a cura di Giovanni Faverin, Patrizia Fasson e Daniela Volpato.
La riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, introdotta dal governo nel 2023, ha sollevato un dibattito acceso tra la popolazione e le organizzazioni del settore. Se da un lato la riforma, attesa da più di un quarto di secolo, è stata vista come un passo necessario, dall’altro ha destato preoccupazioni per le misure che sono state escluse e le risorse finanziarie considerate insufficienti da molti.
La Valutazione nazionale unica (VNU) e il mantenimento dell’indennità di accompagnamento rappresentano punti fermi della riforma. Tuttavia, la promessa di un servizio domiciliare pubblico veramente integrato e completo, e di un sistema nazionale coordinato per l’assistenza agli anziani è stata rimossa, lasciando il coordinamento a livello comunale e suscitando critiche per l’opportunità mancata di rinnovare significativamente il welfare per gli anziani
Le organizzazioni del Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza hanno espresso un’accoglienza mista. Apprezzato l’approccio della riforma e il suo tentativo di semplificare l’accesso ai servizi, ma è fortemente richiesta una revisione dei percorsi di cura, sollecitando l’introduzione di un sistema di assistenza domiciliare integrato, nuovi criteri per le strutture residenziali e una maggiore attenzione ai requisiti di sicurezza e qualità. La riforma è stata accolta come un primo passo, ma è chiaro che il cammino verso un’assistenza adeguata è ancora lungo e richiede una strategia più coerente e collaborativa.
La richiesta di riformulazione sollecitata da molti portatori di interesse, sottolinea la necessità di individuare criteri e indirizzi vincolanti che orientino l’assistenza domiciliare e l’accreditamento e il finanziamento adeguato delle strutture residenziali. Mancano fondi adeguati e si segnala la mancata integrazione e con quanto contenuto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il decreto attuativo della Legge 33/2023, approvato nel consiglio dei ministri del 25 gennaio scorso, ha tenuto conto in parte delle proposte delle organizzazioni e associazioni del settore, ma il sentimento generale rimane quello di insoddisfazione per le soluzioni proposte. La riforma, sebbene rappresenti un’evoluzione, non sembra affrontare i tanti problemi strutturali e non soddisfa pienamente le esigenze dei 1,5 milioni di anziani non autosufficienti in Italia.
La riforma è un crocevia per il sistema di welfare italiano, rappresentando una sfida sia per le famiglie che per le istituzioni. L’urgenza di una revisione e di un dialogo aperto e continuo tra governo e società civile è evidente, per garantire che l’assistenza agli anziani non autosufficienti sia non solo adeguata, ma anche dignitosa e rispettosa delle loro esigenze complesse.
Come ha rilevato Milena Gabanelli nel suo “Dataroom” dedicato alla non autosufficienza, il decreto attuativo in questione aggiunge si 1 miliardo ma non tocca i bisogni di 1,5 milioni di non autosufficienti, non aumenta l’indennità di accompagnamento mensile ferma a 531 euro al mese, non introduce un servizio domiciliare pubblico adeguato al grado di non autosufficienza delle persone e lascia il coordinamento ai servizi sociali del comune già gravemente carenti di risorse professionali e finanziarie. Le risorse del PNRR che meritavano di essere molto più ingenti consentiranno si di aumentare il numero di anziani assistiti a casa, ma secondo le vecchie modalità non integrate, perdendo così l’occasione di far partire, dopo lo sportello unico previsto dalla riforma, anche prestazioni uniche, coordinate e integrate.