(Di Dino Bertocco). La microcefalia culturale e politica del Veneto ha origini e cause precise: è tempo che la classe dirigente le riconosca (e se ne faccia carico), ‘sbaucandosi’
“E sappi che tu troverai di molti che mentono, a niun cattivo fine tirando né di proprio loro utile né di danno o di vergogna altrui, ma perciocché la bugia per sé piace loro come chi bee non per sete ma per gola del vino. Alcuni altri dicono la bugia per vanagloria di se stessi, millantandosi e dicendo di avere le maraviglie e di essere gran baccalari. Puossi ancora mentire tacendo, cioè con gli atti e con l’opere…”.
Baldassarre Castiglione, Il Cortegiano (1528)**
I veneti, si sa, hanno una forte vocazione alla trasfigurazione, ad edulcorare e/o esaltare la propria condizione con una sorta di propensione antropologica ad ‘estetizzarla’, a sottrarla ai vincoli e contraddizioni della vita reale, facendone lievitare il senso attraverso la coltivazione del sentimento dell’autocompiacenza.
Viviamo (uso il noi perché non posso certo considerarmi un ‘alieno’ nella Comunità in cui sono nato e vissuto) tale sentimento come energia e carica vitale per superare limiti e difficoltà, ma anche come ‘affezione ad uno stato e distrazione dalla spinta per il mutamento’ .
La foto di famiglia più sorprendente e verosimile ce l’ha scattata il nostro conterraneo, Guido Piovene, che nel suo Viaggio in Italia, quando si è soffermato sulla sua e nostra Terra ci ha descritti così: “Questa regione porta dentro un amore di sé, un narcisismo per usare il gergo corrente (l’autore usa tale espressione molto contemporanea nel lontano ’54!), una voluttà perpetua di guardarsi allo specchio, una felicità nel suo pittoresco, una delizia nel fare teatro di sé e della propria condizione” (pag. 24).
Insomma, per tradurla nel gergo politico immesso nella comunicazione istituzionale e nel marketing territoriale (vedi lo spot emozionale di Red Canzian sul “Veneto stato d’animo da vivere”), esiste nel cuore dei veneti una persuasione fantastica che la loro terra sia un mondo, un sentimento ammirativo, e quasi un sogno di se stessi che non hanno l’eguale nelle altre regioni d’Italia: di qui il ‘venetismo’ inteso come una potente realtà generata dalla fantasia.
E’ apparso quindi provocatorio e persino parossistico il tema-interrogativo posto al centro del webinar organizzato dal Forum di Limena sabato 22 maggio: ‘DIALOGHI SULL’IRRILEVANZA VENETA. Il Veneto, la politica, la classe dirigente. Presuntuosi, ma insignificanti? ’.
Messa sul piano strettamente psicanalitico ai pensosi e dubbiosi cattolici del Forum potrebbe essere data una riposta semplice e fulminante (che ad essi apparirebbe quasi un ossimoro): “I veneti sono significanti in quanto presuntuosi”!
Ma naturalmente, il loro obiettivo, comprensibile e ragionevole, era ed è cercare di chiarire il ‘mistero venetista’ di una realtà regionale connotata da una subcultura politica egemone intrisa di autosuficienza ed impotenza, velleitarismo autocratico ed inconcludenza operativa sulle grandi questioni, in primis quella su cui la leadership vincente del Presidente si è giocata interamente la credibilità, ovvero il ‘big bang dell’Autonomia’.
Ci viene allora naturale andare in soccorso dei volonterosi ricercatori del Forum, segnalando loro articoli e documenti – ospitati in gran parte su questo giornale – con cui abbiamo cercato di analizzare le ragioni di quella che abbiamo definito la ‘crisi epistemica della classe dirigente veneta’, e di indicare alcuni percorsi per fuoriuscirne; a tal fine abbiamo raccolto in una scheda sintetica i titoli di riflessioni ed indicazioni programmatiche che riassumono uno specifico approccio analitico.
Dobbiamo però rilevare che nell’incontro online, uno dei relatori – il politologo Paolo Feltrin – ha offerto chiavi interpretative e risposte tanto sorprendenti e disarmanti quanto sincere e veritiere sulla supposta ‘irrilevanza veneta’.
Ci sentiamo di suggerirle e farne oggetto di meditazione, non tanto perché le condividiamo in gran parte o su molti aspetti delle considerazioni che le hanno illustrate abbiamo riscontrato una comunanza di pensiero e di giudizi sull’ultimo trentennio di storia locale, bensì perché esse costituiscono un salutare ‘sbaucamento’, rispetto al mediocre ed opportunistico ‘racconto nordestino’ che l’intero ceto intellettuale locale ha confezionato ed ammanito ad un’opinione pubblica affamata di suggestioni e manipolazioni sulle magnifiche sorti progressive del popolo eletto (veneto naturalmente).
Dirò di più: l’elenco di fatti e protagonisti snocciolati con una mistura di arguzia e perfidia (resisto alla tentazione di ripeterli qui, potrete ri-trovarli nei miei testi, ma soprattutto ascoltarli direttamente nel video registrato del webinar), se, in qualche caso – per chi conosce la ricca e poliedrica carriera professionale di Feltrin – significano il liberarsi di qualche sassolino nelle scarpe, in gran parte rappresentano una rigorosa demistificazione storico-culturale dei patetici tentativi messi in atto in Veneto, dalla fatidica data dell’84 (morte di Antonio Bisaglia) di costruire un Progetto politico territoriale immaginario e sottratto ai vincoli stringenti di uno Stato a cui il ceto politico regionale, in primis democristiano, dal secondo dopoguerra in poi aveva dedicato le sue migliori energie, consapevole che la più efficace rappresentanza della propria amata terra era strettamente connessa alla capacità (nel senso di competenza) di essere classe dirigente nazionale, non i semplici megafoni della denuncia delle deficienze locali.
A sostegno della propria visione Feltrin esplicita anche stroncature e valutazioni sarcastiche, unitamente ad aneddoti che rendono evidente un autentico disprezzo per gli esponenti di una intellettualità provinciale che si è inebriata di visioni a-costituzionali, di fughe dall’Italia per approdare all’isola che non c’è (l’Europa delle Regioni, sic!), di sciocchezze urbanistiche, dell’invenzione di un Veneto inesistente e reso ancor più evanescente dal ‘buco nero’ dell’ostinato localismo vicentino, fino ad arrivare al tragico 2017 in cui la fervida mente dei legulei ha partorito non tanto il referendum farlocco, quanto l’ipotesi istituzionale di un’autosufficienza mendace ed illusoria che ha provocato un ‘coro totalitario’ di Si….
Ciò su cui, però, intendiamo richiamare l’attenzione e l’interesse di quanti leggeranno questa nota o, meglio ancora, si documenteranno sull’iniziativa del Forum di Limena, è il messaggio conclusivo del discorso di Paolo Feltrin, laddove, abbandonati i panni del polemista, egli si è augurato che nella nostra Regione subentri un sussulto di consapevolezza della classe dirigente, che si dovrebbe concretizzare attraverso l’adozione di un nuovo orizzonte culturale, in grado di produrre prioritariamente una ‘lettura sensata’ della storia veneta contemporanea, sintonizzata con le domande politiche odierne e non immersa nelle ‘bubbole degli anni ‘70’ e nelle citazioni di un passato misconosciuto ed incompreso, foriere entrambe di una peregrina e nefasta dissociazione dal futuro nazionale ed europeo.
Siamo convinti da sempre che sia effettivamente quello indicato dal politologo il terreno di gioco sul quale investire energie per scongiurare un destino di ‘irrilevanza veneta’.
* Bubole in lingua veneta significa lucciole
** Tratto da LuigiRomani, Bubbole, fandonie e fanfaluche – Enciclopedia Treccani
https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/parole/bubbole.html
Note sulla crisi epistemica della classe dirigente veneta
- Identità e rappresentanza politica veneta 1948-2020: memoria storica, white washing democristiano e mitologie leghiste
- Il Regionalismo veneto ha dei “padri” (rimossi). Un libro su un leader storico ed il pregio della memoria
Dino Bertocco
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