de L’Osservatore veneto
E Zaia, dopo aver raccontato che i “veneti” sono una razza diversa scopre che uno dei suoi, un imprenditore venetissimo, un elettore, amico e commensale del consigliere regionale fascioitaliota Joe Formaggio, è un pericoloso idiota, uno che se ne frega della salute pubblica.
Uno che da positivo con sintomi va a feste, cene e funerali.
Uno di quelli che tanto a me il virus non fa nulla.
Uno di quelli che se ne fregano.
Uno di quelli che se gli si propone il ricovero per non infettare altre persone, mandano a quel paese gli eroici infermieri e medici.
Uno di quelli incapaci di far di conto, che dimentica in quanti si trovavano nel pulmino degli infetti di rientro dalla Serbia.
Uno che viaggia con una signora reticente a dichiarare chi ha incontrato e a cui potrebbe aver trasmesso il virus.
Tutela della privacy o altro? E il povero Zaia, campione della lotta per aprire tutto, campione delle linee guida fai da te contro gli ottusi del Comitato tecnico-scientifico nazionale, viene smentito in casa da uno dei suoi.
Obbligato a cercare di ricostruire a mano la rete dei contatti facendo lo slalom fra reticenze e amnesie.
Ma come? A mano? E’ l’App IMMUNI che potrebbe consentire di tracciare i contatti ed avvertire immediatamente i malcapitati?
Zaia da buon autonomista l’ha scaricata o seguendo il protocollo Salvini & Meloni ha pensato che come le linee guida della movida alla veneta i contatti si dicono a voce?
Il castello di carta del racconto fatto di tamponi a gogo è crollato grazie al commensale di Formaggio e insieme alla salute pubblica rischia di essere messa in discussione, con un nuovo lockdown, la stessa economia della Regione, che al momento è la più infettata d’Italia.
Con buona pace del turismo che non ringrazia delle news provenienti dalla ripristinata conferenza stampa.

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