Puppato: “Il mio Pd non parla più di vita”. E si candida alla segreteria veneta

L’ex sindaco di Montebelluna all’attacco di Zaia: “Sfida i critici a denunciare in Procura? Io l’ho già fatto”. E sul partito: “Parla per slogan, non fa formazione, pensa alle carriere personali. Serve costruire un pensiero alternativo”


“Abbiamo perso il collegamento con la realtà che cambia incessantemente. Parlavo poco fa con un rappresentante degli artigiani, che mi segnalava il problema gigantesco di reperire materie prime come legno o acciaio in un mercato mondiale viziato da acquisti di massa da parte di Cina, Paesi asiatici e Usa. C’è un’estrema necessità di riferimenti istituzionali che capiscano e rappresentino i cambiamenti economici e sociali”. Laura Puppato, sindaco di Montebelluna dal 2002 al 2012, già capogruppo in consiglio regionale per poi lanciarsi alla sfida alle primarie del Pd Matteo Renzi e Pierluigi Bersani (in cui prese, da assoluta outsider, un onorevole 3%), quando denuncia l’assenza di soggetti che ascoltino e interpretino le richieste di economia e società pensa naturalmente al suo partito, il Democratico, di cui oggi è una semplice militante. Ma intenzionata a farsi sentire, ora che sta per scadere il mandato della segreteria regionale veneta di Alessandro Bisato. Con il quale lei, che simboleggia l’anima ecologista stretta fra gli eredi della Dc e quelli del Pci, non rivolge critiche dirette, perchè a suo avviso è “l’intero ultimo decennio che ha visto cumulare errori su errori, senza che questo sia colpa o merito dello Zaia di turno”. Dieci anni fa, si accalora la Puppato, “eravamo noi del Pd la speranza”. Facciamo presente che il Pd era l’asse portante in parlamento dell’allora governo Monti, che non ispirava esattamente sentimenti di palingenesi e rinascita. “Nel 2012 si era alla fine di quel governo e si avviava una nuova fase, ma le primarie si ridussero a uno scontro personalistico fra Renzi e Bersani. Lo scollegamento cominciò allora: ricordo che a Bersani furono fatte visitare le carceri, qui in Veneto, e con tutto il rispetto per i carcerati, sarebbe stato il caso andasse in visita anche da qualcun altro”. Ovvero a far sentire l’interesse del Pd per il tessuto economico locale: “Eravamo il traino d’Italia dopo la Lombardia, oggi nell’export siamo superati dall’Emilia-Romagna. Siamo una realtà produttiva di trasformazione che deve competere con i migliori al mondo, mentre la Regione non ha fatto che accarezzare il consenso allo stato puro, distribuendo prebende e finanziamenti mirati, creando un Veneto Lavoro che ha ottenuto poco o nulla”. Il cahier de doleances è ricco: “Anzichè l’assessorato per una stupida autonomia concepita solo per far rimanere qui più soldi dalle tasse (quando sarà facile scoprire, per esempio, che nel 2020 abbiamo ricevuto più di quanto abbiamo dato), o invece di incaponirsi su una Pedemontana che costerà la bellezza di 7-10 miliardi di euro, cioè molto di più di quanto era stato detto, avremmo dovuto investire sull’economia circolare e sul volontariato, in cui siamo primi in Italia. Ci sono persone meravigliose che aspettano solo di essere guidate e coinvolte”.

Zaia il conservatore

In parole povere, il Pd non ha saputo (non ha voluto?) costruire nel lungo periodo una alternativa a Zaia e alla Lega. “Per farlo”, spiega la Puppato, “bisognerebbe organizzarsi autonomamente rispetto a Roma, non assumere ruoli e incarichi pensando al dopo sul piano personale. Io sono partita Iva da 30 anni e questo mi permette di essere libera. Sono stata una dei tre soli consiglieri regionali che hanno spontaneamente rinunciato al vitalizio regionale, cosa che non ha fatto neanche Cacciari. Pago di tasca mia, non devo garantire nessuna lobby. La mia unica ispirazione ideale è la giustizia sociale di fronte agli sprechi e per il rispetto che si deve alle generazioni future”. Propositi universalmente condivisibili, ma in concreto come si traducono? “Primo passaggio: l’analisi dell’esistente. Secondo passaggio: confronto con i migliori, non con i peggiori. Facile fare i raffronti con la Calabria sulla sanità, bisogna farli con l’Europa, con il mondo. Terzo, proporre un’agenza senza fare piaceri particolari a nessuno, e senza guardare soltanto al riduttivo parametro del Pil”. Alt: è dura da far digerire al veneto medio, la consapevolezza che non si vive di solo Pil. Si rischia di essere guardati come grillini di ritorno, seguaci della decrescita felice o pauperisti attentatori dello sviluppo. “Ma no, all’elettore, diciamo, socialmente meno impegnato bisogna parlare dei suoi figli, che stanno fuggendo via da questa Regione, che scappano in Emilia che produce più Pil di noi (pur avendo un milione e mezzo di abitanti in meno, ma con la popolazione che dal 2012 è cresciuta del 3%), che attira le eccellenze negli impianti, e che riesce in tutto questo perchè ha una politica che non è conservatrice di quel che c’è già, com’è il caso di Zaia, ma che crea, che orienta, che guida”. E’ indubbio, tuttavia, che Zaia sappia intercettare e impersonificare le mentalità veneta del “paroni a casa nostra“, quella che vuole meno intervento pubblico possibile o lo vuole solo se asseconda gli obiettivi delle associazioni di categoria, pompando per il resto l’ego del cittadino della strada con il continuo martellamento sui primati del Veneto in perenne debito di ossigeno autonomista. Di qui, anche, l’indiscutibile trionfo del referendum nel 2017. La Puppato parla di “pensiero unico” e di “bulimia zaiana”: “Dal punto di vista dell’immagine e della comunicazione, siamo in Corea del Nord. C’è un sistema di relazioni che condiziona l’informazione in modo spaventoso. Ma a preoccuparmi di più è la mancanza di un’alternativa, cioè della demolizione del patrimonio umano e politico del Pd veneto”.

Scuola di politica

La Puppato va giù piatta: “Come partito, viviamo con la testa sott’acqua. La gente che vota Zaia pur non essendo nè leghista nè di destra non sa a chi rivolgersi. Manca il coraggio, quello che serve ad esempio per sporgere tutte quelle denunce che ho fatto sulla gestione della pandemia in Veneto l’anno scorso. Zaia invita a tirar fuori le palle e andare in Procura? Eccomi qua, già fatto. Il partito, invece, non rappresenta più la società”. E non ragionerebbe più da un pezzo a lungo termine: “C’è bisogno di formazione. Nel 2019 e nel 2020 ho promosso una scuola di politica grazie a un gruppo che mi segue, composto sia da appartenenti che non appartenenti al Pd, che ha visto l’adesione di 70 giovani dai 18 ai 30 anni che per quattro weekend hanno ascoltato personalità come l’attuale ministro Enrico Giovannini o l’ex ministro Edo Ronchi, un’iniziativa che quest’anno sarà gemmata a Vicenza e Venezia. Giusto per capirci, il Pd non ha neanche una piattaforma dedicata agli amministratori in carica…”. Lo long durée è un proposito encomiabile. Ma nel frattempo? “Nel frattempo bisogna sforzarsi di offrire contenuti e idee originali, nostre. Solo i pochi Comuni amninistrati dal Pd hanno puntato sulle colonnine elettriche, mentre i concessionari mi dicono che c’è un boom di richieste di auto elettriche. La rete sul territorio c’è? No, anche se il finanziamento statale invece c’è eccome. Parlamentari e consiglieri regionali, ci siete?”. Non di sole colonnine elettriche può vivere l’opposizione, però. “Ma certo, occorre produrre un pensiero alternativo a tutto campo, che vada a vedere le cose che Zaia non vede. Come diceva Tina Anselmi: ‘Politica è organizzare la speranza’. E questo non è essere presuntuosi, è voler bene, volere il bene della società”. Perdonerà l’abbassamento prosaico di livello, ma al contribuente non gli si può prospettare solo la speranza. “Certo, allora discutiamo di come usare i soldi per l’autonomia? Siamo la Regione con meno scuole pubbliche, il resto, per fortuna, lo fanno le cattoliche. Io sono stata l’unico sindaco a costruire due materne nei miei mandati. Se le scuole le paga lo Stato, io faccio risparmire 1200-1440 euro l’anno a famiglia”. Obiezione: son sempre quattrini delle famiglie, attraverso le tasse. “Ma lo Stato deve essere utilizzato per i servizi che è chiamato a dare, l’istruzione non deve essere una spesa in più direttamente a carico. E l’università? Ho un figlio che studia a Bologna: là paga un terzo di tasse universitarie in meno che a Padova. Il problema è che non consideriamo più il valore assoluto delle scelte di vita come centro della politica, ci acconteniamo di parlare per slogan. E’ un difetto di forma mentis e di linguaggio, che impedisce di incuriosire e seminare dubbi, che è quello che poi ti fa votare”.

Commissione-farsa

Le ultime traversie dell’opposizione in Veneto hanno visto strappare la magra consolazione di una commissione d’inchiesta sulla seconda ondata da Covid nello scorso autunno-inverno. Un “successo” lascia l’amaro in bocca. “Guardi, ho telefonato a due consiglieri regionali dicendolo loro: ‘siete pazzi’. Una commissione d’inchiesta regionale non ha poteri equivalenti ai poteri della magistrature come quelle parlamentari, lascia il tempo che trova come ha dimostrato la commissione veneta sui Pfas: solo grazie alla ecomafie in parlamento la Procura di Vicenza si è sensibilizzata. Dico: si può mettere un pannicello caldo sui morti degli scorsi mesi? Per quello ho fatto gli esposti, e l’ho fatto mesi fa, senza pubblicità, senza darli ai giornalisti. E ora farò un’ulteriore integrazione”. Il centrosinistra è accusato, per l’insistenza sul mancato rosso o arancione a ottobre, di voler poco meno che sabotare l’economia e la vita normale. “Ma per favore, il giallo-agonia ha forse portato benefici economici? In tutta Italia il Pil del 2020 ha segnato -8,8%, in Veneto -9,3. Si dovevano stabilire aree rosse localizzate, non per l’intera regione”. La combattività della Puppato sembra adombrare un ritorno in tutto e per tutto nella mischia. Si candiderà a segretaria del Pd veneto? Risposta: “Sarei ingiusta se dicessi che non me lo stanno chiedendo. C’è una realtà di amministratori e circoli locali dimenticati che costituisce una forza che è lì, da cui ripartire. Se questa forza ci sarà, per me sarà un obbligo morale prima che politico”.