I ragazzi della Via Beato Pellegrino

Il (mancato)  dialogo intergenerazionale ed il rischio di evaporazione della Cultura politica

Una generazione può essere giudicato dallo stesso giudizio che essa dà della generazione precedente, un periodo storico dal suo stesso modo di considerare il periodo da cui è stato preceduto. Una generazione che deprima la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa, anche se assume pose gladiatorie e smania per la grandezza

Antonio Gramsci, Passato e presente,  Quaderno 8 (XXVIII)

In principio ci sono stati tre ceppi virali  da cui sono partite le ondate di attacco alla salute della Cultura politica democratica:a) il primo insediatosi nella redazione del Corriere della Sera (Direttore Paolo Mieli) ha generato il virus che è stato chiamato, per gli effetti che determinò, Movimento del Qualunquismo Anti Casta;b) il secondo ha avuto una complessa gestazione nel Laboratorio milanese della Casaleggio & Associati che, con la collaborazione di un Esperto di Vaffancullismo, ha lanciato con successo clamoroso il virus che ha provocato l’epidemia del Grillismo;c) il terzo è scaturito da una lunga e laboriosa gestazione nei locali della Loeopolda fiorentina dai quali è scaturito il virus etichettato proprio dai protagonisti dell’evento, Rottamax.

Naturalmente lo scriviamo con ironia ed avendo ben presenti le differenti ‘matrici’, i contesti storici, le caratteristiche e gli obiettivi dei pattern ideologici ed organizzativi che hanno destrutturato gli assetti e gli equilibri della vita tradizionale dei Partiti, connotati da riti di iniziazione, formazione dei gruppi dirigenti e competizione interna fisiologica.

Ci interessa qui sottolineare un aspetto della trasformazione politica che  non è stato finora ben focalizzato e meditato, ovvero che i ‘virus’ inoculati nel sistema politico non hanno solo inciso sul turn over delle leadership (effetto che in sé costituisce un fenomeno positivo, persino auspicabile nelle Democrazie e nelle Organizzazioni democratiche) bensì sono diventati un fattore debilitante del patrimonio genetico.

Come succede con Covid-19 per i corpi ‘sopravvissuti’, essihanno scardinato la struttura di quella che per restare nella metafora che stiamo usando, chiameremo  ‘memoria genetica’ delle Forze politiche le quali, a prescindere dalle cangianti definizioni e dai transeunti Capi  che le guidano, sono supportate da un patrimonio di valori, umanità, conoscenze, competenze, visioni, esperienze  che hanno forgiato i Gruppi dirigenti  ed i militanti, hanno orientato nel tempo le scelte degli elettori.

Ora, immaginate per l’evoluzione del genere umano cosa avrebbe potuto succedere se nelle famiglie alcuni figli avessero  deciso di rinunciare alla ‘eredità genetica’ dei loro genitori per affermare la loro autonomia ed originalità, cioè per rifarsi una vita indipendente e tagliare una seconda volta ed in modo ancor più radicale e con effetti devastanti il cordone ombelicale.

Ripeto, per evitare fraintendimenti: sto deliberatamente usando l’ironia ed una metafora.

Ma è molto concreta la realtà riguardante il processo di dissolvenza in atto nella Politica nazionale, regionale e locale.

Ne ha parlato recentemente Paolo Franchi in un articolo del Corriere della Sera ‘una politica priva di orrore del vuoto’ nel quale afferma che “Colpisce, nel nostro tempo sospeso, la miseria di quello che una volta veniva chiamato, un po’ pomposamente, il dibattito pubblico

Il fatto su cui intendo richiamare l’attenzione è  circoscritto ma, con la sua peculiarità, costituisce la conferma di una fenomenologia di azzeramento della memoria, di disconoscimento dei ‘padri’ che si accompagna all’inaridimento della progettualità politica.

Ne sono i principali protagonisti gli ex Sindaci della Città di Padova che, con una sequenza non casuale, da qualche tempo hanno cominciato ad intervenire sui giornali locali e sui propri blog segnalando la necessità di aprire una riflessione ad ampio spettro sul futuro,  sia per quanto attiene la governance del Comune che del Partito Democratico che ne rappresenta il baricentro.

Sono mossi dalla osservazione critica dei precari equilibri politici della Giunta comunale e dell’anemia di un partito che ha espresso il Sindaco, una figura di rappresentante della società civile, ripetutamente dichiaratosi estraneo (da vecchio ex simpatizzante democristiano) al mondo partitico e con una visione diciamo così ‘originale ed autonoma’, tanto da consentirgli contemporaneamente di tessere un rapporto di stima e  collaborazione con il Presidente Luca Zaia e ‘sganciare’ il proprio vice Arturo Lorenzoni come competitor dello stesso nelle imminenti elezioni regionali.

I testi e le interviste pubblicati, di Ivo Rossi, Settimo Gottardo e – per ultimo – Paolo Giaretta, contengono appelli di assoluto buon senso, analisi circostanziate delle difficoltà e contraddizioni che gravano sulla gestione della politica cittadina, finanche consigli e generose disponibilità a contribuire ad arricchire il dibattito e la progettualità ritenuti necessari per arrestare il declino, testimoniato oltretutto dal deludente posto rimediato da Sergio Giordani nella classifica annuale del gradimento dei Sindaci capoluoghi di Provincia redatta dal Sole 24 Ore.

Fin qui tutto normale, anzi positivo e confortante, segnale di ‘vicinanza’ e partecipazione politica.

Qual è allora la novità?

E’ il silenzio assordante – che ne è seguito – degli esponenti del PD padovano che, con varie funzioni e responsabilità esercitano un pieno controllo della strategia del Partito ovvero che, sarebbe meglio dire,  gestiscono un potere discreto e totale delle scelte politiche ed organizzative che impattano sull’Amministrazionecomunale, sui rapporti con i livelli regionali e nazionali, su alleanze, incarichi ed … altro.

Anche questo potrebbe rientrare nella normalità, anzi costituire la testimonianza che i Giovani ‘insediatisi’ legittimamente ed abilmente nella Struttura di Via Beato Pellegrino (Sede provinciale del PD), possiedono  una discreta lucidità e padronanza dei compiti che hanno assunto.

Ciò che sconcerta, però, è l’assenza di attenzione e di interesse per gli stimoli ed i contributi delle generazioni precedenti quasi che i ‘nuovi inizi’ comportino la cessazione del rapporto con chi ha calcato e dissodato il terreno su cui poggiano i piedi gli ultimi arrivati.

Bisogna dire che i ‘ragazzi della Via Beato Pellegrino’, così come gran parte dei loro coetanei hanno molte ragioni per diffidare diPadri, Nonni e finanche Zii; e sono comprensibili e legittime le considerazioni che uno di loro, Davide Tramarin,  ha espresso sulla sua pagina Facebook: “FARE POLITICA PER UN TRENTENNE (E I DIRITTI?) – Post lungo ma doveroso – 7 luglio”.

D’altronde, come sottolinea con onestà e perspicacia Luciano Violante nel suo libro-intervista Il primato della politica, in particolare nel Capitolo ‘I vecchi e i giovani’: “In ogni caso non c’è dubbio che esiste una frattura generazionale tanto nella società, dove una nuova generazione di non protetti si contrappone a una vecchia generazione di super tutelati, quanto nella politica. Nella nascita della contrapposizione generazionale le precedenti classi dirigenti del Pd hanno avuto una notevole dose di responsabilità. Non si sono occupati del passaggio di testimone, ritenendosi buone per tutte le stagioni. La ‘rottamazione’ è stata la risposta sommaria a un problema effettivo

L’ex Magistrato e Leader politico non affonda il bisturi su colpe e personaggi di un processo di incomunicabilità e decadenza delle relazioni, ma il caso padovano ci può suggerire qualche indicazione…

Per coloro che conoscono la storia politica locale calcata da una vasta platea di personalità con profili di competenza, prestigio e carisma, in esso può trovare una conferma (sconfortante) il  Principio di Peter, una tesi applicata alle  dinamiche di carriera su basi meritocratiche all’interno delle organizzazioni, ed il cui corollario prevede che “Con il tempo, ogni posizione lavorativa tende a essere occupata da un impiegato che non ha la competenza adatta ai compiti che deve svolgere.”

Il declino della cultura e del personale politico di vertice, che oggi esercita funzioni di rappresentanza nell’ambito padovano, però, ha dei sicuri ed accertabili responsabili in alcuni dei vecchi leader che, molto verosimilmente, hanno sottovalutato la Prima delle ‘Cinque leggi fondamentali della stupidità umana’ enunciate nel saggio di Carlo M. Cipolla:

Prima Legge Fondamentale: Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione”.

Con il richiamo a tale affermazione apodittica non mi propongo di dare la caccia ai ‘disattenti’ bensi sottolineare quel ‘ognuno di noi’ che ci indica un percorso metodologico e progettuale da adottare.

In ogni Comunità sociale, il lievito della crescita culturale ed organizzativa è costituito dalla qualità del dialogo tra le sue parti, anche e soprattutto quando sono in conflitto per orientarne le leadership e le scelte progettuali.

Quello intergenerazionale è un passaggio decisivo e deve essere affrontato senza paternalismi e/o atteggiamenti reverenziali: nella vita politico-amministrativa patavina, proprio a partire dalla ricchezza di esperienze, pluralismo e ‘vivacità anagrafica’ che la contraddistinguono, devono essere avviate una ricerca ed un’azione per combattere i virus della separatezza, dell’autoreferenzialità, della semplificazione e della smemoratezza che hanno già prodotto molti effetti nefasti per la salute democratica del Paese.

Dino Bertocco


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