Zamagni: “Quel documento è un atto d’accusa alla politica”

(di Stefano Zamagni). Per il professore il documento delle duecento società quotate americane rappresenta «un atto di denuncia nei confronti della politica. Se sono le imprese oggi a fare quello che dovrebbero fare i partiti quello che è messo in dubbio è la democrazia. Questo documento rappresenta la più forte e potente denuncia nei confronti della politica che finora si è lasciata manipolare»

Duecento tra le principali aziende di Wall Street e colossi finanziari, da Jp Morgan ad Amazon, da BlackRock a General Motors, hanno reso pubblico un documento in cui sostengono che per creare valore di lungo periodo, le aziende non devono solo portare dividendi ai propri azionisti, costi quel che costi. 

La notizia circolata e veicolata ieri non giunge come un’autentica sorpresa perché era da tempo che quel contenuto girava negli ambienti della grande impresa americana. Ricordo che all’inizio dell’anno che Larry Fink, ad di BlackRock, già aveva anticipato lo stesso contenuto.

Quello che si sostiene in quel documento è però qualcosa che è legato ad un errore teorico della scienza economica iniziato negli anni 70 del secolo scorso. In particolare legato ad un articolo del 1976, di prestigiosi economisti, poi creduti da tutti, in base al quale la massimizzazione dei profitti era da indicare come obiettivo delle imprese perché questo avrebbe significato una razionalizzazione dei processi produttivi e l’uso efficiente delle risorse. Tutti hanno finito col crederci.

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titolo originale: Zamagni “Quel documento è un atto d’accusa alla politica”
autore: @Stefano Zamagni (21 agosto 2019)

fonte: Vita