La vera storia dell’Autonomia Differenziata. (parte II)

Di Enzo De Biasi

Sull’Autonomia Differenziata abbiano scherzato. Zaia alla quarta crociata, al posto delle 23, ventitré, materie promesse nel 2017, adesso solo 9, nove. La novità? Ora si fa sul serio, avanti tutta con il pacchettino del Decentramento Amministrativo.
La legge nr. 86/2024-Autonomia Differenziata-un bidone tossico-nocivo.

Continua dalla prima parte

Toni B. “Dopo la prima débâcle, cosa succede nel 2017 e 2018?”

Banale, altre due sonore batoste addebitabili a Zaia, alla Lega e al Cdx. Zero Tituli, ma più voti alle regionali del 2020. È notorio, l’elettorato vota sempre con “cognizione di causa”, in sicuramente referendum farlocco e Covid- 2019 favoriscono Zaia e soci.

Inquadriamo il tema. Nel 2014, poco prima di tornare al voto in regione, il Veneto approva ben sei quesiti referendari, di cui cinque con legge nr. 15 e il sesto con legge nr. 16. Il più gradito al movimento padano, è quello che domanda di dare “l’indipendenza al Veneto”.

Tutto è iniziato, Il 5 aprile 2013 quando il Consiglio comunale di Castellavazzo (Belluno) approva l’ordine del giorno a sostegno della futura legge 16/2014. I soci sostenitori, sono Lega e Indipendenza Veneta. Alla fine della corsa, registriamo: 30.000 sottoscrittori, 182 consigli comunali e 4 consigli provinciali, rappresentanti di oltre 3 milioni e mezzo di cittadini veneti. L’invito a provvedere in merito, dopo il presidio di tre giorni fatti davanti a Palazzo Ferro-Fini, è accolto dal Consiglio Regionale che vara ciò che era stato richiesto dal “popolo padano”. Il Governo Renzi-Csx, impugna la l.r. nr. 16/2014 avanti alla Corte costituzionale, vince e leva, di fatto, le castagne dal fuoco al Presidente del Veneto. (*)

Prima di procedere oltre, giova ricordare le argomentazioni utilizzate per difendere il referendum “Indipendenza” da parte della tutela regionale. Dalla sentenza nr. 118/2015, punto 6.1, si evince che “Secondo la difesa regionale, la consultazione prevista nella legge in questione non sarebbe altro che “un sondaggio formalizzato”, i cui esiti sono imprevedibili, che interroga gli elettori veneti “circa la scelta oppure no dell’indipendenza”. Il legislatore regionale porrebbe “su un piano di assoluta parità chi è favorevole oppure no”. Il senso dell’iniziativa sarebbe proprio quello di stimolare una informata e libera manifestazione del pensiero, garantita dall’art. 21 Cost., da parte di cittadini i quali, peraltro, siano disposti a sobbarcarsi i relativi oneri”. Ohibò!

Il quesito vestito da legge, come recita lo statuto regionale, a Roma pre renderlo più digeribile ai giudici costituzionali è dequalificato a semplice “sondaggio formalizzato”, camuffamento non riuscito. In ogni caso, il redattore Marta Cartabia (futuro Presidente della stessa Corte e Ministro di Grazia e Giustizia nel governo Draghi) dubita decisamente (non casualmente i verbi sono al condizionale) della veridicità e attendibilità di ciò che sarebbe potuto accadere una volta dato il via libera al “sondaggio pro Indipendenza”. I dubbi espressi dalla Consulta

nell’aprile 2014, ex-post, hanno trovato ampia conferma -in senso negativo- dai comportamenti tenuti da parte dei soggetti pubblici a favore del SI dell’ ottobre 2017.

Andiamo oltre e veniamo alla sostanza. Luca Zaia, acquisito il cadeau della Consulta, tira dritto e nel 2020 ottiene un successone personale e di coalizione eccezionale. Il trionfo è agevolato dal socio occulto, i mass-media regionali e locali a tappetino pro tesi leghiste. Zaia arriva in carrozza alle elezioni regionali, grazie anche alla forte esposizione mediatica dovuta all’emergenza Covid-2019. Con l’occasione, gli ultimi sospiri degli indipendentisti sono archiviati assieme alle idee primordiali della Padania (Topolinia) di bossiana memoria.

Toni B. “ma perché i 3 milioni e 500 mila di cittadini residenti nella 4 province non si sono ribellati? “

Semplice, l’elettorato veneto ama lo status quo, i primi 25 anni di regione impera la D.C. gli ultimi 25 -incluso parte del 2025- il centro- destra, di questi 15 guidati da Zaia. Unici segni di risveglio sono le europee, quando i veneti giocano in trasferta. Nelle ultime tre scadenze elettorali UE,2014, 2019, 2024 l’elettorato premia, prima Renzi, poi Salvini, infine Meloni. Il popolo va dove lo porta il cuore, meglio il portafoglio, e sceglie chi comanda a Roma, favorito è il Presidente del Consiglio dei ministri. Certamente i cittadini, conoscono bene l’Unione Europea, competenze e istituzione, così come sanno a menadito la differenza tra Indipendenza e Autonomia, ripartita in “Semplice” e “Differenziata”, infine, è acquisito al patrimonio cognitivo comune la diversità tra i primi tre tipi e, invece, il “Decentramento Amministrativo “. A quest’ultima modalità di trasloco dei poteri da Roma a Venezia, è convintamente approdato anche il Presidente del Veneto nell’incontro con la stampa, TGRai3 Veneto 31luglio.

Depennata l’Indipendenza nel 2015, del fagotto spedito a Roma residuano cinque referendum: tre concernono questioni di contabilità pubblica e tasse da trattenere in loco per l’80 % e il quarto, riguarda il cambio d’abito del Veneto da regione “ordinaria”, a Regione a “Statuto Speciale”. Il Veneto soffre perché i due territori confinanti: Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, godono di maggiori trasferimenti statali per l’esercizio delle funzioni loro conferite. L’oggetto del desiderio, sono i 9/10 delle tasse trattenute in Bolzano e in Trento, le due Province speciali. La Corte costituzionale, con la nota sentenza, rigetta per sempre , l’intero pacco e lo butta a mare, pardon in laguna veneta, nessuno dei quesiti passa l’esame: tutti bocciati!

Toni B. “Che fanno i nostri in Regione?” Semplice, la classe dirigente: politica, imprenditoriale, sindacale veneta compatta e coesa risponde all’unisono alla sentenza della Consulta: e chi se ne frega!

Infatti, né il Presidente né l’intero Consiglio Regionale, tranne i due consiglieri rodigini che poco contano ancor di più apprezzabili per la testimonianza resa a futura memoria. L’intera Assemblea Legislativa va all’attacco del nemico (lo stato centrale), come i fanti della Prima guerra mondiale del secolo scorso “Avanti Savoia, all’assalto!!”, della serie “avanti consiglieri all’assalto !!” del centralismo romano. Invece, il centralismo regionale, nonostante gli

appelli/richiami della Corte dei conti è untouchable, da preservare. Comunque, il via libera per il “referendum consultivo” c’è e lo scaltro Flavio Tosi-F.I., lo battezza “sondaggio popolare”. (*) Ecco qui, il testo del naufrago scampato alla tempesta romana “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. Il recitato è l’art 116 comma 3 della Costituzione vigente con in coda il punto interrogativo. Una genialata! .

Chi, paventando fin dall’inizio l’affondamento del bastimento referendario, ha presentato questo quiz innocente ed inoffensivo, è stato sublime. In verità, è un appello ai buoni sentimenti rivolto alla gente rurale e a quella municipale dei borghi e delle città, corrispondente a “Vuoi tu bene alla mamma?” confidando in una “fortissima partecipazione” (Luca Zaia), che non ci sarà. Nel disapplicare l’esprit de finesse dottrinale insito nei quattro quesiti cassati, la Corte -prende sul serio l’affermazione della difesa regionale relativa ai veneti “disposti a sobbarcarsi i relativi oneri” e con british humour, autorizza il “referendum farlocco”, a condizione che il costo della consultazione sia a carico del bilancio regionale. L’ottima e pregevole squadra di dotti giuristi ed eccellenti avvocati assoldati per l’occasione, merita applausi a scena aperta perfino ex-post. Alla fine della fiera, le bocciature sono cinque su sei, Stato batte Regione 5 a 1! Per questa secca sconfitta, da anni vige un religioso silenzio, forse stanno meditando, supposizione del tutto errata hanno altro da fare.

A ottobre 2017, il naufrago registra un’affluenza alle urne sotto quota 60% (56%, 55,976), molto al di sotto delle aspettative. I risultati finali danno una differenza a favore del SI pari a 541.756. L’armata zaiana e comprimari al seguito, poteva essere battuta, bastava che PD e 5 stelle, 723.222 voti nel 2020, invece che giocare “all’utile idiota” si fossero collocati pro-astensione. Chissà se le donazioni di sangue del 2007 e del 2017 da parte del Csx a favore di un Cdx sprecone, Zaia e Lega in testa, hanno fatto maturare (come le nespole) i “sapientini” del campo largo, detto anche campo santo? Staremo ad osservare.

Toni B. “Scusa, ma tra la sentenza del 2015 e ottobre 2017, cosa è successo?”

Tra la sentenza che cestina i desiderata e il referendum di ottobre 2017, trascorre un periodo in cui le due parti, regione-Cdx e governo- Csx si annusano’, ma niente di più. La Giunta Regionale, però, in data 16 marzo 2016 approva un provvedimento con il quale autorizza il Presidente ad attivare il negoziato con Roma, preavvertendo che senza il “buon fine” della trattativa sulle 23 materie richieste si va avanti con il “referendum farlocco”; incidentalmente è quello che accadrà. L’allegato A) merita di essere letto in previsione dei prossimi incontri dell’anno corrente, da parte di chi sarà interpellato. Ritornando al triennio 2015/2017, la predisposizione regionale verso un costruttivo compromesso tra le parti trattanti, è attestata dall’inciso dell’art. 56 allegato citato: “Spettano complessivamente alla Regione…9/10 del gettito Irpef, IRAP, IRES, IVA” (*).

Nella campagna ingannevole e mistificante in onda prima del voto di ottobre 2017, sono ripetuti due dati: i 9/10 e Statuto Speciale del tutto inesistenti perché spazzati via dai giudici nel 2015, il terzo, le 23 materie è un mero auspicio (miraggio). Zaia e replicanti, all’epoca del referendum farlocco ottobre 2017 sapevano di mentire o parlavano a vanvera perché non sapevano?

Perché la regione è stata “costretta” ad indire il referendum? A Luca Zaia è chiesto, tra le 100 domande, “Perché il governo non ha voluto trattare sul quesito (referendario)? Risponde Luca Zaia “Il governo non ha spiegato le ragioni per cui non ha voluto negoziare in merito al quesito (referendario). Tuttavia, nella stessa risposta ha proposto di aprire un altro negoziato e cioè quello direttamente sulle materie di competenza. Ma accettare questa proposta non era possibile, se non al prezzo di precludere la possibilità stessa di celebrare il referendum”. La risposta è chiara: “prima il referendum poi la trattativa”, un’assunzione di responsabilità precisa, pesante e indicativo di ciò che si voleva in realtà (*).

Per memoria. Il Governo interloquisce con il Veneto tramite i Ministri prima M. Minniti e poi E. Costa per gli affari regionali, con i quali collabora il Sottosegretario di Stato, già Sindaco, Vice-Sindaco ed Assessore al Bilancio della città di Belluno dal 1986 al 1993: G. Bressa, persona competente in materia. Se Zaia si fosse seduto a trattare partendo dalle 15 materie del 2007, cittadini, imprese, associazioni avrebbero già sperimentato gli eventuali benefici di una Regione Rafforzata. Agli atti della piccola storia locale, Luca Zaia non volle. Né vale la pena di invocare, ora per allora, la mancata individuazione delle materie oggetto di LEP e di no Lep, dato che già nel 2016 la Regione si dichiarava pronta a rispettarli qualora vigenti. Chi ripaga il Veneto di sette anni persi?

La distinzione tra un politico fazioso, Luca Zaia e un Presidente, sta proprio qui. La prima personalità insegue l’interesse della propria parte, calcia la palla in tribuna, prende cappello e sene va. La seconda, agisce a servizio della comunità rappresentata, si siede a trattare e come primo atto di buona volontà e a titolo di credito politico, rinuncia al “sondaggio popolare”. Una leadership con visione politica lungimirante assume il secondo ruolo, una leadership miope, debole e partitocratica, segue i sondaggi e decide da follower, da seguace Riscontro. Un settennio perso, “time is money-il tempo è denaro”, cosa risponde il politico di professione? Siamo, restiamo e resteremo (inutilmente) in attesa. A Luca Zaia veneto autoctono, non è venuto in mente il detto popolare “piuttosto di niente, meglio piuttosto”. Seconda occasione persa.

Toni B. “E il terzo tentativo andato a vuoto?”

Dalle urne del 2018 entra nel firmamento politica una nuova star, il Movimento 5 stelle, quelli che “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”, una delle tante fake news. Fanfaronate grilline, ma luminose, convergenti e condivise idiozie in completa sintonia con i think-tank leghisti. Infatti, i due capopopolo L. Di Maio e M. Salvini compongono il nuovo esecutivo sottoscrivendo il “contratto per il governo del cambiamento. Divertente è leggere l’impegno per l’Autonomia Differenziata avviata verso una “rapida conclusione delle trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte” Veneto ad esempio. Spassosa la dichiarazione recitante “Il riconoscimento delle ulteriori competenze dovrà essere accompagnato dal trasferimento delle risorse necessarie per un autonomo esercizio delle stesse” Al dicastero Affari Regionale è insediato l’avvocato Erika Stefani vicentina, leghista doc, dall’altra parte del tavolo, Luca Zaia scattante e pronto, coma da volantino, a chiedere i 9/10 di tasse da trattenere in Veneto, le 23 materie e lo statuto speciale. Cosa succede? Rien de rien, il vuoto assoluto, il niente. La nota compagnia mediatica nostrana, è silente e raziocinante, primum vivere deinde philosphari.

Toni B. “e adesso cosa succede? e la riforma Calderoli aiuterà? “

Zaia per valutazioni errate sue, della Lega e del cdx, tutti soggetti che sul tema dicono ciò che non fanno, riparte per la quarta volta dopo averne sprecato tre, 2007, 2017, 2018. Il contesto, però, è alquanto cambiato. La lega per Salvini non è più quella bossiana, è meno interessata alle ragioni e regioni del Nord, spostata a destra ed è nazionalista. A Palazzo Chigi c’è un PcM, che, per tradizione storico-culturale, predilige accentrare nell’esecutivo nazionale la funzione di governo delle competenze pubbliche, piuttosto che attribuirle a regioni e enti local più prossimi alle comunità amministrate. L’altro alleato, F.I. con forti consensi al Sud, è attento “a vederci chiaro perché l’Autonomia Differenziata non è un dogma di fede” di A Tajani F.I.

L’unica novità è l’entrata in campo, 26 giugno, della legge nr.86/2014, una norma di percorsi a tappe (procedure), ma senza risorse finanziarie, no money. Punto cardine è l’intesa da raggiungere tra regione e il governo per trasferire il potere da Roma a Venezia. Il perimetro del negoziato è già tracciato, numero di materie massimo 9, o segmenti delle stesse (funzioni), durata dell’affidamento10 anni. Con quest’ultima trovata pubblicitaria, ora abbiamo la funzione pubblica precaria, assente-per il momento-quella ad horas.

Come si è detto, no money, dettaglio insignificante, verranno fuori dalla trattativa cheek to cheek. Il calcio d’inizio spetta alla Regione in direzione di Palazzo Chigi, che, se dà l’okay alla proposta d’intesa, allunga il pacco ai diversi giocatori- casellanti chiamati a dire la loro, è perfino inclusa una pausa di riflessione per sentire gli enti locali veneti. L’intesa, quindi, riverniciata con l’appellativo “schema d’intesa definitiva”, torna a Palazzo Chigi che ri-esamina la pratica e se -del caso- l’approva sottoforma di disegno di legge che invia alle Camere, perché la palla (il pacchetto di funzioni) entri in rete e diventi legge dello Stato, così da poter essere applicata in Veneto.

Questo primo giro di valzer, potrà concludersi tra il 18 maggio ed il 6 giugno 2025, ipotizzando il fischio d’inizio partita(negoziato), il 10 settembre 2024. Il secondo giro è lasciato al “buon cuore” di deputati e senatori, non è qui conteggiata la possibilità di palleggio tra le due squadre in campo, i due rami del Parlamento. In linea di massima, il fischio finale è prevedibile o a dicembre 2025 oppure entro il primo semestre 2026, seguirà risultato sul tabellone, Gazzetta Ufficiale. Trascorso un anno solare dal primo pacco di materie “portate a casa”, sarà l’occasione per verificare di quanto sarà diminuito il divario del Veneto, fissato nel 2017 a 2.222 € di spesa per abitante, rispetto alla media nazionale di 2.862,00 €, fonte Luca Zaia. Per serietà e perché non si può ridere appena partiti (agosto 2024) , omettiamo gli oltre 19 miliardi promessi se fossimo “modello Trento”, sempre da Luca Zaia. Infatti, la sentenza nr.118/ 2015 lo ha negato 9 anni or sono ed adesso, 2024-Governo Meloni, anche Luca Zaia lo sa.

Le 9 materie che avremo sono No-LEP, funzioni leggere, gli accessori dell’auto, mentre le restanti 14 pesanti, il motore, tra 24 mesi potranno essere decentrate? Sì, se saranno individuati i LEP-livelli essenziali delle prestazioni, necessari per erogare ai cittadini, ovunque risiedano in Italia, la stessa qualità e quantità di servizi: sanità, istruzione, mobilità eccetera. La lista di entrambe la tipologia è qui leggibile (*).

I LEP dovevano essere già stati identificati fin dal 2001(art.117 2 comma lettera m Cost.ne), tale lacuna, forse, è dovuto alla carenza di spiccioli, un po’ di miliardi in spesa corrente nel bilancio statale. Casualmente, osserviamo che nel 2007, prima richiesta partita dal Veneto per l’Autonomia Differenziata, il debito pubblico si attestava a 1.599 miliardi di € con una spesa per interessi sul debito a carico del bilancio d’annata pari a 76,6 miliardi. Nel 2023, il debito ammonta a 2.863 miliardi di €, ricadente per 96 miliardi di interessi da pagare in parte corrente (tendenziale per il 2024, 98 miliardi con 2.948 miliardi di € di debito). Si sa da noi le riforme vanno fatte “ad invarianza di spesa sulla finanza pubblica”, cosiddette riforme “a costo zero”, criterio a cui non si sottrae nemmeno questa norma.

Il costo per pagare gli interessi del debito pubblico del 2023 rispetto a quello del 2007 è un più 19.4 miliardi. Negoziando nel 2007 per ottenere in toto o in parte le 15 materie richieste dal Veneto, ci sarebbe stata maggiore o minore spazio di manovra per la controparte governativa? Risposta non c’è, poiché il quartetto leghista al Governo dell’Italia non ha mosso paglia.

Nel 2017 il negoziato non è manco iniziato. Luca Zaia ha preferito “sondare” il popolo piuttosto che sedersi e trattare, che dire? Tuttalpiù, le competenze in via d’acquisizione nel prossimo futuro avranno nello zainetto minori risorse. Chi se ne accorgerà? Nessuno.

Cambiamo scenario. Il ministro Calderoli, nella preparazione della legge, si avvalse di uno staff di giuristi costituzionalisti, tra gli altri: Franco Bassanini, Giuliano Amato, Franco Gallo e Alessandro Pajno che sulla vicenda LEP ebbero una posizione divergente nel merito del metodo da seguire. La loro tesi era che “una valutazione complessiva dei Lep che il Paese è effettivamente in grado di finanziare, valutazione che non può essere fatta materia per materia, perché ci si troverebbe alla fine nella condizione di non potere finanziare i Lep necessari ad assicurare l’esercizio dei diritti civili e sociali nelle materie lasciate per ultime” (*)

Inoltre, Franco Bassanini intervistato di recente afferma: “Se scelgo un livello delle pensioni minime ho un costo che magari mi impedisce di garantire il tempo pieno nelle scuole di tutto il territorio nazionale, quindi cosa preferisco fare? Abbasso un po’ il valore di queste pensioni o riduco l’orario del tempo pieno?” (*)

Oggi noi sappiamo che le 23 materie sono state suddivise in due categorie, 9 senza Lep (?!) e 14 con Lep. Per comprendere il “pacco” in itinere, basta leggere l’interpretazione attendibile data dall’house organ della famiglia Berlusconi a proposito del reale contenuto dei Lep.

“Per capirci, se nelle scuole il numero medio di alunni è di 26 per classe, piuttosto che ambire a un miglioramento (che si tradurrebbe in nuovi investimenti e maggiori spese) il Lep potrebbe limitarsi a fotografare l’esistente. E sarebbero poi le singole Regioni che hanno richiesto il trasferimento delle funzioni, semmai, a puntare a traguardi più virtuosi”, il non detto è “a loro spese”. Finora sapevamo che la 86/2024 è un contenitore vuoto di soldi ma pieno di procedure, ora sappiamo che è un bidone tossico-nocivo (*)

Probabili argomentazioni utili per chi, avendone titolo, vorrà ricorrere avanti la Corte costituzionale, già fatto dalla Regione Sardegna. Per tutti gli altri, andiamo a sottoscrivere il referendum abrogativo contro la legge “Calderoli”. Altre critiche sono state sollevate dagli economisti. Le perplessità riguardano il ruolo della commissione “paritetica”, sul come ridistribuire il surplus fiscale delle regioni più ricce. Le regole di funzionamento sono “taylor made” all’interno di ciascuna intese e la questione irrisolta dal 1970, quella di una reale autonomia tributaria regionale.

Toni B. “Zaia ne esce male? che farà in futuro?”

Si. ne esce male, archiviate l’Indipendenza e pressoché azzerata l’ Autonomia Differenziata, scopo principale del suo agire e della Lega legalitaria si sta avviando verso un mesto fine legislatura senza risultati di rilievo. Del suo destino personale deciderà Luca Zaia. Per il suo futuro politico egli ha ben 4 opzioni davanti: 1) correre per la carica di Sindaco a Venezia da super-favorito, 2) ricandidarsi a Presidente del Veneto con le modalità già qui scritte, 3) essere Presidente di qualche ente nazionale, 4) ritornare a fare il ministro dell’agricoltura, dopodiché Fitto sarà commissario UE, carica concordato a giugno con Ursula in quota PPE-FI e una volta che Meloni ha spostato il cognato nell’ attuale posizione di Fitto. Più complicato, ma può accadere.


L’autore dell’articolo nel 2017 ha promosso assieme ad altri cittadini, Alfonso Beninato, Dino Bertocco, Lucio De Bortoli, Giovanna Mazzer e Ivano Sartor, il Comitato contro il Referendum Farlocco

COMITATO “RISCOSSA CIVICA VENETA CONTRO IL REFERENDUM FARLOCCO”

24 agosto 2017 Autore e Presidente: Enzo De Biasi Documento di 16 pagine Approvato e fatto proprio dal Comitato in data 01 settembre 2017 composto da: Alfonso Beninato, Dino Bertocco, Lucio De Bortoli, Giovanna Mazzer, Ivano Sartor, soci fondatori del comitato “Riscossa civica veneta contro il Referendum Farlocco “

Atti Regione Veneto

Bur n. 11 del 05/02/2008, DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE n. 98 del 18 dicembre 2007 Attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della costituzione per il riconoscimento alla regione del veneto di un’autonomia differenziata.

Bur n. 28 del 29/03/2016, DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 315 del 15 marzo 2016 Iniziativa, ai sensi della legge regionale n. 15/2014, per attivare il negoziato con il Governo al fine del referendum regionale per il riconoscimento di ulteriori, allegato A)

Bur n. 100 del 26 luglio 2024 DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 709 del 26 giugno 2024, Disposizioni concernenti la Consulta del Veneto per l’autonomia in vista della ripresa del negoziato con lo Stato per il conseguimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

Siti consultati:

Sito movimento “Indipendenza Veneta”
Sentenza Corte costituzionale nr. 118/2015
14 milioni spesi per il referendum intervista a Fulvio Tosi
Presidenti del Veneto dal 1970
Astrid Paper 93 Autonomia Differenziata pdf corrispondenza con il Governo
Sito Catalano (Spagna) dove è reperibile Le 100 domande dei Veneti a Luca Zaia pdf
Lep e No Lep
Debito pubblico e spesa per interessi 2007
Debito pubblico 2023 debito pubblico 2023
Stima spesa interessi per debito 2023 e tendenziale 2024
Repubblica dubbi sui LEP
Intervista a Franco Bassanini
Il nodo dei Lep