Uomini soli al comando e la servitù volontaria dei venetisti

Riflessioni di Dino Bertocco a margine del libro “Influencer. La Strategia comunicativa di Zaia” di Giulia Princivalli

“E’ cosa davvero sorprendente, eppure tanto comune da doversene rattristare piuttosto che stupire, vedere migliaia di uomini asserviti miseramente, con il collo sotto il giogo, non già costretti da una forza più grande, ma in qualche modo incantati e affascinati dal solo nome di uno”

“Discorso sulla servitù volontaria” di E. de la Boètie

Con “INFLUENCER. La strategia comunicativa di Zaia“, – Giulia Princivalli – ha pubblicato un libro inaspettato, che può ‘influenzare’ il dibattito politico e le elezioni regionali 2020 in modo sorprendente.

La giovane autrice ha squadernato una illustrazione esaustiva e convincente delle ragioni della popolarità che viene attribuita e riconosciuta a Luca Zaia, con un primato più volte confermato tra i Governatori.

Le sue analisi, la sua ricerca e le sue interviste ci consentono di comprendere, senza veli e/o pregiudizi politico-ideologici, la personalità del Presidente di una delle Regioni italiane ed europee più dinamiche, sul piano sociale ed economico e di un leader che, finora, non era stato ‘attenzionato’ dai politologi.

Per la prima volta possiamo avvalerci di una ricostruzione rigorosa del suo percorso politico e della sua raffinata strategia nella interpretazione ed esercizio di una leadership popolare, caratterizzata da un’energia, una determinazione, uno stile che lo fanno annoverare come un protagonista assoluto della stagione politica dominata dall’uso pervasivo della comunicazione politica integrata.

Inoltre l’indagine e le osservazioni della Princivalli ne evidenziano la capacità politica di sintonizzarsi con le crescenti attese dei cittadini, di vicinanza e trasparenza dei comportamenti dei propri Rappresentanti, una dote riconosciuta a Luca Zaia da numerosi esponenti politici, amici ed avversari, e dai professionisti dell’Informazione.

Luca, uno di noi?

La popolarità indiscutibile

Su un dato non ci può essere discussione: che i media locali e nazionali, abbiano individuato ed eletto il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia come il più popolare tra i Governatori.

L’ultimo sondaggio realizzato e pubblicato dal Giornale che lo cura (vedi il Sole 24 Ore, 18 aprile 2019) gli attribuisce il 62 % dei consensi con un incremento di quasi 12 punti rispetto alle regionali del 2015!

Una tale rilevazione demoscopica, senza volerne mettere in discussione la correttezza della base statistica ed oscurarne il significato, sollecita istintivamente un paio di considerazioni:

  1. I media italiani sono alla ricerca spasmodica di leader politici e rappresentanti delle Istituzioni che possano essere raffigurati e raccontati come ‘personaggi’ che ottengono il gradimento del pubblico, aderiscono e si ‘conformano’ all’agenda setting predisposta e dipanata nella cronaca quotidiana dai media stessi, si inseriscano ed operino all’interno dell’arena pubblica con la sobrietà e la mansuetudine che i giornalisti si attendono da essi;
  1. Luca Zaia tutto ciò lo ha compreso da molto tempo, sin dai primi passi che ha mosso nel corso della sua ormai lunga e consolidata carriera politica: e conseguentemente ha investito impegno personale, risorse finanziarie sue e degli Enti in cui ha esercitato responsabilità pubbliche, in misura esponenziale, focalizzando costantemente il processo evolutivo con cui il Sistema di comunicazione ha impattato sui meccanismi della ricerca del consenso elettorale, della produzione di popolarità, di orientamento e manomissione dell’opinione pubblica.

Della peculiarità della sua personalità politica, sotto il profilo della sintonizzazione con le crescenti attese dei cittadini di vicinanza e trasparenza dei comportamenti dei propri rappresentanti, si è detto e capito da parte di esponenti politici, amici ed avversari, e dai professionisti della comunicazione.

Ed una tale propensione è compresa e giustificata anche alla luce delle ‘relazioni pericolose’ che egli si è trovato a tessere e subire, con la frequentazione di colleghi, partner, alleati che hanno letteralmente dominato il Governo della Regione Veneto per quindici anni, contaminandola con i loro comportamenti criminogeni (accertati dalla Magistratura) sul piano etico e svuotandola delle primarie funzioni programmatorie oltre che sul piano patrimoniale, con una pessima qualità della Governance, che ha archiviato la visione e la progettualità riformiste della prima stagione del Regionalismo (sull’analisi di questo ‘scarto’ politico istituzionale rinvio alla mia ricostruzione dello smarrimento epistemico della classe dirigente veneta ed al bel libro curato da Paolo FeltrinIn un altro tempo, in un altro Veneto – Franco Cremonese’).

Proprio la conoscenza dell’ambiente non propriamente integro in cui il giovane leghista trevigiano ha scalato con pazienza, metodo e determinazione i vertici delle cariche istituzionali a cui si è candidato, avevano indotto i più (dagli osservatori politici alla Dirigenza interna della Regione) ad interrogarsi sulle inedite capacità di un giovane Presidente della Regione, subentrato nel ruolo non senza dover superare le resistenze del suo predecessore Giancarlo Galan, a destreggiarsi tra le insidie ed i gravami della gestione di un Ente spossato dalle inchieste giudiziarie e dalla caduta verticale di accountability.

L’essere riuscito ad emergere, affermarsi e farsi riconoscere come leader incontrastato del suo schieramento politico e come guida del Veneto nell’ultimo decennio, deve stupire ed incuriosire perché è stata sicuramente un’impresa che ha richiesto una tempra e valori personali notevoli, la capacità di misurarsi con la competizione e le sfide in un contesto regionale sottoposto sia alle tensioni discendenti dall’assetto politico-istituzionale in profonda trasformazione che alle ripercussioni di una crisi economico-finanziaria che ne ha intaccato le robuste radici di fiducia sociale e le certezze sul futuro del proprio sviluppo.

Un libro necessario e prezioso

Ebbene, una tale performance meritava di essere sottoposta al vaglio di una indagine più approfondita di un sondaggio sulla popolarità ed è quanto, con meritoria tempestività e strumenti di ricerca appropriati si è impegnata a fare Giulia Princivalli che, con il suo prezioso libro, L’INFLUENCER. La strategia comunicativa di Zaia, ci ha illustrato un profilo del Presidente veneto aderente alle caratteristiche già ri-conosciute del personaggio pubblico, ma arricchite di una quantità considerevole di informazioni che ne dettagliano sentimenti, metodo di lavoro, visione del Veneto e della politica.

Esse, soprattutto, confermano che la sua affermazione è espressione di una stagione e di una fenomenologia politica dominate dai performer della comunicazione integrata, frequentatori assidui dell’ambiente social e creatori della bolla mediatica di un ‘popolo’ immaginato ed evocato per surrogare il rapporto con la cittadinanza partecipante ed oscurare le regole di un’Agenda pubblica democratica fondata sulla discussione, a sua volta nutrita dalla conoscenza degli argomenti oggetto della legiferazione.

Debbo subito ammettere che la lettura del libro mi è stata molto utile per aggiornare e, per certi aspetti, correggere il mio giudizio sul ruolo e sulle ‘prestazioni’ del Presidente del Veneto: in questi ultimi anni, in particolare nel periodo della campagna per il ‘Referendum farlocco’ sull’Autonomia, avevo accumulato fastidio ed irritazione per il ‘metodo mitraglietta’ di sparare risposte preconfezionate, rilasciare interviste, diffondere servizi e comunicati, il tutto con l’obiettivo dichiarato di semplificare sino alla banalizzazione i temi ed i dilemmi di una vicenda piena di tensioni e contraddizioni.

E questo avveniva con la sospetta complicità dei media locali e la ‘disattenzione’ di quelli nazionali, con un diffuso atteggiamento servile dei giornalisti e degli esponenti della Corte cresciutagli intorno man mano che il suo potere a Palazzo Balbi e Palazzo Ferro-Fini si rafforzava.

Ora invece, lo confesso, mi ritrovo a nutrire una discreta ammirazione per le sue fatiche e performance, una certa empatia nel ri-pensarlo a dover far spulciare nottetempo i documenti delle inchieste giudiziarie che colpivano i suoi colleghi, che avrebbero potuto essere definiti ‘compagni di merende’, per verificare con angoscia se vi contenevano schizzi di fango che potessero sporcare il suo blazer.

E provo anche una certa comprensione per lo stress derivantegli dai sospetti e dai timori di trovare nei cassetti e nei progetti ereditati dai predecessori, qualche dossier compromettente, qualche vecchio ‘cliente’ insoddisfatto e rancoroso, qualche concorrente politico informato di pratiche e procedure di appalti per così dire non ineccepibili.

E poi, ancora, penso a quella sua convivenza forzata, quella sopportazione necessitata, con gli sgarruppati dell’Indipendentismo, sempre sul piede di guerra a contestare anche le sue mosse più spregiudicate sulla vertenza Autonomia, a sottostimare la sua ‘guerriglia’ nei confronti della Corte Costituzionale che i Neoserenissimi avrebbero preteso di rimpiazzare con azioni clamorose di protesta contro lo ‘Stato oppressore’, contro la Roma ladrona: quella odiata Capitale di cui loro non hanno ancora potuto apprezzare le tentazioni ministeriali e le cospicue risorse messe a disposizione delle centinaia di Parlamentari leghisti transitati dalla rivoluzione padana agli strapuntini di Camere e di molti Enti succulenti per incarichi e riconoscimenti, non solo finanziari…

Per non dire della prova più dura che ha dovuto affrontare nell’ultimo lustro, con l’affermazione alla guida della Lega, del ‘coatto’ milanese, arrivato a scombussolare il clima e l’immagine faticosamente costruiti del volto moderato ed affidabile della rappresentanza veneta, ‘danneggiata’ da quella sequenza delle vestizioni felparole, dalle sconsiderate uscite sull’euro, dal miraggio federalista spento con la svolta nazional-lepenista, dalle volgarità xenofobe e di un linguaggio scurrile che hanno contraddetto il perbenismo ufficiale faticosamente accreditato!

Insomma, il libro della Princivalli mi ha aiutato ad assumere un approccio diverso nel giudizio, addirittura a ‘mettermi nei panni’ del nostro Presidente, ad assumerne le sembianze così come immaginato dallo scrittore veneziano Franceso Maino nella sua descrizione di una Regione immersa nella sceneggiatura della ‘zaiazione’ e con tanti veneti-sosia protagonisti.

Se non ci fossero in gioco questioni brucianti e laceranti che provocano sussulti etici ed interrogano la coscienza civile, la ‘zaiazione’, che effettivamente corrisponde ad una sorta di versione locale di soap opera, potrebbe essere affrontata e metabolizzata con un certo disincanto che – in fondo – è un sentimento che ci appartiene come veneti.

Potremmo cioè dirci e commentare tra amici che in fondo “Luca è uno di noi”.

Quell’atteggiamento low profile, quella tecnica da leghista piacione che fa tanto buona stampa (naturalmente costantemente alimentata ed anaffiata da uno staff della ‘Comunicazione e Propaganda’ fortemente strutturato) che ne prefigura addirittura una personalità da Premier, costituiscono giusto l’impasto con cui ha preso vita l’ultima generazione prodotta dalla ‘Scuola indigena del doroteismo’.

Il libro conferma pienamente che Luca Zaia è un rappresentante autentico di quella parte di popolo veneto che non si appassiona alle dispute politiche e che quindi è predisposto naturaliter a farsi convincere e rappresentare dal suo atteggiamento e dai suoi discorsi sulla cosa pubblica che tratteggiano un ‘bravo ragazzo’, furbo e dinamico quanto basta.

E se, per quindici anni, ha potuto regnare un ‘Padrone del Nordest’ la cui esuberanza e sregolatezza ci hanno creato tanti casini, forse l’attuale Presidente della Regione, con l’abilità e l’approccio mediatorio che lo contraddistinguono, merita fiducia e consenso: vedi, magari, che con il Referendum ed il negoziato sull’Autonomia, non ottenga un risultato miracoloso, la restituzione del maltolto, quello stesso che il suo predecessore ha invocato sberegando, ma senza costrutto.

Purtroppo la favola che ci è piaciuto e tuttora ci piace raccontarci costituisce l’ultimo capitolo di una narrazione pluridecennale senza qualità, senza contenuti, senza valori autentici che è giunto il momento di disvelare e che la pubblicazione dell’INFLUENCER ci mette nelle condizioni di discutere laicamente, senza pregiudizi ideologici, ma anche senza sconti.

Una versione veneta del Truman Show

Perché essa (la narrazione) costituisce una rappresentazione venetista del Truman show in cui la responsabilità e la ineludibilità delle scelte politiche strategiche riguardanti un territorio ed una comunità attraversati da trasformazioni profonde, anche drammatiche per il loro impatto sociale ed ambientale, sono state traslate in una dimensione fumettistica nella quale è protagonista un personaggio impegnato a combattere contro le forze oscure del potere romano, dell’Europa, dell’invasione migratoria…

Bisogna ammettere, però, che tale situazione avvilente e parossistica è anche la conseguenza dell’ignavia ed atrofizzazione dell’Associazionismo e delle forze politiche chiamate a rigenerare una classe dirigente in grado di dare voce e rappresentanza forte ed autorevole a quella larga parte di cittadini-elettori che hanno dimostrato in diverse occasioni di chiedere ed essere disponibili a sostenere un programma di rinnovamento etico-culturale e socio-economico.

Sul piano più strettamente partitico, va annotato che le stesse forze che a livello nazionale si sono fatte carico di innovare nel segno della Sussidiarietà l’assetto istituzionale (dalle Leggi Bassanini alla Riforma Costituzionale del 2001) in Veneto non sono state in grado però di darvi corso applicativo concreto con il rafforzamento dei poteri e delle responsabilità in un territorio che lo rivendicava sin dai tempi del primo regionalismo.

Non ripeteremo qui le analisi documentate e le proposte che negli ultimi due anni abbiamo elaborato e divulgato sul Referendum (farlocco) e sul percorso negoziale per l’Autonomia, bensì ci proponiamo di esplicitare una riflessione per rimettere nella carreggiata del pragmatismo e della concretezza operativa il progetto di rafforzamento del regionalismo scivolato sul terreno infido della mediatizzazione e della pura propaganda inconcludente.

Cominciamo con il ricordare che il più pericoloso avversario per il Veneto a vocazione federalista è rappresentato dalla mediocrità e dalla pigrizia dell’intero ceto politico regionale che ha inficiato le opportunità e le responsabilità che la Costituzione gli affidava già dal 2001, ed ha preferito, alla focalizzazione di un programma di contenuti ed obiettivi perseguibili step by step, la messa in campo – in tempi diversi – con le Giunte di Galan e di Zaia, delle ‘campagne di comunicazione’ centrate sulla rivendicazione di poteri e risorse inesigibili, che non è stata recepita nemmeno dal Governo nazionale ‘amico’ di Centrodestra e ripetutamente respinta dalla Corte Costituzionale.

Ma per andare al cuore della querelle attuale del negoziato Regione-Governo, ribadiamo che la condizione preliminare è la manifestazione di buonafede e sincerità.

Raccontare la verità ai cittadini veneti

I cittadini italiani residenti in Veneto, che pagano regolarmente le tasse (e quindi non sono interessati, né tanto meno disponibili ad essere intruppati nel vagheggiato ‘popolo’ frequentato da bontemponi, opportunisti e chiacchieroni politicanti) hanno ben chiaro che l’obiettivo prioritario per la loro Regione è la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, contestuale alla ristrutturazione ed all’efficientamento della Spesa pubblica tutta, finalizzati a far respirare l’economia, implementare l’infrastrutturazione e le azioni di risanamento ambientale.

L’attesa non è certo per l’affidamento al buio di maggiori risorse finanziarie ai dilettanti ed imbroglioni (per usare un eufemismo) che ci hanno sputtanato e derubato ieri con il Mose ed oggi con la Pedemontana, che hanno spalleggiato i distruttori del risparmio dei veneti, che hanno ignorato i rischi mortali per le persone ed i danni irreparabili per la comunità provocati dai saccheggiatori del territorio.

E’ piuttosto auspicata una strategia che si proponga di proseguire il cammino indicato dagli ispiratori del federalismo antropologico-culturale veneto: un terreno reso fertile dalla testimonianza dell’operosità intellettuale e della politica praticata da grandi ‘Padri’ (Sivio Trentin progettista dello Stato federale, Domenico Sartor, deputato alla Costituente ispiratore della Cooperazione e del riformismo in agricoltura, Guido Gonella europeista, Tina Anselmi partigiana e Ministro della Sanità tutta d’un pezzo, il Luigi Gui della Riforma scolastica …) e da una seconda generazione di costruttori dell’Istituzione Regionale ben orientati e sostenuti dai principi della sussidiarietà e del municipalismo.

Oggi, come ha ben illustrato Enzo De Biasi sul webmagazine www.geecco.it, è necessario un aggiornamento profondo e complessivo :

  1. l’iniziativa progettata e finora portata avanti dal Presidente Zaia è ‘un soufflè afflosciato, classificabile come mera propaganda’;
  1. a 50 anni dall’istituzione delle Regioni è necessario interrogarsi se e come servono ancora;
  1. l’attuale concezione dell’Autonomia Regionale Rafforzata è ‘uno zombie che cammina’, perché bisogna ridefinire l’assetto di una Repubblica federale con elezione diretta del Capo dello Stato.

E’ fondamentale intraprendere una mobilitazione culturale, civica e politica per la riorganizzazione globale delle Istituzioni, con particolare focalizzazione del modello di Autonomie locali e di tutte le questioni ad esso correlate: di Finanza pubblica e corretta gestione finanziaria, di comparazione dei conti e dei bilanci, dall’analisi degli effettivi residui fiscali alla disamina sistematica di tutti gli sprechi, le inefficienze, le asimmetrie nell’applicazione dei costi standard e nella gestione dei servizi, le distorsioni nel trattamento retributivo della casta dei Consiglieri ed Assessori regionali (da riportare nell’alveo di quanto era previsto dalla norma del Progetto di Riforma Costituzionale del 2016 sull’equiparazione allo stipendio del Sindaco del Comune capoluogo di Regione).

Ormai è sufficientemente chiaro che il prolungato gridare al lupo cattivo romano è diventato uno stratagemma per deviare l’attenzione dalla verifica dei fallimenti della Governance regionale e dall’analisi puntuale e rigorosa:

  1. di come e quanto è realmente predisposta la struttura regionale ad affrontare e gestire il conferimento di ulteriori competenze;
  1. quali delle 23 materie rivendicate hanno un effettivo impatto positivo per il miglioramento e l’efficacia delle performance dell’apparato burocratico e delle policies regionali.

E’ tempo quindi di uscire dalle sceneggiate e superare la schizofrenia politica di una Regione guidata da un Governatore che si atteggia a leader catalano ed il cui ‘Capitano’ è un lepenista sovranista che simpatizza ed appoggia il partito spagnolo (Vox) che si propone di reprimere violentemente le rivendicazione dei cittadini catalani!

C’è stato un tempo eroico, visionario, coraggioso – anche se impregnato di rozzezza ed impertinenza verbale – che vedeva protagonista una Lega fondamentalmente antinazionalista & anticentralista e, seppur in una versione eterodossa, sturziana.

C’era nei pionieri, prima veneti e poi lombardi, la tensione a recuperare le radici di una subcultura popolare che ‘spingeva’ per l’ampliamento degli spazi di libertà da uno Stato burocratico e vessatore.

Tutto ciò si è inabissato con il velleitarismo del marketing elettorale promosso con l’uso spregiudicato e manipolatorio della comunicazione cosiddetta social e la deriva salviniana.

Dieci punti di riflessioni e di riorientamento operativo

Proponiamo quindi a Luca Zaia di adottare un approccio più serio, equilibrato, pragmatico, non incline alla recriminazioni padane che fanno il controcanto ai piagnistei meridionali, e gli suggeriamo un ‘pacchetto’ di 10 punti di riflessione critica e riorientamento operativo per tradurre il voto referendario e le aspirazioni dei cittadini veneti in risultati concreti.

1. Gli ‘architetti’ dell’indipendentismo veneto mascherato hanno elaborato un Progetto di ‘nuova casa’ dei veneti, la cui costruzione partiva da una suite con 23 stanze pagate con il fantomatico residuo fiscale, senza preoccuparsi delle fondamenta e della sostenibilità finanziaria dell’iniziativa.

Avvocati, comunicatori e giornalisti hanno imbastito una campagna di marketing centrata sulla contraffazione di una Tabella del Bilancio dello Stato per rendere ‘sostenibile’ la piattaforma rivendicativa.

2. Quanti hanno dimestichezza con: i conti personali, aziendali e pubblici tenuti in ordine con grandi sacrifici, i calli delle mani, gli elementi fondamentali di Costituzione, Storia e Regionalismo italiani, non inquinati da allucinogeni catalani, hanno lanciato l’allarme sulla grande fake e sullo spreco di risorse che i vanitosi e chiacchieroni architetti stavano per procurare alla nostra Regione.

3. Ma il ‘Progetto di suite’ piuttosto che essere sottoposto ad una discussione democratica che coinvolgesse tutti i cittadini all’interno di un processo partecipativo ed informativo finalizzato a produrre conoscenza e consapevolezza, è stato trasformato in un grandioso e dispendioso Piano di marketing elettorale, organizzando un ‘sondaggio formalizzato’ contrabbandato per referendum risolutivo e mettendolo in conto alla Casse del Bilancio regionale.

Si è trattato di un rito, equivalente alla danza della pioggia, teso ad invocare in questo caso, non la caduta dell’acqua bensì delle banconote dall’enorme ed immaginaria nuvola del residuo fiscale!

4. Ora, di fronte all’evaporare dell’illusione alimentata al suono della banda di musicisti al servizio dell’aspirante Doge, è necessario evitare che il disincanto faccia montare l’irritazione e la frustrazione per la mancanza di risultati concreti: non si è visto neanche una nuvola, non è caduta neppure una goccia di euri.

A dir la verità un obiettivo è stato raggiunto, ovvero un avvocato lombardo dello staff giuridico del Presidente ha visto premiata la sua accalorata partecipazione alla propaganda referendaria con l’aggiudicazione di una poltrona in Corte Costituzionale, da dove – sicuramente – potrà difendere con ancora maggiore generosità gli interessi del popolo veneto!

Ma, lo diciamo da veneti, niente recriminazioni: bisogna tirarsi su le maniche per rinnovare la nostra Casa istituzionale regionale a partire dal duro lavoro delle fondamenta.

E tanto per iniziare bisogna riavviare il cantiere dell’Autonomia, leggendo bene le carte dei nostri Padri fondatori e puntando ad implementare il processo avviato nella stagione del primo regionalismo.

5. Il Veneto deve stabilire un asse di confronto-collaborazione in primis con la Regione Emilia Romagna a cui ci lega una vicinanza territoriale e culturale fondata sulla laboriosità, lo sviluppo imprenditoriale, la qualità del welfare, le questioni dell’infrastrutturazione e della tutela ambientale. Tale partnership potenziale può essere testimoniata in sede di Conferenza Stato-Regioni, Confronto con il Ministro incaricato Francesco Boccia ed in Parlamento con un approccio attuativo vincente del Regionalismo, inteso come contributo alla crescita dell’intero Paese e non opzione egoistico-separatista.

Sul piano strategico bisogna poi costruire delle serie e pragmatiche alleanze con le Regioni del Nord e del Sud che puntano come noi non ad accaparrarsi una quota di Bilancio dello Stato a danno delle altre bensì a condividere un processo di maggiore responsabilizzazione nella gestione di risorse e competenze con effettivo vantaggio dei cittadini ed efficientamento dell’intera Spesa pubblica.

6. Finora la scelta di ‘marciare uniti’ con la Regione ‘sorella leghista’ è stata connotata dalla volontà di imprimere una caratterizzazione padana e politicista, partitica, funzionale e subalterna alla leaderhip salviniana che ha usato e sta usando – come è avvenuto in passato con Calderoli & C. – l’Autonomia come materia di scambio al mercato meridionale della politica, confermando in questo modo i timori che furono manifestati dagli esponenti della Liga delle origini che avevano intravvisto perspicacemente che ‘Venezia era soccombente rispetto agli interessi geostrategici di Milano’.

7. Certo, bisogna assumere la consapevolezza che, come ha ricordato anche lo stesso Presidente Zaia, ci vorrà molto tempo per ‘realizzare il sogno’, ma con il pragmatismo che ci contraddistingue bisogna guardare in faccia la realtà:

a) le risorse pubbliche locali e nazionali a disposizione sono e saranno sempre più limitate: i dati del Pil e dello sviluppo, compreso quello regionale raccordato alla spaventosa regressione demografica, sono lì a dimostrarci che le nozze si dovranno fare con i fichi secchi: per noi veneti ciò non deve spaventare perché costituisce una ‘condizione operativa’ conosciuta.

b) Qualcosa è cambiato, anzi è radicalmente cambiato da quando – dal 1995 – un patetico, retorico, bolso, demagogico ‘spirito di grandeur venetista’ è diventato il refrain della politica forzaleghista e legaforzista, con una sistematica predisposizione a spolpare l’osso sia dell’identità socio-culturale e politica, con la torsione del popolarismo democratico in populismo sbragato e con la scelta di soppiantare una virtuosa programmazione con la distribuzione delle risorse attraverso una strategia premiante delle lobbies, grandi e piccole, affaristiche e contigue elettoralmente.

8. Le conseguenze? La creazione di un ambiente politico-amministrativo degradato nel quale, va constatato con sincerità, progressivamente lo scambio di una battuta, un sorriso, dare il cinque, discutere le procedure dei provvedimenti come terreno privilegiato per favori e scambi elettorali, sono diventati pratiche naturali di chi le riteneva la dimostrazione di un Veneto con un ‘costume diverso dagli altri’, in cui le transazioni personali soppiantavano la correttezza dei rapporti dovuta al rispetto delle funzioni istituzionali.

Nel frattempo che si affermava la nouvelle vague dell’ottimismo venetista, con un mainstream letteralmente insufflato da una pletora di politologi, ruffiani, giornalisti al soldo, clienti devoti, e ‘beneficiati rancorosi’, sotto la vernice scintillante, la carrozzeria del nostro amato Veneto arruginiva, arruginiva fino a dare ‘improvvisi, clamorosi ed inaspettati’ segni di cedimento strutturale: arrivano al pettine i nodi ed i buchi neri di un ‘progresso scorsoio’.

Per noi veneti si tratta di una realtà inedita e difficile da interpretare: non molto tempo dopo che ci siamo lasciati alle spalle il sottosviluppo di tipo meridionale ed è quindi sconcertante il rischio regressione che si prospetta.

Ma bisogna prendere atto che, contestualmente al miracolo perpetuato dalle nostre multinazionali tascabili, che hanno continuato a tenerci a galla e ad illuderci che ‘nulla è cambiato’, sotto i nostri occhi sono apparse immagini raccapriccianti, fenomeni sconvolgenti, episodi traumatici.

Migliaia di madri disperate per i propri figli contaminati dai PFAS, centinaia di migliaia di risparmiatori truffati, oltre 600 (seicento!) siti inquinanti, il Mose in stand by e Venezia sempre e drammaticamente – come confermato dall’ennesima alluvione disastrosa – sotto scacco, il sistema socio-sanitario pubblico in fibrillazione e sotto osservazione di Privati ingolositi dagli affari realizzati sulle spoglie ospedaliere con i Project financing ‘furbetti’, un Sistema degli Enti locali in perenne sofferenza per la resistenza opposta dalla subcultura localista a ineludibili processi di reingegnerizzazione delle strutture amministrative, l’esodo della giovane e qualificata forza lavoro che non si sente attratta e fiduciosa nei confronti delle magnifiche sorti progressive della zaiazione, e via continuando a scoprire i bug ed i malaware nel sistema operativo che non vengono rilevati ed affrontati perché impegnati ad inseguire le farfalle del residuo fiscale!

9. Ora è abbastanza evidente ai più, ovvero alla parte della popolazione che non vive inebriata, viziata, coccolata dalle prebende e dalle promesse che da Palazzo Balbi e Palazzo Ferro-Fini si propagano nel territorio, che ci vuole una forte discontinuità nella Governance, il che significa: un linguaggio per le verità scomode occultate, un discorso di responsabilizzazione generale, uno sforzo di coralità per il superamento della faziosità, la focalizzazione delle priorità con nettezza…

10. Ma chi deve diventare protagonista di tale rivoluzione innanzitutto culturale ed etico-civile? Qui sono chiamati ad entrare in campo tutti i con-cittadini veneti.

Senza retorica bisogna darsi una regolata, ovvero ritrovare e far lievitare dentro di ognuno la risorsa del civismo, depurato dal comico ed avvilente uso che si propongono di farne i riciclati della Prima e Seconda Repubblica, ovvero dalle nostalgie passatiste, e facendolo diventare un’energia fondante per il Cantiere delle Api venete laboriose impegnate per un Rinascimento etico ed economico.

Link

https://medium.com/geecco/tagged/rinascimento-etico

https://medium.com/geecco/il-regionalismo-veneto-ha-dei-padri-rimossi-fd8fbbdde8f0

https://medium.com/geecco/veneto-oggi-metamorfosi-tra-performance-di-sviluppo-e-buchi-neri-di-un-progresso-scorsoio-3a8307deec19

https://medium.com/geecco/dopo-il-grande-bluff-indipendentista-avviamo-noi-cittadini-il-cantiere-civico-per-l-autonomia-a553585a5f21

 

3 thoughts on “Uomini soli al comando e la servitù volontaria dei venetisti

Una idea in più è un esercizio di libertà.