Il “metodo Cunegato”

Carlo Cunegato

Il portavoce del “Veneto che vogliamo” sulla mancata autocritica del centrosinistra dopo il trionfo di Zaia: “Basta alibi, bisogna sintonizzarsi con il popolo”. E propone una via per risalire la china: “Territori, comunicazione alternativa e un nuovo sogno”


Una sinistra di popolo, si diceva una volta. Oggi qualcuno, che magari è passato dalla falce e martello alla calce e carrello (della spesa), evocherebbe l’epiteto diffamatorio in voga negli ultimi anni, in verità ultimamente un po’ in disuso: populista. Ma che l’entità posizionata a sinistra abbia grossi problemi con la comprensione del senso comune, semplicemente popolare, è un fatto che anche osservatori al di sopra di ogni sospetto danno per assodato. Paradossalmente ma anche no, è proprio la sinistra purosangue, che per capirci sta a sinistra del Pd, quella che riscontra maggiori difficoltà nell’ammettere di aver perso, almeno in parte, la connessione con gli operai, con i precari, con il ceto medio impoverito o a rischio proletarizzazione, e con i poveri tout court. Parliamo naturalmente di chi fa politica nelle istituzioni e nei partiti, non delle associazioni e dei sindacati. In Veneto, che in questo senso è specchio ingantito dell’Italia, la sinistra minoranza della minoranza di centrosinistra è praticamente afona, e quando ha voce non trova eco e pubblico, con i media sdraiati come zerbini ai piedi del centrodestra di Zaia, priva com’è di luoghi di elaborazione (anche dei lutti elettorali), centri di discussione e di ideazione. Una stecca sul coro è Carlo Cunegato, 39 anni, consigliere comunale a Schio di Coalizione Civica e dall’anno scorso uno dei due portavoce regionali di “Veneto che vogliamo”, la sigla del candidato governatore Arturo Lorenzoni. Forte di un ragguardevolissimo risultato di 5810 preferenze alle scorse regionali, il docente di filosofia è considerato, per la comunicatività assertiva senza arie da snob, uno degli astri nascenti nel panorama della sinistra veneta. Non iscritto ad alcun partito (“ma solo perchè non c’è un vero partito a sinistra, Leu è un partito?”), ne sogna uno che “metta al centro il lavoro, i lavoratori”.

Sveglia!

Nel frattempo, dai suoi social cecchina pressocchè quotidianamente il trionfalismo del Veneto zaiano, la panglossiana rappresentazione della migliore delle Regioni possibili. Senza tuttavia negare le ragioni profonde del successo del presidente leghista: “Ha sicuramente la capacità di intercettare gli umori dei veneti. Ma non è solo questo, c’è anche il fatto che da 25 anni esiste un sistema di potere che occupa in maniera tentacolare ogni istituzione, con i giornali e le tv a fare da cassa di risonanza. E’ tutto ciò a permettere a Zaia una conferenza stampa di un’ora e mezzo ogni giorno, senza contraddittorio”. L’identificazione fra lui e il Veneto discende quindi da una storia sedimentata nel tempo, di cui il recordman di voti sa raccogliere i frutti “con la retorica autocelebrativa dei Veneti migliori, più bravi di tutti, ripetendo ossessivamente ‘grazie a voi’ che si riflette poi in un ‘grazie a noi’. Ma è un dispositivo narrativo che non è basato su dati di realtà”. Della serie: la realtà non è mai tutta in bianco o tutta in nero, qualcosa che non va c’è sempre. “Nessuno mette in dubbio che ci sia una qualità della vita dignitosa, in Veneto, ma quando si fanno i confronti non si dovrebbe guardare, con tutto il rispetto, alla Campania, ma alla Baviera, o all’Emilia”. E qua scatta l’infervoramento: “Veneti, svegliatevi! Meritate una sanità com’era prima di questi ultimi venticinque anni di Galan e Zaia. Meritate università attrattive, investimenti maggiori in ricerca e sviluppo in cui siamo ultimi in Italia, meritate di risalire nel numero di lavoratori a valore aggiunto, per il quale siamo superati sia dalla Lombardia che dall’Emilia”. Potrebbe inserirsi un problema di tipo culturale: il veneto medio, gran lavoratore e spesso autonomo, artigiano o imprenditore, s’interessa meno di quel che dovrebbe agli indici di crescita nell’istruzione e nella formazione. Cunegato sbotta: “Ma è perchè non lo sa! Non c’è una contro-informazione, perchè se ci fosse, scoprirebbe ad esempio che siamo la seconda Regione peggiore come numero di medici di base”.

L’uso dei media

Battere e ribattere sulle mancanze e le disfunzioni è il mestiere di chi fa opposizione. Che è il minimo sindacale, per un centrosinistra culturalmente minoritario nel Veneto stabilmente orientato a centrodestra. Per intaccare l’egemonia della Lega, però, probabilmente ci vuole altro. “Diceva Max Weber che la politica ha bisogno di ‘calde passioni e fredda lungimiranza’. Per diffondere valori diversi è necessario tornare a far appassionare le persone, costruendo a poco a poco un discorso alternativo. A Schio siamo cresciuti soprattutto grazie a una battaglia di verità sulla sanità. La mia esperienza può insegnare un metodo: lavorare giorno per giorno, anche facendo quel che dovrebbe fare il giornalismo d’inchiesta, e poi entrare nel campo dei media portando realtà nascoste, come nei talkshow in cui incontro interlocutori che all’inizio, ascoltandomi, reagiscono smarriti, poi si incazzano”. Il metodo Cunegato, se vogliamo chiamarlo così, prende le mosse da una constatazione: “Dopo l’ennesimo disastro delle regionali avremmo bisogno di uno potente autocritica. Non si può pensare, come spesso si fa a sinistra, che la colpa sia del popolo. La colpa è sempre nostra, di chi fa politica, perché in democrazia per vincere bisogna convincere. Basta autoassoluzioni, basta alibi. Avevo proposto di spendere delle energie per riflettere su questo, ma mi sembra che si sia deciso di continuare ad andare avanti come se nulla fosse”. Per riprendere vita e fiducia, la metodologia del Cune – come lo chiamano gli amici – prevede due momenti dialettici: “Attivarsi in ciascun territorio, facendo emergere le contraddizioni, e opporsi in maniera seria e sistematica. Poi, tirare le fila e proporre un nuovo sogno, un altro Veneto capace di unire progresso economico e qualità della vita, una ricchezza più diffusa e meno concentrata con un profondo rispetto per l’ambiente”.

Operazioni-verità

In sintesi: “Tornare a essere popolari, esattamente il contrario di quando certa sinistra liquidava la Lega dicendo che prendeva voti solo grazie alla sagre. E non è vero che certe categorie non ci voterebbero a priori, non sono pochi gli imprenditori che non credono più alle favole”. Come la Pedemontana: “Stiamo parlando di un’opera che doveva essere conclusa nel 2017 e che non è stata ancora terminata a metà del 2021. Un’opera che doveva essere gratis per i residenti, fino a 21 km dal casello più vicino, promessa non mantenuta, e che in alcuni tratti costerà invece ai veneti il doppio di altre autostrade, diventando una delle autostrade più cara d’Italia. Penso che ai cittadini e alle imprese venete questo interessi parecchio. C’è un punto però che va ricordato, perché forse rappresenta il più grande errore che Zaia ha compiuto nel suo governo del Veneto: nel 2017 ha accettato un nuovo contratto con il consorzio Sis. In pratica quest’ultimo, vista la possibilità messa in luce di diversi studi di un flusso di traffico molto inferiore a quello previsto, ha trasferito il rischio di impresa sulla Regione, che pagherà un fisso al consorzio Sis e pagherà se ci saranno dei buchi. La Lega ci consegna un’opera ancora incompiuta, in ritardo, e carissima per i veneti”.

L’aggregatore

Ma a quanto sembra, alla larga maggioranza dei veneti sta bene così. Cunegato guarda al futuro, a quando “la realtà presenterà il conto”. E anche a quando, fra quattro anni, Zaia non potrà più ricandidarsi. Lancia una sorta di appello ai veneti non allineati affinchè, per dir così, ognuno di loro nel proprio Comune faccia fronte. Tuttavia, da qualcosa che dia la carica bisognerà pur cominciare. Ci vogliono risorse economiche. Ci vuole un fatto nuovo. Cunegato ha in mente “l’esigenza indispensabile di una comunicazione non intruppata, che sappia sfruttare le dinamiche dei social, un collettore e un aggregatore di chi pensa di meritarsi di più, di certa disinformazione”. Tenendo sempre, precisa, la barra dritta sui fondamentali: “I diritti sociali e del lavoro, questo è il tema”. Il diritto di cittadinanza, potremmo dire: “Sì, per questo sono sempre stato favorevole al reddito di cittadinanza, un pungolo per superare gli errori di chi, a sinistra, ha sposato la cultura neoliberista”. A livello regionale, invece, il tema è specifico: la sanità, che vale “l’80% del bilancio regionale, e riguarda il diritto primario alla salute che non è di destra nè di sinistra. Su questo, smontare il racconto di Zaia va fatto in modo serissimo”. La commissione d’inchiesta sulla gestione pandemica pare destinata a essere più una vetrina di ennesima auto-esaltazione che non uno strumento davvero utile, priva di poteri giudiziari com’è, fra l’altro. “Non credo sia inutile. Abbiamo invece il dovere di capire cosa è successo. Il Veneto ha gestito la seconda ondata della pandemia in maniera catastrofica. Se la Lombardia è stata la peggior regione nella prima ondata, il Veneto nella seconda. Non stiamo parlando di noccioline, ma di veneti che hanno perso la vita. Pensi che a Schio, la mia città, a dicembre 2020 sono morte 114 persone, contro una media di 40 morti nello stesso mese dal 2016 al 2019. Come è possibile che a novembre e dicembre il Veneto, con più positivi e morti di tutti, sia rimasto in zona gialla? Il professore di econometria dell’Università di Padova Enrico Rettore in uno studio sulla curva dei decessi di diverse regioni, afferma che se il Veneto avesse adottato le stesse misure della Lombardia, che novembre e dicembre è stata in zona rossa e arancione, avremmo risparmiato 3000 morti. Bisogna indagare e capire come è potuto succedere”. Opposizione, opposizione, opposizione.