Paraculaggine: il carattere distintivo dell’attuale classe dirigente (!?) veneta

L’Osservatore veneto

E l’osservazione distratta dei servi volontari dei media locali

Si lo so, questa è la settimana santa, giorni da dedicare alla penitenza ed alla pazienza. Ma Papa Francesco invita a non avere pietà di chiacchieroni ed ipocriti e, qui, in terra veneta un tempo fedele e religiosa, oggi indifferente e dalle chiese vuote, la pratica del fariseismo è diventata talmente diffusa ed esercitata pubblicamente che non ci si può esimere dal denunciarla e per quanto possibile contrastarla.

Certo, personaggi ed episodi ‘fastidiosi’ che emergevano e venivano stigmatizzati, ci sono sempre stati, ma appunto costituivano singolarità anche esecrabili che però non guastavano prassi e costumi di serietà ritenuti unanimemente il canone adottato ed accettato dai più.

Ora pensate alla sequenza di fatti e protagonisti che la cronaca regionale ha registrato, stiamo alla contemporaneità, negli ultimi anni e che proiettano la loro ombra nell’immediato futuro.

1. Nell’ambito di una velleitaria e demagogia politica estera da staterello autonomo i Consiglieri leghisti si sono distinti in iniziative che sono oscillate tra il patetico (leggi l’esultanza per l’elezione del ‘fratello’ Bolsonaro da Anguillara Veneta) , ed il sanguinolento (vedi il riconoscimento della Crimea come parte integrante della Federazione Russa dopo l’annessione militare operata dall’amico Putin), per finire ai nostri giorni con i traffici omertosi attorno al commercio di vaccini (naturalmente, ancora una volta collegati alle ‘amicizie’ con gli oligarchi del regime russo, (iniziativa fraudolenta, ma ‘coperta’ dal Presidente Confindustria).

2. La più importante scelta strategica riguardante la realizzazione della ‘Città della Salute’ , frutto di elaborazioni pluriennali per valutazioni urbanistiche ed epidemiologiche, concertazione territoriale e regionale, viene improvvisamente contraddetta con motivazioni risibili da parte dei nuovi Rettore e Sindaco di Padova, del tutto ‘immemori’ del processo storico di pianificazione (naturalmente con il conforto del Presidente regionale, per il quale – povero incosciente – “per me Padova Ovest e Padova Est pari sono”! ).

3. A Vicenza il Tribunale ha portato a termine il processo per il fallimento della Banca Popolare di Vicenza, condannando per diversi reati Gianni Zonin ed altri dirigenti. La Regione Veneto, assente per non essersi costituita parte civile, ha rimediato non solo una figuraccia, ma ha dimostrato l’enorme coda di paglia del suo Presidente, spettatore opportunista della più grande truffa del dopoguerra, oltretutto sbugiardato da una sentenza che ha riabilitato e risarcito Banca d’Italia per la correttezza dimostrata nella vigilanza (ritenuta invece dalla propaganda leghista responsabile del crack). E quelli che erano seduti in prima fila plaudenti durante le assemblee, oggi, come nella migliore tradizione, muti sperando che passi la bufera delle responsabilità morali.

4. A Venezia il successo ingegneristico e fattuale del Mose, la difesa idraulica da parte di un’infrastruttura rivelatasi fondamentale per la salvaguardia di Venezia, sono apprezzati prima di tutto dalla Comunità dei cittadini che ha avuto modo di toccarne con mano e con i piedi l’efficacia, e dalla Comunità scientifica di tutto il mondo. Ma c’è chi eccepisce ed interpreta il ruolo di Bartali cogliendo ogni banale occasione per rimettere in discussione il Progetto: si tratta di un piccolo club di professionisti del dissenso che trovano in Massimo Cacciari l’alfiere di contestazioni prive di argomentazioni sostanziali e manifestazioni di personalità rose dall’invidia per un’Opera giunta (quasi) a conclusione nonostante la loro con-condivisione ed ostilità fondamentalmente ideologica. Le esternazioni dell’ex sindaco di Venezia sono tanto più gravi e stupefacenti in quanto in questo preciso momento il Mose ha bisogno di tutto tranne che di polemiche pretestuose.

5. Non va meglio per i ritardi trentennali dell’alta velocità Milano Padova, dove la politica veneta ha dato il meglio, riuscendo, coltivando per anni il particulare e l’innato amore per il campanile, soprattutto in quella sagrestia di Vicenza cresciuta alla scuola delle prediche, a bloccare l’opera e i finanziamenti che sarebbero stati necessari. E adesso, scoprendo, come quei cittadini che per caso passano per la strada (dimentichi di essere chi deputato o senatore di lungo corso, chi presidente delle camere di commercio di una delle aree più industrializzate del paese), che il finanziamento europeo non è previsto per le tratta Vicenza Padova, giù a inveire per il tradimento. Ma se lo possono permettere questo esercizio della finzione sapendo di poter contare sempre sulla credulità nostrana. Perché noantri veneti, come direbbe Pojana, semo sempre i meio.

E l’elenco delle incongruenze che evidenziano i limiti strutturali dei governi regionale e territoriale (in primis i velleitarismi e parossismi della gestione pandemica) potrebbe continuare, ma ci preme segnalare il rischio della frattura profonda che i singoli episodi evidenziati fa emergere.

Una comunità che rinuncia all’apporto tecnico e culturale dei suoi competenti e con si dà luoghi e strumenti per produrre pensiero politico e leadership all’altezza delle sfide presenti, è una società che affidandosi a personaggi senza arte nè parte, e a degli scappati di casa, è destinata ad avviarsi al declino.

Ma il Veneto è ricco di competenze, di saperi e di cultura.

Dei professionisti della conoscenza al servizio della Comunità vi è un disperato bisogno.

Così come un tempo c’è stata la cosidetta rivolta degli onesti, oggi va invocata la rivolta dei portatori della competenza e della razionalità.

Il governo Draghi, in pochissimo tempo, sta dimostrando che si possono affrontare questioni rilevantissime con serietà, rigore e competenza, mettendo ai margini i ciarlatani delle parole, quelli della propaganda continua.

Anche il Veneto ha bisogno del suo Mario Draghi, perché dopo anni di propaganda dell’autosufficienza, di chiacchiere autonomiste senza progetto, di atrofizzazione della partecipazione democratica, rischiamo di finire al palo mentre dovremmo essere impegnati solidarmente a costruire il futuro.

L’Osservatore veneto