Crac Banche: il FIR diventa sempre più un miraggio, zero euro ai truffati veneti

La caporetto della legge 145 e la dèbacle delle associazioni che tutelano gli azzerati

Giovedì 16 luglio, il Senato della Repubblica ha definitivamente convertito in legge il Decreto Rilancio, (D.L. nr. 34/2020) che all’art. 175 bis consente di velocizzare le procedure di esame delle richieste d’indennizzo da farsi ex-post anziché ex-ante in relazione al patrimonio mobiliare, ma non anche per quanto concerne le dichiarazioni dei redditi dei truffati che hanno presentato domanda al Fondo Indennizzo. Resta, peraltro, incerta la tempistica sull’adozione di questo quarto Decreto Ministeriale che dovrà recepire una proposta concordata tra Commissione Tecnica, Agenzia delle Entrate e Garante per la protezione dati personali. More solito, molte delle misure non saranno immediatamente operative, infatti la nuova legge porta a corredo ulteriori decreti e atti da emanare. Sono infatti oltre 150 i provvedimenti attuativi previsti dalla norma e di questi solo 15 sono stati già emanati dai rispettivi ministeri e tra quelli mancanti c’è anche quello pro-risparmiatori danneggiati che, va da sé, sarà in Gazzetta al più presto.

A proposito di atti e norme che i governi a guida grillina, hanno dovuto aggiungere per rendere percorribile almeno sulla carta – ma senza far arrivare i soldi in tasca ai truffati- la legge nr. 145/2018, vanno segnalati ulteriori 4 interventi legislativi: Decreto “Crescita” 2019, Legge nr. 160/2019, Decreto “Cura Italia” e quindi quello “Rilancio” appena sfornato. Per far conoscere alla platea dei danneggiati dalle banche il da farsi per ottenere l’indennizzo, sono stati necessari ben 3 decreti ministeriali datati:10 maggio, 08 agosto, 22 agosto anno 2019, poco noti anche agli addetti ai lavori che -come si usa dire- rappresentano gli interessi dei gabbati. Tale copioso versamento di procedure e codicilli contorti e farraginosi che disciplinano il mitico “F.I.R.-Fondo Indennizzo Risparmiatori”, non ha ancora colto nel segno; la ragione è banale “causa della burocrazia” che applica le regole scritte dal legislatore pentastellato. Il quesito è complesso, ma la risposta è semplice, dove sta e di chi è il problema?

Infatti, dopo otto flussi e riflussi di taglia e cuci sulla decantata legge nr. 145 di conio penta leghista, sono in rampa di lancio e l’ultimo comma inserito nel mese corrente ed un possibile quinto decreto per “elevare il patrimonio mobiliare fino a 200 mila €” a condizione che l’Unione Europea assenta. Trattasi di un carteggio intercorso tra soggetti pubblici, Governo italiano ed Unione Europea, sul quale hanno svolto interpellanze a gennaio 2019 i parlamentari Ferrazzi (Pd) e Zanettin (Fi) e nel Conte-2 con il Pd subentrato al posto della Lega, anche il Presidente del Comitato “Don Torta” a novembre 2019 verso il Ministro dell’Economia (Pd), con esito negativo. L’accesso agli atti, la conoscenza degli stessi e la divulgazione del carteggio è stato contestato agli eletti in Parlamento dall’Avvocato del popolo nella sua veste di Presidente del Consiglio dei ministri. La trasparenza è per i 5 stelle uno specchietto per le allodole in campagna elettorale, ma non oltre. Se, viceversa, Giuseppe Conte riceve a Palazzo Chigi per due ore Davide Casaleggio della ditta Casaleggio e richiesto sul perché ed a che titolo un (1) imprenditore debba essere accolto in una sede istituzionale prestigiosa la risposta è lapalissiana, trattasi di “Casaleggio Davide”. Ovvio, “uno vale uno” simpatico e simbolico slogan grillino, evidentemente ed alla prova dei fatti però, c’è sempre qualcuno che vale più di uno.

Come noto, il F.I.R. ha un suo predecessore nel Fondo Ristoro varato dal Governo Gentiloni nel 2017 legge nr. 205, che però non vide mai la luce. In questa legge era previsto per l’operatività del fondo un (1) unico decreto attuativo, mai adottato in quanto chi risultò vincitore nel marzo 2018, in particolare i 5 stelle, si oppose nella commissione bicamerale che resse la transizione dal precitato esecutivo al Conte 1 poi insediatosi il 1° giugno. Davvero profetica ed acuta la motivazione usata per giustificare il diniego all’adozione del c.d. decreto “Baretta” inviata alle stampe il 18 aprile 2018 dal Presidente del Comitato Don Torta che dopo aver criticato pesantemente il terzetto di parlamentari veneti con casacca PD ovvero Baretta, Puppato e Santini per la succitata norma, affermava “Cari Risparmiatori …… ………se anche passa un altro mese e facciamo le cose per bene cosa cambia?” Indubitabilmente, il già mancato onorevole pentastellato Andrea avv.to Arman, ha visto più in là di tutti: nulla è cambiato. Invece che una legge ed un decreto, ci sono stati 2 leggi, 3 decreti-legge, 3 decreti attuativi (per il momento), ma “i bessi” -come dicono a Venezia- non si ancora sono visti. Spassose sono state le uscite dell’allora Capo dei 5 stelle a Vicenza il 9 febbraio 2019 assieme all’altro leader leghista in qualità entrambi di Vicepremier, quando con la consueta sicurezza, certezza e consapevolezza l’On.le Luigi Di Maio affermò “entro questa settimana faremo il decreto ed erogheremo i soldi” A parte che la legge nr. 145 appena varata a dicembre 2018 ne indicava 3, ma questo è un dettaglio di poco conto ad uso e consumo di chi è abituato a leggere ciò che il Parlamento fa, resta il dato che i truffati accorsi numerosi al palasport si sono sentiti rincuorati e proprio per questo a luglio 2020 stanno sereni. La stessa pochade è andata in onda a gennaio 2020, sempre a Vicenza, con la presenza in spirito del già citato leader grillino nel frattempo divenuto Ministro degli Esteri, una volta evocato per nome e cognome dall’impareggiabile Ugone ha ottenuto un forte scroscio di applausi dai danneggiati, non ancora indennizzati. Non resta che attendere la terza apparizione, in via fonica o televisiva od in presenza fisica, per festeggiare ciò che finora non è successo. In ogni caso, gli applausi dei truffati sono comunque assicurati, come è in uso nei talk show mediatici.

Tornando invece alla triste realtà, il Senato della Repubblica in data 06 agosto 2018, all’unanimità, votò il differimento del termine del c.d. unico decreto della 205/2017 dal 31 marzo al 31 ottobre 2018 che peraltro avrebbe permesso un rimborso fino al 100% del danno subito dagli azzerati. A settembre dello stesso anno in sede di conversione del “mille proroghe “d’annata, vennero introdotte dal Governo Penta Leghista quelli che sarebbero diventati i paletti fondativi ancor oggi vigenti: rimborsabilità fino ad un limite massimo del 30% di quanto perso e patrimonio mobiliare non oltre la soglia dei 100 mila euro con canale preferenziale semiautomatico.

Sorprendente ed inusuale quanto poi è accaduto.

Tutte le associazioni dei truffati, ripartite tra quelle di derivazione nazionale (Federconsumatori, Codacons, , Adiconsum, altre), sia quelle locali ( comitati pro singole banche tipo Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Cassa di Risparmio di Ferrara , altre) sia quelle capitanate dagli stessi avvocati che avevano raccolto migliaia di deleghe per patrocinare i gabbati avanti la giustizia penale e civile e sovente perfino presidenti di comitati no-profit, approvarono ed applaudirono questa pesante decurtazione del danno subito pari a meno 70 per cento rispetto al 100% chiesti e promessi in campagna elettorale, soprattutto dalla propaganda grillina. Tutti quieti e plaudenti, un perfetto accordo tra governanti e potenziali beneficiari, stupefacente consonanza tra carnefici e vittime delle frodi bancarie. A nessuno venne in mente di sfruttare il voto unanime del senato e partire dal mese di novembre 2018 con le procedure di rimborsi ai truffati, migliorando -cammin facendo- eventuali lacune riscontrate. Applicati i suddetti “paletti” alle domande giacenti e bloccate presso ACF/Consob, risultò che la dotazione finanziaria in dotazione pari a 25 milioni è stata più che abbondante. Vennero perfino risparmiati dei soldi, i truffati hanno donato all’erario ben 14 milioni non a loro distribuiti, per una scelta condivisa da loro stessi. Una generosità encomiabile! Viceversa, del tutto strumentali si rilevarono le accuse che “i soldi stanziati erano pochi”; i fatti hanno dimostrato il contrario. Di questi tempi, gli accadimenti ed i dati contano poco; importante è “il comunicato ed il percepito” tutto il resto è noia. Superfluo rammentare che a luglio 2020 i soldi sarebbero già stati incassati dagli azzerati utilizzando altresì la provvista 2019, dicasi 525 milioni di € non utilizzati. Ma così non è stato, causa l’opera di continuo rammendo della legge nr. 145/2018 censurata dall’Unione Europea che -invece ed a contrario – aveva approvato la 205/2017. Altro elemento fattuale non considerato dal duo cinque Stelle-Lega pro-tempore al governo del Paese.

In effetti con la finanziaria per il 2019, il medesimo esecutivo che a settembre 2018 aveva insediato l’Arbitro per le Controversie Finanziarie, dimostratosi efficiente, ebbe un’altra pensata. ACF/Consob è spazzato via e sostituito da una Commissione Tecnica aiutata da Consap, società in house del MEF pesantemente criticata dalla Corte dei conti proprio nella gestione dei “conti dormienti”, alla quale è garantito un corrispettivo di 12,5 milioni di € detratti dal FIR e di conseguenza non più disponibili per i risarcimenti. Le decisioni assunte da ACF in merito alle istanze presentate e quindi liquidate nei conti correnti ai truffati hanno comportato soli 286 giorni, recependo quasi in toto la richiesta di danno patito rispetto al lodo riconosciuto. Era ed è una procedura snella e certa nei tempi di assolvimento, oltre che nei risultati riscontrati. Viceversa, la creatura deforme partorita dalla 145 e conseguente “procedura FIR” per la raccolta delle domande ha consumato 301 giorni, 22 agosto 2019-18 giugno 2020, concludendo unicamente il primo step, mancandone molti altri.

Le rappresentanze dei truffati soddisfatte di aver ottenuto un ribasso sostanzioso delle loro richieste ovvero il 30% da tempo codificato, trascorsi due anni senza poter esibire uno straccio di centesimo arrivato nelle tasche dei propri iscritti hanno insistito nel chiedere l’anticipo del 40% del 30% , ossia un’elemosina di stato pari al 12% del patrimonio svaporato, seguendo il motto “ piuttosto di niente è meglio piuttosto”. Portare a casa un 12% è perfino al di sotto di ben 3 punti della risicata percentuale fissata al 15% dai bancarottieri nostrani nel 2017, che tanto aveva fatto gridare allo scandalo i capi delle associazioni. Evidentemente essendo tutti in assenza di ossigeno, hanno preferito aggrapparsi a questo mezzuccio degno di Achille Lauro, sindaco e politico di origine campana tale e quale Luigi Di Maio. L’esecutivo in carica -sempre a trazione grillina e come accadde nel 2018- ha colto l’assist che lo aiutava a trarsi d’impiccio e con l’art. 50 del già citato decreto-legge “Cura Italia” ha ottemperato alla bisogna. Ma anche in questo caso, il conteggio del dare ed avere pro-truffati non è stato sufficientemente sviscerato.

Dai dati resi noti dalla Commissione Tecnica del MEF, risulta che su n.144.245 domande di indennizzo regolarmente presentate al FIR, ben 98.385 sono quelle provenienti da Banca Intesa San Paolo (cessionaria di Banca Popolare di Vicenza in L.C.A. e Veneto Banca in L.C.A.) e con ogni probabilità buona parte di queste sono state prodotte dagli stessi che aderirono all’offerta di transazione pubblica lanciata dai due istituti. Ebbene a costoro, in base alla procedura vigente che vede in sottrazione l’eventuale il rimborso già ottenuto rispetto all’obolo di stato, nulla spetta. Poniamo l’esempio di un azzerato che ha già avuto un ristoro del 15% su un valore di 50.000,00 € ed ha già incassato 7.500,00 €; con la procedura FIR spetta il 12% che calcolato sulla medesima cifra, sono 6.000,00 €. Conclusa questa fase, la cui durata è ancora molto incerta rispetto al momento dell’effettivo incasso, egli non avrà nessun accredito. Ciononostante, la sua richiesta dovrà essere inviata per la verifica ex-post all’agenzia delle entrate per la parte mobiliare, mentre per la dichiarazione dei redditi lo stesso ufficio ha a sua disposizione -come di consueto- 5 anni per un’analisi più approfondita. L’inoltro è del resto obbligato considerato che il richiedente sarà preso in considerazione per la seconda parte della lotteria di stato, quella che gli dovrà riconoscere il rimanente 18%. Negli anni a venire, egli potrà percepire altri 9.000,00 € ridotti a 7.500 considerato l’acquisito. Allo stesso tempo restano, in ogni caso, a suo carico le parcelle dell’avvocato se si è costituito in sede penale e/o civile e l’eventuale corrispettivo se si è fatto aiutare per redigere la domanda al FIR. La cifra indicativa di 50.000,00 € di patrimonio mobiliare, è stata scelta in quanto costituisce il limite massimo cui la norma accorda una preferenza per la liquidazione avanti le altre, ben sapendo che per gli importi di valore inferiore il netto in tasca è stimabile in pochissime migliaia di €; presumibilmente insufficienti per far fronte ai servizi legali ed a quelli amministrativi resi.

L’On.le A. Villarosa che segue da anni la vicenda in una delle sue ultime esternazioni lamenta che alcune pratiche di rimborso al FIR “preparate da alcune associazioni sono arrivate incomplete, errate e preparate in modo precario”. Ebbene, invece che buttare la polvere sotto il tappeto, sarebbe più corretto e trasparente rendere edotta la pubblica opinione ed i truffati di quante pratiche corrispondenti ai criteri anzidetti sono state “prodotte” da ciascuna associazione inadempiente; dato che la finestra per la raccolta “istanze” è durata più di dieci mesi. Una volta tanto chi ha saputo lavorare in termini professionali e competenti, sarebbe gratificato in pubblica piazza. Pregevole poi l’intento di sostituirsi agli inidonei, epperò è da dubitare che -stante le attuali procedure ed in assenza di risposta da parte di chi deve integrare la documentazione entro i termini previsti- le pratiche saranno complete e completate fatto salvo il rigetto della richiesta per il momento sospesa. Infine, resta da sottolineare, che una volta approvato un piano di riparto semestrale o una sua articolazione ridotta, rimangono ulteriori passaggi da concretizzare. Infatti, diversamente da ACF/Consob non spetta al MEF/Commissione Tecnica liquidare, quanto piuttosto al Dipartimento del tesoro versare a Consap il totale della somma approvata che -a sua volta accertata l’entrata e l’uscita delle risorse economiche- versa a ciascun funzionario delegato il quantum e costui -da ultimo – emette il bonifico al titolare della domanda accettata. Facile comprendere che questi ulteriori passaggi, non sono contestuali ed istantanei con le decisioni della C.T., ma prenderanno altro tempo.

In conclusione, gli organismi di rappresentanza degli azzerati dopo anni di battaglia hanno conseguito un discreto risultato il 12% ovvero un meno 88%, rispetto a quanto andavano chiedendo nella campagna elettorale del marzo 2018. I truffati, spiace dirlo, sono rimasti gli stessi che applaudivano i vari Consoli e Zonin allorché presentavano bilanci taroccati ed azioni super-valutate e che ora sono in attesa di ricevere l’elemosina, se e quando potranno averla.

Enzo De Biasi