Voci vive in un Congresso che non smette di sorprendere

Riceviamo e pubblichiamo


Sono arrivato ai trent’anni facendo più o meno quel cazzo che mi pare. A me sembra già un buon risultato”.

Sembrerebbe una frase scritta da un “fancazzista” qualsiasi e invece è il giudizio che dà di sè il Segretario provinciale del Partito Democratico padovano (meteora rimossa dalla funzione esercitata nell’ultimo quadriennio senza che nessuno, e tanto meno l’interessato, abbia avvertito la necessità di spiegarne le ragioni ed inoltre abbia sentito il dovere di presentare alla sua comunità territoriale un bilancio dell’attività realizzata nel corso della propria stagione politica).

In ogni caso egli oggi risulta candidato come capolista ‘fortissimo’ nell’ambito del Congresso in corso.

Grazie a chi me lo ha permesso”!

E qui possiamo azzardare un’ipotesi realistica: che il suo pensiero, si può immaginare, vada grato a Massimo Bettin, luogotenente del Sindaco Sergio Giordani, artefice, come nella fase decadente dell’impero romano ai tempi di Caligola, della sua incoronazione, così come della sua sistemazione professionale post-servizio ‘democratico’.

Occhio, siamo ancora solo all’inizio”: nei post su Facebook, si sa, esageriamo un po’ in molti, ma qui si percepisce la sicurezza di far parte di una schiera a cui è consentito tutto.

Quel siamo solo all’inizio, suona come una beffarda minaccia verso chi pensa al Partito democratico come baluardo della democrazia, in primo luogo di quella interna.

Lo stato di un Partito e le modalità di selezione della sua classe dirigente si misurano dal giudizio che i massimi dirigenti (in questo caso minimi) danno di se stessi, ma anche, direbbe Valter Veltroni, dai silenzi complici di chi sa, magari non condivide questo esercizio del potere, ma preferisce l’omertà connivente al pensiero libero.

Un iscritto che resiste