“Di sinistra è pensare prima a deboli e ambiente, e poi a Zan e ius soli”

Federico Benini

Benini, capogruppo Pd a Verona: “Il Pd di Letta ha priorità sbagliate. In Veneto sono sviluppo del turismo e sanità”. Zaia? “Mito da sfatare: il centrodestra ha un bacino stabile del 65%. Nel 2025 l’effetto-Zaia scomparirà”


Nella morta gora in cui langue il principale partito d’opposizione in Veneto, il Pd, le menti sveglie e lucide non mancano. A mancare è la capacità – o la volontà, chissà – di riunirle e valorizzarle. A Verona, il capoluogo che assieme a Treviso è in assoluto la città più allergica a tutto ciò che non è di destra o centrodestra, fare politica da sinistra è una sfida di per sè. In questo, rappresenta anche troppo bene, in scala maggiorata, il blocco sociale e culturale che egemonizza la regione, identificato nel mito di Luca Zaia. Federico Benini, classe 1989, è il capogruppo dei Democratici in riva all’Adige, e dalla sua può vantare una notevole abilità di analisi accumulata grazie alla professione di spin doctor e sondaggista (la sua Winpoll è l’istituto di statistica che, fra le altre cose, fornisce i dati al Sole 24 Ore). Con lui, in questo periodo di trapasso fra una pandemia ormai calante e quello che si preannuncia come un semi-normale autunno caldo, proviamo a disboscare un po’ il terreno dai luoghi comuni che affliggono Venetolandia.

Brugnaro? Personaggio locale

E cominciamo proprio da sua maestà il Governatore, la cui immagine di superman, secondo Benini, va decostruita tramite un semplice confronto: “Guardando i numeri, il presidente campano, Vincenzo De Luca, ha fatto molto meglio di lui: partendo da una coalizione data al 30% è arrivato al 70%, portando di suo ben 40 punti percentuali. Zaia conta su uno stabile bacino potenziale di centrodestra del 65%, il che significa che alle ultime regionali il suo valore aggiunto è stato del 12%”. Nel 2015 aveva raccolto anche meno, il 51%. “Già, anche se l’altra volta c’era la lista Tosi, che andava anch’essa iscritta all’area del centrodestra. In ogni caso, le cifre servono a far capire che c’è una mitizzazione esagerata di Zaia, che deve molto del suo successo a un sistema di potere, di comunicazione e di informazione che non si scardina dall’oggi al domani”. L’emergenza da Covid, specie l’anno scorso, può averlo aiutato. “Sì, ma come ha aiutato tutti i presidenti di Regione, non solo lui. Il governatore pugliese Emiliano, per dire, era dato 10 punti sotto l’avversario Fitto, e invece ha vinto con 10 punti in più”. Resta il fatto che la figura di Zaia ha assunto fama di amministratore-modello in tutta Italia, e non soltanto perchè i media fanno a gara a erigergli una statua in vita. “E’ senz’altro molto bravo ad amministrarsi, è sempre a galla perchè ha sempre saputo galleggiare. Se il comico più famoso del Paese, Crozza, gli ha dedicato un’imitazione (esattamente come per De Luca, fra l’altro), un motivo ci sarà. Stiamo parlando di uno che governa ininterrottamente da undici anni, è naturale che sia diventato un personaggio nazionale. Ma è anche vero che nelle Regioni del Nord è molto difficile l’alternanza, a differenza che al Sud”. Per Zaia questo è l’ultimo mandato. Lo vedremo fare il salto a Roma? Benini è scettico: “Mah, a parte una parentesi da ministro dell’agricoltura, finora non ha mai voluto farlo, benchè le carte in mano le abbia. Credo sia dovuto all’aspetto caratteriale, che si sottovaluta sempre e invece è decisivo. E’ molto prudente”. Senza Zaia, addio effetto-Zaia, per la Lega e il centrodestra nel 2025. “Su questo non ci sono dubbi”. Tempo fa circolava l’idea (invero un po’ balzana, dato il ruolo di azionista di maggioranza della lega) che potesse essere il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro il futuribile titolare del passaggio di testimone in Regione. Brugnaro oggi punta a scalare Forza Italia in liquidazione con la sigla “Coraggio Italia”, assieme al governatore ligure Giovanni Toti. Un altro veneto di caratura nazionale, anche se ancora da costruire. “Brugnaro, al di fuori della provincia di Venezia e degli addetti ai lavori in Veneto, non lo conosce nessuno. Deve darsi un profilo di livello romano. Ma la sua mossa è intelligente: ha approfittato con tempismo del fuggi fuggi generale da Berlusconi (come dimostra anche l’uscita dal Giornale di Sallusti, per esempio) per tentare di ipotecare un bacino di voti moderati che vale 6-7 punti, e che potrebbe essere l’ago della bilancia alle prossime politiche. Ma con tutto il rispetto, non è Cacciari, non ha un suo peso specifico. Vedrei meglio una Carfagna o una Gelmini, come leader”.

Senza schei, nessuna chance

Tornando a Zaia, se al prossimo giro la sua aura di imbattibilità non sarà trasferibile al successore, anche il solo supporre un centrosinistra che se si giochi sul serio la partita per Palazzo Balbi rimane un azzardo: “Otterrà qualche seggio in più”, è il lapidario commento di Benini. Tuttavia, porsi il problema di non finire ancora una volta umiliato, non sarebbe male. “Prendiamo l’autonomia – ragiona Benini – il Pd non ha ancora capito che non è su quello che si corre. L’autonomia è la bandiera zaiana, certo, ma non è come l’acqua potabile: averla o non averla non cambia la vita dei cittadini. E’ uno slogan che suona bene, ma poi il cittadino medio non sa manco cos’è. Il mio partito dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo economico, in particolar modo sul rilancio del turismo, e sulla sanità, e con proposte serie”. Invece, facciamo osservare, sembra ineluttabilmente andare a rimorchio dell’agenda del presidente. “Sì, anche se bisogna dire che è radicata la percezione che in Veneto si viva bene, e questo oggettivamente favorisce la continuità”. Ma una percezione non nasce mai dal nulla: c’è una parte di verità, ma ce n’è un’altra regolarmente occultata. “Chiaramente qualcosa che non va salta sempre fuori, ma per chi fa opposizione da queste parti, è più dura farlo emergere perchè hai tutti contro”. Ogni riferimento alla cappa di piombo del giornalismo filo-governativo è voluto. Benini corregge: “Funziona così anche per un altro fattore: a livello psicologico, quando credi che le cose girino tutto sommato bene, per quale motivo devi metterti ad ascoltare chi ti dice che vanno male? Parliamoci chiaro: o c’è un soggetto economico forte, un ipotetico gruppo Exxor in salsa veneta che decidesse di abbattere Zaia, e allora qualcosa si muoverebbe, oppure il Pd, da solo, come può riuscire a contrastare il pensiero unico? Ogni critica finisce completamente schiacciata dalla replica di Zaia. Io a Verona ne so qualcosa, ed è la stessa situazione che prova sulla propria pelle, che so, un politico di centrodestra a Bologna: quando combatti un partito egemonico, com’è qui la Lega, ne esci devastato”. Pare di udire una nota di malinconia. “Guardi, se stai sistematicamente all’opposizione, la politica la fai per passione, per ideale. Se volessi cambiare casacca, perderei metà dei voti ma mi sistemerei, e comunque con più voti di quelli che ha preso un ex ministro ed europarlamentare nonchè braccio destro di Salvini, cioè Lorenzo Fontana”.

Questione sociale (e ambientale)

A Verona, come a Padova, il 2022 sarà l’anno del rinnovo del sindaco e del consiglio comunale. Secondo Benini, il virus non avrà influenza alcuna sull’esito delle amministrative: “Tenderei a escluderlo. Non sono un virologo e non prevedo il futuro, ma se pensiamo che da settembre, dopo la fisiologica pausa estiva, dovrebbero ripartire a pieno ritmo i settori più colpiti e cioè turismo, ristorazione, sport ed estetica, e se ci mettiamo che molte categorie hanno risparmiato anzichè perderci (i dipendenti pubblici e delle grandi aziende private), credo che vedremo una ripresa che riporterà lo scontro, anche locale, alla normalità”. Normale, però, significa che butta male come al solito, per chi si oppone al centrodestra. Il Partito Democratico è accusato (e non dagli avversari) di essere disconnesso dalla realtà del popolo nelle sue esigenze più profonde, che poi son sempre le stesse, riassumibili nella formula “questione sociale”: redditi che si impoveriscono, precarietà lavorativa, vuoto esistenziale. Benini è durissimo: “Il nuovo segretario Enrico Letta ha esordito con due parole d’ordine: ius soli e Ddl Zan. Posto che sono d’accordo con entrambe, chiedo: qual è il target a cui parla? Le persone omosessuali e la fascia di cittadini che si occupano dei figli di immigrati. E le persone che vivono nelle case popolari, gli anziani soli, le famiglie con disabili? Di quelle non parliamo? Queste sono le priorità che dovrebbe avere la sinistra, mentre quelli di Letta sono temi di contorno, da Ztl come si dice. Chi di ha meno dev’essere tutelato: questo è essere di sinistra, per me. Anzi, dico di più: al posto di Letta, avrei finalmente dato al Pd una missione caratterizzante, visto che non l’ha mai avuta. E sa qual è? L’ambiente”. Ma l’ambiente non rischia di essere un altro alibi? Come si fa a collegarlo con i problemi economici che pressano l’uomo della strada? “E’ precisamente lo sforzo che occorrerebbe fare. L’ambiente rappresenta l’avvenire, è da lì che passano le risorse, come infatti ha capito Draghi che lo sta gestendo in prima persona nel Pnrr”. Sarà per questo, magari, che certa sinistra immagina Draghi come il “compagno Mario”. Ma questa è un’altra storia.