Lezioni di democrazia (di Mirco Casteller, psicoterapeuta)

Dall’evanescenza della politica all’avvento dello Statista Coronavirus


Il vero virus che sta attanagliando la società italiana non è l’arcinoto Corona, ma l’effetto di una depressione strisciante, essenzialmente un elemento non tangibile che si trasforma e si rileva in una situazione invece oggi ‘tangibile’.

Esso appare quale un male profondo, quasi ‘ricercato’ che soddisfa l’esigenza di liberare una tensione emotiva: un sopraggiungere leopardiano di un male visibile su un male invisibile. Frequentando i miei pazienti che operano in nei loro vari mondi (vita, impresa, pubblica amministrazione, terzo settore) si percepisce come il Corona Virus si affronti in modo diverso, a seconda del soggettivo grado di fiducia nel futuro e al senso di partecipazione agli eventi della propria vita.

Sembra quasi che per molti soggetti privi di speranze e aspettative nella vita, accettare la quarantena rappresenti una sorta di firma di un armistizio rispetto a ciò che non piace della propria vita e con cui non si è voluto fare i conti, che non si è avuto il coraggio di sfidare.

Sebbene privo di una razionale ed incommensurabile pericolosità, il Virus è la giustificazione alla resa in una società sempre più competitiva e nella quale non era ammessa l’accettazione di non farcela.

Il Virus ha rotto questo tabu.

Gli effetti devastanti sull’economia e sulla reputazione del Paese non sono ancora stati interiorizzati.

A tutt’ oggi prevale una tendenza al ‘si salvi chi può’ che sta di fatto moltiplicando i danni sull’economia, determinando gli effetti di una futura recessione che a mio avviso, osservando i miei pazienti, rischierà di causare molti più decessi del virus stesso, se non vi saranno interventi di sostegno.

Anche il rapporto Nord vs Sud ha trovato una plastica rappresentazione: non ci piace che molte Regioni del Sud siano mantenute dalle regioni produttive del Nord, ma ora non si è più in grado di lottare per ottenere un’autonomia, quindi ora da parte di molti si comincia a sottolineare il rallentamento del modello lombardo-veneto, contestualmente all’appalesarsi in modo ancora più crudo delle storiche inefficienze del sistema meridionale.

Fiducia in sé stessi

Invece, nei vari colloqui si vede chiaramente come i soggetti che credono in se stessi non siano disposti a ‘farsi rapire’ da questa sbornia di panico o pandemia soprattutto mediatica, e combattono sottolineando più volte la sensazione di viversi nella terza guerra mondiale, pur proseguendo a fare ciò che apprezzano, dando senso alla loro vita.

Ammettendo un’evidente e dolosa scarsa prudenza diffusa, concordo con il fatto che l’ansia, lo stress e l’innaturalezza di molti nostri comportamenti condizionino ed inficino in modo chiaro il grado di difesa immunitaria e anticipino stati fisici degenerativi.

È inequivocabilmente rilevabile la diffusione di sgomento, incertezza e scarsa fiducia nei confronti di concetti quali ‘comunità’ e ciò fa emergere che la mancanza di capisaldi identitari faccia ‘affogare’ le persone negli eventi o le porti alla caccia degli untori immaginari.

Vorrei tralasciare la ricerca dei presupposti patologici e le potenziali spiegazioni complottistiche sull’origine del virus, quanto piuttosto far notare le innumerevoli condizioni favorevoli proprie della società occidentale e soprattutto di quella italiana, nella quale la diffusione del virus è divenuta ormai una giustificazione per bloccare l’intero paese.

Tabella creata da Casapace Milano

Fenomenologia della spersonalizzazione

Di seguito esporrò il mio pensiero dipanandolo attraverso delle considerazioni suddivise per punti, onde evitare di aggrovigliare il discorso su una problematica complessa.

E’ bene ricordare che i primi anni del XXI secolo, in tutto il primo mondo, si sono caratterizzati per:

  • forte spersonalizzazione sia dei rapporti umani sia dei comportamenti. Da un lato come conseguenza dell’attuale organizzazione del lavoro che passando da un’attività prevalentemente fisica a quella cognitiva ha visto allargarsi il tempo in cui le persone sono sotto pressione; contestualmente si sono espanse le attività con regimi di orario flessibile e si sono allentati i vincoli della ‘gruppalità’.
  • Sul piano privato l’avvento ed il diffondersi dei social, ha da un lato ridefinito le modalità di convivenza e ridotto i contatti umani e dall’altro ha accelerato il processo di perdita di identità, cosicché il dover apparire ed il dover conformarsi, ha determinato ulteriori svuotamenti sul piano umano con l’accorciamento dei tempi e delle relazioni (per cui la profondità e la propensione a coltivare valori sono diventate inusuali, se non faticose pratiche a cui sottrarsi).
  • L’assenza di modelli di riferimento così quale l’assenza di momenti che individuino il passaggio delle fasi della vita (con i genitori talvolta pronti, talvolta obbligati ad abdicare al ruolo educativo concesso alle sirene della ‘cosiddetta cultura ufficiale’ della società). Di contrasto in politica si nota come, tale assenza di tracce applicabili e di ricerca di continuità, porti ad una necessità di individuare sempre un uomo forte annichilendo di fatto la democrazia. In questo il virus ci sta insegnando che non esiste un uomo forte, ma esistono tanti uomini che se uniti saranno forti, questa la democrazia del coronavirus, questo è l’ insegnamento da Statista del Coronavirus.
  • La consapevolezza che si è sopraffatti dal contraddittorio obbligo di essere liberi di pensiero e l’assoluta impossibilità di manifestazione delle naturali reazioni emotive (es. mostrarsi arrabbiati non è comunemente accettato, sull’altare dell’accettazione incondizionata, ma le differenze e inquietudini striscianti rimangono). Basti pensare come, nel pensiero ufficiale, vi sia il ripudio del valore salvifico della religione.
  • L’incertezza del mercato ed il mantra dell’assenza di prospettive, condiziona la gente a ridursi a meri fruitori di consumo immediato.
  • L’assoluta mancanza di fiducia nei singoli e nei soggetti decisori che necessariamente, nel pensiero comune, devono anteporre l’interesse personale all’oggettiva situazione determinando contemporaneamente il rifiuto della competenza (tutti si sentono capaci di obiettare ai tecnici, soprattutto se distribuiscono informazioni reali ma avverse al comune sentire).
  • Inoltre, fa specie come le generazioni che hanno goduto di maggiore carico di informazioni e siano state liberate da ogni bisogno primario, siano così deboli rispetto ad un problema oggettivamente gestibile e così disponibile ad adagiarsi nel vittimismo come un virus pandemico-mediatico.

Quindi, perché succede tutto questo?

  • Da un lato il rincorrere le divisioni tra guelfi e ghibellini (primi la gara dei più prudenti, poi quella di più razionali) dall’altro la forte invidia sociale legata alla fine dell’armonia padronale ed alla paura di intraprendere: sembra assurdo notare come nelle famiglie dei neoarrivati ci sia più coraggio nell’avviare un’attività che nei nostri ragazzi, essenzialmente spaventati dal rischio.
  • Una stampa ed una platea culturale (oscurate dall’abbondanza di media e impaurite dalla riduzione delle prebende politiche) reagiscono all’inflazione di notizie generando il panico.

Concludendo, in una società tanto decantata per la sua liquidita’, ci si trova oggi davanti un virus che ci chiede una società solida nei valori, con indirizzi chiari e di medio lungo termine.

I segnali delle difficoltà di molti miei pazienti, nella ricerca del sono innumerevoli, basti pensare la bassa natalità, la contrazione del volontariato, la riduzione della pratica sportiva, la presenza nell’immaginario di Papi stranieri (il fenomeno Greta pone luce sul tema).

Darwinianamente, potrei dirvi che lo Statista CoronaVirus sta operando una selezione tra coloro che soddisfatti vogliono mantenere la propria quotidianità perchè hanno deciso di dare senso alla loro vita nei fatti e non solo nelle ostentate scelte e coloro che cercano l’arrivo del Drago per giustificare il loro naturale declino ed il rifiuto di questa società che ha reso troppo faticoso la coltivazione dei sogni e la salvagurdia della propria identità.

Mirco Casteller