suo Capitano lombardo tutte le rovinose scelte di politica sociale ed economica nazionali che hanno non solo danneggiato gli interessi vitali del nostro sistema regionale ma anche minato la visione antiassistenzialistica e sviluppista che è propria dei ceti professionali ed imprenditoriali impegnati strenuamente nei processi di innovazione per reggere la competizione globale in corso.

Il nostro non era e non è la manifestazione di un pregiudizio politico, ma espressione sincera della consapevolezza, anzi della vera e propria preoccupazione per un futuro segnato se persiste il vuoto di elaborazione e di progettualità causato da una subcultura che ha preteso di affermarsi e farsi dominante cancellando la memoria della classe dirigente che ha costruito le fondamenta del Paese e dell’Ente Regione e rifugiandosi in una bolla mediatica che ha progressivamente trascinato la maggioranza al Governo del Veneto ad estraniarsi da una realtà progressivamente sfuggente sia alla presunzione che alla demagogia dimostrata da una governance abulica.

Cosicchè la mistura di razzismo e grida contro l’invasione che hanno costituito l’ingrediente basico della caccia al voto, ci ha finora resi incapaci di governare in modo razionale ed efficace la risorsa decisiva del flusso immigratorio e le leve socioculturali dell’integrazione e dell’estensione della cittadinanza ai nuovi italiani chiamati ad evitarci il collasso demografico.

L’ideologismo esasperato sul Veneto tax free ha non solo inibito l’esercizio dell’Autonomia utile e necessaria bensì ha privato l’Ente Regione delle risorse supplementari fondamentali per affrontare le emergenze già manifestatesi e destinate a moltiplicarsi ed a sommarsi: dall’emigrazione (in)volontaria di decine di migliaia di giovani all’aggravamento irreversibile della questione invecchiamento, dalla necessità di incrementare gli investimenti in innovazione e ricerca all’imperativo di arrestare lo scivolamento nei bassifondi della classifica europea delle regioni valutate per la quantità di brevetti e qualità dell’istruzione.

Per non parlare dell’unico vero banco di prova della governance regionale, quello della gestione del sistema sociosanitario: messe tra parentesi le brillanti e sofferte prestazioni durante l’emergenza pandemica, stanno emergendo una ad una numerose e drammatiche criticità che sono state generate sicuramente dai limiti della pianificazione nazionale, ma che nel Veneto hanno concause oggettive e soggettive nelle scelte di ristrutturazione organizzativa e dei servizi che hanno decurtato e deteriorato pesantemente il plafond delle prestazioni e la qualità del welfare locale depauperato sia dallo svuotamento dei poteri di intervento dei Sindaci che dalla cronica debolezza strutturale di Province e Comuni privi di risorse finanziarie e professionali per affrontare le mergenti e crescenti criticità socioassistenziali.

Il fatto rilevante e determinante del declino è tutto dentro il paradosso di un PRM, ovvero di un Public Relation Man (Luca Zaia) che ha investito totalmente la sua reputazione social nell’attività di brandizzazione del Veneto, con risultati apprezzabili in termini di marketing territoriale (vedi i riconoscimenti Unesco e le Olimpiadi di Milano-Cortina), ed eccezionali sul piano della followership, ma ampiamente disconnessi:

  1. dalla cura del PIL inteso come Realtà territoriale che, considerata nel suo insieme, si presenta oggi con arretratezze e buchi neri sul piano infrastrutturale, ambientale, amministrativo, culturale, digitale e della stessa crescita qualitativa che colloca il Veneto in affanno, alle spalle di Lombardia, Emilia e Lazio;
  1. dalla cura dell’Istituzione, letteralmente svuotata di senso e funzioni legislative e programmatorie, come ha bene illustrato Ivo Rossi in un articolo illuminante ‘Presidenzialismo? Quello delle regioni ha creato monarchie assolute e svuotato le assemblee legislative. La necessaria riforma istituzionale delle regioni e surrogata dal culto di un patetico neo-Governatorato’.

Di fronte a questo quadro del tutto insoddisfacente e per molti versi desolante, le domande che ci siamo venuti ponendo nel corso del tempo e ci poniamo oggi si riassumono in un interrogativo: come si è potuti arrivare a tutto ciò, ed a seguire, si può ridurre il tutto al fenomeno della zaiazione?

La risposta l’abbiamo trovata subito e senza tentennamenti: ai cittadini ed elettori veneti non sono state offerte analisi, proposte programmatiche e testimonianze in grado di convincerli che era giunto il momento di scuotersi dal torpore e dalla rassegnazione e mettersi in gioco per promuovere una classe dirigente a cui affidare il compito di innovare la governance, associandola ad una narrazione innestata sulla concretezza e capacità effettiva di migliorare lo stato delle cose.

Voglio essere chiaro e sincero su questo punto: non abbiamo la puzza sotto il naso e tanto meno sottovalutiamo lo sforzo, l’impegno, l’operatività di diversi Assessori regionali (e se mi è permesso di fare un nome, citerei quello di Roberto Marcato) e di tanti Sindaci ed amministratori locali i quali tutti, però, vivono e soffrono un handicap strutturale, ovvero il cono d’ombra creato da un Presidente regionale che predica “qui non si fa politica” ed è del tutto privo della cultura del gioco di squadra, ossessionato com’è di andare sempre a canestro di telecamere, alla ricerca di visibilità, spinto da una compulsione tardoadolescenziale che non è un tratto distintivo della sua personalità, bensì connaturata all’esperienza di un’intera generazione di leader politici affermatisi nell’ultimo decennio.

Esauritasi la spinta propulsiva del berlusconismo, è subentrata una leva di leader cresciuti a pane, social e storytelling (Renzi, Di Maio, Salvini, Meloni ed altri, tra i quali diversi sedicenti ‘Governatori’) che è emersa prepotentemente nella stagione conclusiva del trentennio dominato dall’avvento dell’opinionismo ovvero della comunicazione politica light intrisa di slogan, claim, e fake che hanno provocato lo spegnimento del pensiero politico strutturato, della dialettica democratica e delle visioni strategiche surrogate dal tatticismo e dalla faziosità.

Ho affrontato l’analisi di tale temperie nel Manifesto a cui rinvio, Hanno chiuso il Lingotto, apriamo l’Arsenale!

Con il Forum odierno ci proponiamo quindi di cambiare paradigmi culturali, strumenti organizzativi, format di comunicazione e partecipazione politica, finalizzandoli a riattivare una cittadinanza attiva, informata, consapevole e responsabile in grado di rigenerare la rappresentanza nel segno dei valori del popolarismo, del pragmatismo e della sussidiarietà, fortemente radicati nella storia veneta, traducendoli ed innervandoli nella visione di un liberalismo fortemente inclusivo, ispirato ed orientato alla crescita intesa come leva fondamentale per remunerare l’impegno personale e perseguire gli obiettivi dell’uguaglianza e della giustizia sociale.

L’obiettivo che ci proponiamo è concorrere a creare e fertilizzare il terreno politico-culturale idoneo all’emergere di una nuova generazione di leader in tutti gli ambiti della rappresentanza e l’aggregazione unitaria delle forze associative e politiche che vi si ispirano e che – in Veneto – si caratterizzeranno per la loro libertà ed emancipazione da ogni concezione ed atteggiamento di vassallaggio e servitù volontari nei confronti delle centrali partitiche milanesi e/o romane.

Saremo quindi feroci e determinati nel lavorare con generosità, gratuità e con amore per la nostra terra, il nostro Paese e l’Europa, seguendo alcuni principi fondamentali ed attuando un circostanziato programma di ricerche e di iniziative che vi illustro sinteticamente in conclusione di questa introduzione, rinviandovi alla dettagliata documentazione che trovate in cartella e reperibile nella versione integrale completante in rete.

  1. Recupero della memoria storica che soprattutto nel Veneto significa disinfestare l’arena pubblica dalla mitologia serenissima con cui i Khmer verdi hanno tentato di oscurare la lezione e l’opera dei Padri che hanno costruito le fondamenta democratiche della Repubblica e della Regione, un patrimonio di cultura popolare e riformista a cui attingere proprio ora in cui è necessario rilanciare un progetto di aggiornamento e rinnovamento dei diversi livelli istituzionali, strutturati ed orientati da modelli organizzativi che coniughino l’efficienza gestionale e la metodologia dell’implementazione con la partecipazione democratica dei cittadini.
  1. La rivisitazione critica della produzione storiografica, letteraria ed artistica degli autori veneti per comprenderne le risultanze in termini identitari ed antropologico-culturali e l’abisso che le separa dalla ‘brandizzazione’ in corso con gli effetti di una rappresentazione del Territorio superficiale, commerciale, banalizzante.
  1. Il dialogo intergenerazionale da intendere come motore ed asse portante di ogni processo evolutivo della società, dell’economia e della stessa rappresentanza politica, anche per superare la stagione della malintesa funzione rinnovatrice della ‘rottamazione’ che in realtà ha provocato un processo di semplificazione impoverente soprattutto per i giovani sedotti e forzati, anche in virtù dell’adozione massiccia delle nuove tecnologie digitali e dei format di autoproduzione della comunicazione, a vivere ossessivamente un presente senza percepire la profondità e la densità ‘umanistica’ della storia. “Il dono più prezioso che una società può elargire ai suoi giovani è farne degli eredi, e non degli orfani, della storia. Ed è anche il dono migliore che può fare a se stessa, poiché gli eredi ringiovaniscono il lascito che ricevono rinnovandone in modo creativo gli elementi”. (Robert Pogue Harrison, L’era della giovinezza. Una storia culturale del nostro tempo).
  1. In coerenza con tale impostazione strategica, la realizzazione di una ricerca e di un seminario di confronto sulle radici storiche del popolarismo e del riformismo, con una particolare focalizzazione dei protagonisti veneti distintisi sin dai primi anni dell’Unità d’Italia fino al dopoguerra ed alla stagione del Centrosinistra, nella elaborazione teorica e nella presenza attiva all’interno delle Istituzioni nazionali e regionali, con la produzione di testi, documenti, atti legislativi che costituiscono una testimonianza viva ed un’indicazione metodologica essenziale per aggiornare e proseguire l’iniziativa politica contemporanea.
  1. La questione attualissima delle Riforme istituzionali e dell’Autonomia che si collega strettamente al punto precedente e per la quale in larga parte è già stato elaborato il documento su La rigenerazione dell’assetto istituzionale ed amministrativo nazionale nel quale si indica come fattore e motore mobilitante l’Alleanza civica e professionale dell’ecosistema pubblico e comunitario da realizzare con empatia, competenza, efficienza e cooperazione. Tale documento è integrato dalla molteplicità di articoli e testi di diversi autori veneti che focalizzano le questioni più stringenti delle riforme istituzionali nella direzione del Regionalismo rafforzato, della riorganizzazione delle Province e dei Comuni e del Sistema sociosanitario territoriale.
  1. Le iniziative e le attività di ricerca finora indicate, descrivono un lavoro enorme che comporta la mobilitazione cognitiva di un esteso numero di Professionisti, Docenti, Ricercatori, Animatori culturali che dovranno essere coinvolti con strumenti e metodologie operative innovativi e particolarmente efficaci sia per quanto attiene analisi ed indagine che per quanto riguarda in modo peculiare l’esigenza di raggiungere un grade pubblico attraverso l’informazione e la comunicazione con la realizzazione di format che attingono alle esperienze peculiari di Ted (Tecnology, Entertainment and Design) e della divulgazione scientifica. Il nostro approccio peculiare si farà ispirare sia dalla pedagogia popolare di Barbiana che da quella specialistica in uso agli Atenei maggiormente impegnati sui temi al centro della nostra progettualità. Inoltre sottolineiamo che sarà nostra cura particolare attingere a piene mani dalla moderna cultura d’impresa e manageriale per introdurre nella pratica sociale, amministrativa e politica modelli organizzativi e di leadership improntati all’efficienza, alla trasparenza dei processi decisionali, alla ‘orizzontalizzazione’ delle responsabilità operative.
  1. Focus su ‘Mondo del lavoro e crescita sostenibile’. Si tratta di un terreno decisivo per il Veneto il cui modello produttivo si trova in questa fase spiazzato da una serie di fattori critici che insistono sulla rarefazione delle risorse umane e competenze professionali necessarie, l’insufficienza degli input di ricerca ed innovazione, l’impatto dei vincoli energetici e tecnologici necessari per affrontare sia la transizione ecologica che digitale. Siamo consapevoli che è proprio su tali fattori che è stata finora claudicante l’azione politica e delle associazioni di rappresentanza e proprio a ragione di ciò riserveremo un supplemento di impegno specifico, naturalmente attivando le competenze e disponibilità che sono già presenti nel nostro Network.
  1. Last but not least, il Dossier su ‘Europa: visione, integrazione e lobbismo’costituisce il progetto più temerario e necessario. Ne ha già descritte in modo circostanziato ed allarmato un collega in un articolo pubblicato sul Giornale del Veneto a cui rinviamo: ‘Il risveglio dell’Europa: rischi ed opportunità tra geopolitica ed ideologia’. Proprio a partire dalle considerazioni che vi sono contenute abbiamo avviato una molteplicità di confronti con interlocutori che operano professionalmente e/o attraverso Centri Studi e Fondazioni per far convergere conoscenze e competenze su un’iniziativa che coinvolga l’intero mondo veneto dell’associazionismo professionale ed imprenditoriale oltre che culturale, unitamente agli Enti locali, allo scopo di individuare i contenuti programmatici e le scelte strategiche dell’Unione Europea che hanno un impatto rischioso sul modello produttivo del Veneto. Si tratta infatti di rilanciare i valori dell’integrazione europea, avendo ben presenti anche gli elementi di criticità e di competitività che essa comporta tra i diversi territori del Continente.

In conclusione, per brevità e spirito di verità vi posso assicurare che siamo preparati ed attrezzati per affrontare la rivoluzione politico-culturale che vi ho sommariamente descritto.

E non si tratta solo della ricchezza e varietà di strumenti messi a punto e collaudati in questi anni (di cui trovate una sommaria indicazione nelle schede in cartella ed attraverso gli specifici link).

La risorsa abbondante e decisiva che abbiamo accumulato è costituita dalla passione civile addestrata a fronteggiare ed attraversare molteplici terreni insidiosi:

  • l’analfabetismo funzionale e la disinformazione sistematica che hanno contaminato le falde dello spazio pubblico regionale;
  • la disillusione e l’astensionismo che si sono radicati in una cittadinanza rassegnata a subire il declino della funzione della rappresentanza, sia associativo-professionale che politica.

Abbiamo altresì accumulato un patrimonio inestimabile di sensibilità e competenze specialistiche attraverso la connessione sentimentale e cognitiva di un’estesaplatea di amici, colleghi, militanti, semplici cittadini che si sono dichiarati interessati e disponibili ad essere parte dell’iniziativa che decolla con questo Forum e che vedrà nel prossimo autunno il dispiegarsi di fatti e di eventi destinati ad incidere profondamente nell’agenda politica locale, regionale e nazionale.

Dino Bertocco