Facciamo lo screening al sistema sanitario

(di Enzo De Biasi)

Due senatori PD, Crisanti ed Irto, presentano una proposta di legge che incide sulla nomina dei Direttori Generali della sanità.
A raffronto la sanità regionale con quella delle altre regioni.
Quando Enrico Berlinguer preannunciò la crisi del “sistema


Il Prof. Andrea Crisanti, virologo eletto in Veneto, assieme ad un suo collega Nicola Irto, architetto eletto in Calabria, entrambi del PD, hanno presentato il disegno di legge nr. 719/2023 che incide profondamente sulle modalità di nomina della governance sanitaria. Lo scopo dichiarato è quello di vincolare la nomina dei manager della sanità, ora affidata dalla legge ai Presidenti di Regione che godono di un’ampia discrezionalità in argomento. I prescelti devono essere iscritti all’elenco nazionale degli idonei al quale si accede con adeguato curriculum professionale e maturata esperienza dirigenziale.

La relazione introduttiva esplicita, da subito, due obbiettivi da cogliere. Primo, che “le scelte relative alla selezione degli organi di vertice – direttori generali, direttori amministrativi, direttori sanitari – devono mantenere, pur nella garanzia della necessaria indipendenza dall’autorità politica, un legame con la comunità territoriale in cui ha sede l’azienda o l’ente del Servizio sanitario nazionale

Secondo, alla Regione resta il potere di nomina finale del D.G. recependo la designazione effettuata a livello locale. La scelta di un’unica candidatura è appannaggio di una commissione valutatrice nominata dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) composta, obbligatoriamente, da rappresentanti delle seguenti categorie: medici, operatori sanitari, associazioni dei pazienti ed il sindaco ove ha sede l’azienda sanitaria. Effettuata la preferenza “Il Presidente della Regione può opporsi alla designazione unicamente per ragioni motivate da “conflitto d’interessi”.

Una rivoluzione copernicana e suggestiva rispetto all’attuale modus operandi. La direzione di marcia è condivisibile, ma dopo una prima veloce lettura, è bene porre all’attenzione alcune questioni cruciali.

Date le competenze di legge oggi assegnate ai Presidenti di Regione, ridurle- in sostanza- ad una mera “presa d’atto” – del manager indicato da una Commissione espressione delle istanze categoriali-territoriali, appare ed è assai problematico. È del tutto evidente lo squilibrio di potere che verrebbe a crearsi, tra chi è stato eletto direttamente a guidare la propria Regione responsabile e delle scelte generali e di quelle particolari che compie, davanti all’intera comunità e chi rappresenta unicamente i desiderata degli operatori di settore e del Sindaco. Inoltre, nella sua veste di legale rappresentate dell’ente, il Presidente per ogni provvedimento di gestione e suo e della giunta, (ivi inclusa la nomina dei vertici aziendali sanitari) può essere chiamato in causa in sede giudiziaria e contabile, da ciascun cittadino avente titolo e che si sente leso in un suo interesse.

L’attuale governance regionale

Stante l’attuale assetto istituzionale, i Presidenti di Regione agiscono nel rispetto di un percorso ben definito in grado di garantire, anche, il rapporto fiduciario verso chi vanno a nominare. In ogni caso, se in ipotesi, l’iter finora seguito è da modificare e/o integrare sarà il Parlamento ad intervenire; il primo step è del PD nazionale nel far suo il ddl 719/2023. Sulla procedura di nomina della governance sanitaria, le regioni in sede nazionale, hanno concordato la possibilità di effettuare un primo screening degli idonei iscritti all’elenco nazionale istituendo in ogni regione un’apposita commissione tecnica. Nulla vieta che per ciascuna ULSS ed Azienda Sanitaria, operi anche una Commissione composta dalle categorie previste dal ddl nr. 719/2023, che avvalendosi della lista dei candidati già scrutinati in sede regionale, in Veneto la rosa è stata di 101 candidature per 13 incarichi da affidare, esprima una propria candidatura da sottoporre per la scelta finale ai Presidenti di Regione. L’apporto territoriale sarebbe così valorizzato all’interno di una procedura già esistente ma perfezionabile, utile per una visione più dettagliata di chi è preposto al vertice dell’organizzazione e gestione del Servizio Sanitario Regionale (S.S.R), in sede locale.

D’altro canto, occorre sempre tener presente che:

  1. il S.S.N. (Servizio Sanitario Nazionale affidato alle Regioni) è finanziato per intero dallo Stato. Il Governo in carica nell’approvare i documenti di programmazione economica per il periodo 2022-2025, ha leggermente rivisto al ribasso l’incidenza sul PIL (prodotto interno lordo) della sanità pubblica. Le risorse economiche disponibili per l’anno corrente sono 131, 726 miliardi di € pari al 6.6 del PIL poco sopra la spesa media U.E, 6.4 ma al di sotto di 3 punti della Germania 9.9 e di 2,8 rispetto alla Francia, 9.4.
  2. Nei trasferimenti dallo Stato alle Regioni, l’assistenza sanitaria rappresenta la maggiore voce d’entrata nei rispettivi bilanci.

Disavanzi e disuguaglianze

Il recente rapporto della Corte dei conti (analisi del periodo 2019-2022), ha evidenziato come la spesa sanitaria continui a crescere più delle entrate nella maggior parte delle Regioni (16/21). Infatti, la maggioranza ha in conti in rosso o profondo rosso, provocando un disavanzo per poco meno di 1 miliardo e 470 milioni nel 2022, nel 2020 è stata di circa 800 milioni e nel 2021 di 1 miliardo e 25 milioni. Le disuguaglianze territoriali sono aumentate, così che – a seconda della propria residenza abituale- il cittadino gode di trattamenti sanitari molto differenziati. I Presidenti di Regione che si trovano in questa situazione potevano (avrebbero potuto) utilizzare l’addizionale IRPEF regionale. Sembra che questa, seppur limitata leva di “autonomia fiscale”, non sia stata applicata; molto più semplice batter cassa a Roma chiedendo il ripiano del disavanzo invece che far pagare il deficit ai cittadini regionali. “Ragionateci sopra!”, appropriandosi di un intercalare di Luca Zaia.

Se quindi il 76% di questi enti non si assume -in concreto- la responsabilità della spesa; tanto varrebbe che il SSN non sia frammentato in 21 modelli molto diversi, quanto piuttosto assicuri standard minimi lungo tutta la penisola. Del resto, le forze politiche che auspicavano prima l’indipendenza ed ora la c.d. “’autonomia rafforzata”, sono in sala d’attesa da oltre un trentennio. Finora, nulla è successo.

Focalizzando l’attenzione sul Veneto è apprezzabile che la Regione sia nel gruppo di testa con i conti in ordine, non avendo splafonato sul budget assegnato. Attestato il merito del Governatore e del management scelto, occorre segnalare alcune tendenze che possono mettere in discussione l’equilibrio fin qui mantenuto. Il risultato di esercizio, l’indicatore che misura la differenza tra le entrate previste dallo Stato per la copertura dei LEA (livelli essenziali di assistenza) e le spese sostenute per la sanità, presenta per il Veneto un utile che va decrescendo da un più di 29.4 milioni nel 2019 a poco più 7,1 milioni nel 2022 Questo dato va letto assieme all’aumento della spesa sanitaria pro-capite calcolata sui residenti stabili – al netto del “turismo sanitario”, i cittadini che vengono qui a curarsi da altre regioni- che aumenta dai 1.960 € del 2019 ai 2.290 € del 2022, al di sopra della media nazionale fermatasi a 2.241 €. Sarà interessante osservare a consuntivo 2023, se il risultato d’esercizio è ancora in leggero attivo oppure tende al disavanzo. Il Veneto, a marzo 2023, risulta creditore verso lo Stato di ben 8 milioni e 395 mila € per il 2022, poiché -diversamente da altre Regioni- non è stato in grado di rendicontare in toto il finanziamento ricevuto, fermandosi all’80%. Il mancato utilizzo del 100% di quanto conferito, riguarda principalmente l’efficienza (o l’inefficienza) dell’area amministrativa, con ricadute sulle possibilità di aver migliorato e/o incrementato i servizi offerti l’anno scorso.

Una lettura critica delle prestazioni

Venendo all’area sanitaria, il Veneto è in buona posizione, per le prestazioni ambulatoriali, quelle ospedaliere ed altro ancora. L’unica criticità sono gli screening, vale a dire il recupero sulle liste d’attesa in relazione ai target nazionali previsti. La Regione si attesta al 71 % delle prestazioni e al 63% degli inviti sul programmato. Nel Nord Italia, la media registrata è un 91% rispetto al primo dato ed un 95% rispetto al secondo, la differenza con il Veneto ha un meno 21% sul primo ed un meno 32% sul secondo; della serie procediamo ma al rallentatore. L’impressione è che in Veneto, negli ultimi anni, si è avuta una proliferazione di strutture convenzionate assieme ad un incremento delle autorizzazioni concesse per l’esercizio delle attività libero-professionali dei medici, dipendenti dalle 9 Ulss o dalle 2 Aziende Sanitarie. Il cittadino non preso in carico dalle unità pubbliche ma che necessita di un consulto o di un intervento, deve pagare il ticket se si avvale dell’intra-moenia in ospedale e nei servizi esterni convenzionati oppure sborsa molto di più se si rivolge ad un medico/clinica privata. In argomento, vale la pena di leggere la sentenza della Corte di Cassazione nr. 19129/2023, che ha confermato il reato di truffa per il medico che, autorizzato all’attività intra moenia percepisce l’indennità di esclusiva, ma visita in studi privati. Si sa l’Italia non è un Paese normale, ma un cittadino rimane sempre stupito e triste quando occorre arrivare all’organo supremo di giurisdizione per veder applicato un criterio di buon senso.

Venendo poi al ticket, esso è uguale per tutti poiché è collegato alla prestazione ma non al reddito denunciato avanti al fisco, di conseguenza accentua le disparità tra cittadini. Infatti, ricade pesantemente su pensionati con meno di 900,00 € al mese, su lavoratori dipendenti con entrate da 15.000,00 € a 23.000 € annui con un‘aliquota fiscale del 23%, mentre incide di meno sui lavoratori autonomi e professionisti, i quali scontano un’aliquota del 15% (5% per le start up nei primi 5 anni) fino a 65.000,00 € di ricavi nel 2022, elevati ad 85.000,00 per il 2023. Da una rilevazione pubblicata alcuni giorni fa, risulta che gli italiani spendono di tasca propria in tutto od in parte per prestazioni non coperte dal SSN, quasi 40 miliardi (meno di un terzo del trasferimento statale alle regioni), pari al 2.2% del PIL. Inoltre, oltre un terzo dei cittadini (33,3%) ha dovuto rinunciare alle cure e/o a interventi necessari per l’indisponibilità delle strutture pubbliche a causa delle liste d’attesa. Una via d’uscita è aumentare gli stipendi ai medici, i più bassi in Europa, confermare il rapporto esclusivo senza alcuna deroga verso il privato.

Infine, il Consiglio Regionale, secondo organo eletto direttamente dal popolo votante avvalendosi di un adeguato supporto tecnico, potrà (se vorrà) analizzare per ciascuno dei 13 centri di spesa regionali i rispettivi consuntivi dal 2019 al 2022, approfondendo chi è più virtuoso nell’avanzo di amministrazione, chi rendiconta di meno, chi ha le liste d’attesa più lunghe e quali sono stati gli incassi da ticket in ospedale.

‘Spoliticizzare’ le nomine: questione antica

Il DDL Crisanti- Irto nel tentativo di “spoliticizzare” le nomine del vertice sanitario locale, ri-scopre un problema mai risolto dalla partitocrazia a livello nazionale. La memoria ritorna a quanto dichiarò Enrico Berlinguer intervistato da Eugenio Scalfari il 28 luglio 1981, ecco uno stralcio.

“Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana (Scalfari).
“È quello che io penso”. (Berlinguer)
Per quale motivo?
“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. “ed ancora “Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica”.

L’allora segretario del Partito Comunista Italiano (P.C.I.), uomo stimato anche al di fuori del suo partito, nell’intervista preconizzò la “crisi del sistema” che arrivò con la fine del bipolarismo USA-URSS. Significativamente “La Repubblica” intitolò la conversazione “I partiti? Solo potere e clientela“.

Qualche partito del tempo, 42 anni or sono, colse il grido d’allarme? Nessuno, a partire dal PCI, oggi co-fondatore del PD.

E prima bisogna democratizzare i Partiti

Sull’altro versante, è “sceso in campo” un imprenditore da subito capo del partito “Forza Italia” che ora rischia di passare dal regime monarchico – il fondatore era anche proprietario e decisore supremo- a regime teocratico. Alle europee del prossimo anno, nel simbolo del partito rimarrà il cognome Berlusconi, che con il suo spirito collaborerà a guidare e convincere l’elettorato.

In tutto il mondo, solamente in Corea vige una teocrazia governante. Infatti, in questa nazione a seguito di adeguate modifiche costituzionali, dopo la morte di Kim II Sung avvenuta nel 1994, è stata creata la carica speciale di “Presidente eterno”, mentre il figlio, deceduto il 17 dicembre 2011, è stato nominato “Segretario Generale eterno”. In realtà, il Paese è uno stato totalitario di stampo stalinista, secondo i principi ideologici della Cina ai tempi di Mao Zedong.

Qui in Italia, dissolta la partitocrazia della prima Repubblica, la seconda è operante con partiti “liquidi” in cui i Capi e la loro cerchia più ristretta decidono le liste di chi si deve presentare alle differenti elezioni possibilmente nei collegi elettorali dati per vincenti.

A leggere l’art. 49 della Costituzione vigente dal 1948, in una riga e mezza afferma che Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Perché, dopo 75 anni, il Parlamento non ha mai trovato il tempo di legiferare e dare attuazione a predetto articolo definendo e limitando l’ambito d’azione dei partiti che “concorrono” quindi non in via esclusiva ad attribuire gli incarichi nelle istituzioni pubbliche? Cosa significa con “metodo democratico” da far valere in primis all’interno di ogni singola forza politica e tantopiù all’esterno?

Enzo De Biasi


Fonti consultate:

Disegno di legge nr. 719/2023

Studi ed analisi tratti da “Quotidiano Sanità”

Comunicati Stampa Giunta Regionale

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Risultati Ricerca Eurispes

Scalfari intervista a E. Berlinguer

https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=114188

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https://www.regione.veneto.it/article-detail?articleId=13534296

https://www.regione.veneto.it/article-detail?articleId=11083018

https://eurispes.eu/news/termometro-della-salute-rapporto-sul-sistema-sanitario-eurispes-ed-enpam-presentano-i-risultati/

https://www.studiocataldi.it/articoli/45847-truffa-per-il-medico-in-intra-moenia-che-visita-in-studi-privati.asp

https://www.repubblica.it/dossier/cultura/enrico-berlinguer-/2019/06/09/news/_i_partiti_solo_potere_e_clientela_cosi_berlinguer_lancio_l_allarme