Elezioni USA. Un cattivo esempio?

(di Corrado Poli). Osservare lo show democratico americano e rivalutare il sistema politico italiano

L’imperfetto sistema italiano è riuscito a garantire una maggiore stabilità rispetto ai perfettissimi sistemi anglosassoni svuotando gli estremismi con un’efficienza nemmeno lontanamente paragonabile ai modelli inglesi e americani” – CLAUDIO CERASA, il Foglio 06 NOV 2020


Dagli Stati Uniti prendiamo esempio da ormai un secolo per quasi tutto e per la democrazia da due secoli e mezzo. Tutto quello che è arrivato dall’America è stato guardato con attenzione, talora con ammirazione e sovente lo si è imitato.

Abbiamo mutuato persino centinaia di termini che usiamo regolarmente nelle nostre lingue. Continueremo a prendere esempio anche dopo il pessimo spettacolo che la politica americana sta offrendo a tutto il mondo in questi giorni?

Da una parte Trump esce dagli schemi e manca di rispetto alle istituzioni democratiche in modo pesante, esaltando il personalismo e fomentando odio e arroganza. Dall’altra, non è per nulla inverosimile supporre che il forte establishment democratico, con l’aiuto dei conservatori più moderati e dei media mainstream, abbia in qualche modo manipolato le elezioni per eliminarlo.

La politica americana è corrotta da sempre, ma finora si era riusciti a lavare i panni sporchi in casa. Gli scandali, gli imbrogli, i colpi bassi erano stati tenuti sotto controllo affinché il popolo americano e gli altri popoli potessero guardare ancora con ammirazione alla “più grande e migliore democrazia del mondo”.

Ricordiamo la Florida contesa tra Bush e Gore con quest’ultimo che rinunciò a fare un ricorso legittimo per evitare un ritorno alle urne e conservare la fiducia nel sistema. In altre parole, si misero d’accordo di non proseguire nel contenzioso cosa a cui probabilmente sarà costretto anche Trump, ma insinuando molti più dubbi che non lasceranno nulla come prima.

In questi cinque anni (uno di campagna elettorale e quattro di presidenza) Trump ha troppo spesso messo in discussione la pur solo apparente lealtà della competizione politica.

Le sue provocazioni, il linguaggio aggressivo e imprudente hanno creato le condizioni perché ovunque si siano sollevate proteste e contro-proteste di piazza fino ad arrivare all’abominevole assedio del Campidoglio nel Michigan.

Anche ora, durante le elezioni e il successivo spoglio, i media riportano centinaia di piccole e grandi proteste faziose e violente. Non era mai successo in Occidente qualcosa di simile da molto tempo. Si fosse trattato di un altro Paese, si sarebbe gridato allo scandalo e sottolineata la superiorità occidentale.

La decadenza della vecchia democrazia americana potrebbe precedere quella delle più giovani democrazie europee. Le avvisaglie ci sono tutte. I cittadini credono nei leader anziché nelle istituzioni che non si sa per quanto tempo potranno ancora resistere.

Conosco gli Stati Uniti per averci vissuto e lavorato a lungo. Anche se la mia prospettiva è quella limitata delle università, da studioso di geografia urbana e società ho cercato di studiare e comprendere le comunità urbane e rurali locali.

La mia impressione (non uno studio rigoroso, ma abbastanza attendibile diciamo così “giornalisticamente”) è che il livello di corruzione, il potere concentrato degli oligarchi e in generale il degrado democratico della politica federale, statale e delle grandi città sia notevolmente peggiore che in Italia e in Europa.

Su questa via purtroppo stiamo regredendo anche noi. Invece, a livello di comunità locali, di organizzazioni minori (quali le università che conosco bene, ma anche gli ospedali, le varie associazioni, le scuole, le religioni ecc.) il rispetto che i cittadini hanno per loro stessi, la convinzione dei loro diritti e del loro protagonismo politico consente una migliore attuazione di una reale democrazia, almeno in un buon numero di luoghi e contesti.

In questo la democrazia americana è ancora un buon esempio per tutti. I cittadini continuano a votare per numerosi referendum (anche il 3 novembre hanno votato per molte cose, non solo per il Presidente che ha occupato ovviamente l’attenzione internazionale perché delle votazioni del distretto scolastico di Towson, Md. o della nuova lottizzazione a Coconino County, Az. a noi non importa nulla) e per cariche che da noi sono assegnate tramite nomine (p.e. pubblici ministeri e sceriffi, più o meno come se noi votassimo per il capo della polizia locale o per il Preside della scuola dove va nostro figlio, oppure, in certe confessioni cristiane, i fedeli votano per eleggere il parroco e il vescovo). Per non parlare dell’ampia autonomia che ogni comunità (contea, comune, distretto scolastico) ha di organizzarsi e votare come crede. Questo porta anche a situazioni talora incresciose (in alcuni luoghi le mafie controllano tutto), ma nella maggioranza, ad altre molto virtuose da cui prendere esempio.

In questo i principi della democrazia americana non si sono ancora esauriti. Per il resto, il sistema politico americano non è più aperto di altre oligarchie che vengono disprezzate da noi occidentali e giustificano ingerenze, guerre e bombardamenti in nome della nostra non provata superiorità morale.

Pensate solo cosa avremmo pensato se in Iran o in Russia si fosse votato nell’arco di un mese, se per votare ci si fosse dovuti registrare indicando il partito di appartenenza, si fosse votato mentre si tenevano comizi e tafferugli fuori dei seggi, si fossero inviate le schede per posta e se dopo tre giorni ancora non si fosse finito di scrutinare.

In altri Paesi tecnologicamente meno evoluti, per votare basta un click e in Italia sappiamo il risultato dei ballottaggi la sera stessa! E pensate se un candidato avesse sollevato l’ipotesi di possibili brogli durante le operazioni di voto.

No, non dobbiamo prendere esempio dagli Stati Uniti d’America: non più, purtroppo, ed è un problema non da poco perché mette a repentaglio molte delle nostre convinzioni e istituzioni.

Corrado Poli