Province: dopo la ‘rottamazione’ la riesumazione

di Fabio Bui*

Ma stavolta la mission deve essere chiara e forte


L’Italia continua ad essere un Paese sorprendente: efficiente nelle emergenze, assente nella programmazione e nel difendere le cose che funzionano: quello delle Province è un caso esemplare!

Si tratta di un Ente radicato e ben funzionante nel territorio, trovatosi un bel giorno prepotentemente coinvolto nel dibattito politico attraversato dal vento impetuoso di una parola espunta dal vocabolario della lingua italiana e gettata nella mischia: rottamazione.

E da subito è entrata nel linguaggio del politichese: un successone!

Tutti ne parlano ed in tanti la adottano per farne un uso propagandistico, alla ricerca di un facile consenso in un agone politico diventato un luogo dove spacciare demagogia a buon prezzo.

Purtroppo la rapidità della sua diffusione è tale i protagonisti del dibattito pubblico non si accorgono

nemmeno che, con scelte superficiali ed improvvisate, stanno “gettando il bambino assieme all’acqua sporca”.

A pagarne le conseguenze non solo tanto i tanti seri Amministratori coinvolti bensì soprattutto quegli Enti come le Provincie che garantivano con efficienza servizi territoriali di straordinaria importanza per le Comunità locali quali la viabilità, la scuola, l’urbanistica, il lavoro, la protezione Civile.

Le Provincie rappresentavano anche molto di più: uno strumento istituzionale di raccordo dei Comuni per una prospettiva di loro crescita organica in un territorio oggi parcellizzato in tante (sicuramente troppe) piccole entità amministrative.

Inutile ora ripercorrere le cronache sui tempi e sui protagonisti di quella scelta rivelatasi improvvida.

In questo momento cercare le responsabilità ed i motivi ci distoglierebbe dal riflettere su come ripensare un nuovo profilo politico-istituzionale per un Ente bistrattato e sottovalutato.

Ricordo solo che fummo chiamati ad esprimerci con un referendum che invece di determinare modifiche la Costituzionali provocò le dimissioni del il Governo, lasciando le Province in mezzo ad un guado decennale che ne ha minato la legittimazione ed indebolito la piena funzionalità .

Ma “se il diavolo fa le pentole, talvolta si dimentica del coperchio” e i Sindaci chiamati a svolgere le funzioni di Presidente – Commissario Liquidatore delle Provincie, grazie al loro DNA ricco di pragmatismo e di operatività, sono riusciti “a produrre pane anche con quella poca farina rimasta” superando il guado , mantenendo l’efficienza dei servizi e la dignità di un’ ente che si voleva tagliare senza, peraltro, destinare preventivamente ad altri la cura dei servizi.

Il miracolo dei Sindaci

Un miracolo, quello dei Sindaci, frutto della loro capacità di leggere e interpretare i bisogni del territorio e di garantire la connessione e l’erogazione nell’all’ambito provinciale di quei servizi che nemmeno le Regioni sarebbero state in grado garantire.

Confermando il valore guida della sussidiarietà laddove è in gioco una tipologia di prestazioni che quanto più si allontana il livello decisionale dal cittadino tanto meno efficace risulta la risposta al bisogno espresso.

Si apre a questo proposito la questione istituzionale veneta per eccellenza, ovvero il considerare l’Autonomia regionale in una logica di autoreferenzialità, avulsa da una seria analisi del coordinamento e dell’integrazione dei diversi livelli Istituzionali.

I quali devono pensati, disegnati ed essere operativi quanto più possibile in termini di prossimità, individuando modelli organizzativi e strumenti di intervento su un territorio strutturato in ambiti ottimali, avendo ben presente che oggi l’uso delle risorse e le scelte strategiche di gestione dei servizi, di sviluppo infrastrutturale ed economico pongono il decisore politico difronte al bivio tra cogliere le opportunità di sistema oppure subire la marginalizzazione da parte dello stesso.

All’interno di una tale visione il tempo ha reso giustizia confermando che i territori provinciali rappresentano l’ambito più efficace ambito ottimale per l’implementazione di politiche con e per i Comuni che, se permane l’attuale statoli forte parcellizzazione e propensione al localismo (non contrastato da una Regione che in questo modo si arroga un potere improprio e surrogatorio) sono destinati ad essere soverchiati da veloci processi sociali ed economici che sempre più sono generati dai poteri attribuiti all’Unione Europea.

Il ripristino dell’Ente intermedio

Ecco perché occorre guardare con estrema attenzione al “ritorno al passato”, che dovrebbe ridare dignità alle Provincie, riconsiderandole nel loro naturale ruolo di Ente intermedio.

Attenzione però: stavolta con la pentola ci deve essere anche il coperchio!

Non si ragioni solo sulla forma di elezione diretta del Presidente e del Consiglio Provinciale, ma soprattutto sulle funzioni che saranno attribuite o riportate in capo alle Provincie.

E se la Provincia rappresenta un ambito ottimale omogeneo ecco che le politiche ambientali e energetiche, trasportistiche e infrastrutturali, sanitarie e soprattutto socio assistenziali, della promozione culturale e turistica, della programmazione degli indirizzi formativi legati all’inserimento nel mondo del lavoro, dell’accoglienza nella gestione dell’immigrazione, ecc. , non possono che “trovare casa” altro che in essa.

Nelle segrete stanze parlamentari si sta muovendo qualcosa; se non altro si pronuncia ancora il termine provincia che prima sembrava un tabù.

Tutto ciò, per essere efficace nell’impatto che avrà sul territorio, rende necessario che i Sindaci tutti (soprattutto quelli dei piccoli e medi comuni) e le organizzazioni di rappresentanza (ANCI e UPI) pongano la massima attenzione affinchè la nuova disciplina non risulti una mediazione al ribasso per assegnare posti, ma per riorganizzare un Ente che non solo eroga servizi pubblici fondamentali, bensì costituisce anche un motore per la mobilitazione di tutte le molteplici soggettività ed energie espresse dal  territorio.

Fabio Bui
*Già Sindaco di Loreggia e Presidente della Provincia di Padova