L’ombra lunga di…Lombroso. Recensione del libro di Giuseppe Gangemi

Recensione del libro del prof. Giuseppe Gangemi sulla diffusione dei pregiudizi (Nord vs Sud) e la debolezza della scienza empirica ottocentesca, concause della democrazia debole di un Paese che a tutt’oggi è gravato dall’incompetenza, dall’incomprensione e dalla disinformazione nel dibattito e nell’opinione pubblica

L’ultima fatica di Giuseppe Gangemi, il libro “Stato carnefice o uomo delinquente. La falsa scienza di Cesare Lombroso“, pubblicato da Addictions-Magenes Editoriale (novembre 2018), rappresenta una pubblicazione davvero straordinaria per la profondità dello scavo negli Archivi e l’originalità interpretativa dell’opera di Cesare Lombroso.
Lombroso, tra l’altro, è lo studioso italiano più noto all’estero che, paradossalmente, risulta non essere stato un vero scienziato perché nella sua cospicua e lunga attività di ricercatore e divulgatore ha usato metodi più vecchi di quelli dei suoi predecessori ed ha consapevolmente imbrogliato nella presentazione dei propri dati.

Come viene illustrato e brillantemente dimostrato nei dodici capitoli del libro non tiene protocolli di ricerca, a differenza del craniologo Samuel George Morton, vissuto una generazione antecedente, che li tiene accuratissimi.

Egli, che si definisce ricercatore sperimentale, si rivela incompetente nell’utilizzare i canoni della logica di John Stuart Mill che sono gli stessi che Darwin applica alla Biologia.

Inoltre, ricorre a degli evidenti trucchi per far sembrare alcuni dati empirici, che smentirebbero sue teorie, come compatibili con esse.

Così, utilizza in modo ambiguo il caso del Maresciallo d’Ancre per suggerire che i briganti meridionali esibiscono forme di cannibalismo sociale; per lo stesso scopo utilizza le mistificazioni della propaganda dell’Esercito sabaudo per affermare, malgrado le prove processuali contrarie, che anche a Palermo nel 1866 ci sono stati casi di cannibalismo sociale.

Infine, produce una falsa immagine di Salvatore Misdea per rappresentarlo come rispondente alle caratteristiche che, a suo dire, presenterebbero i criminali atavici.

Nel suo percorso di manomissione e mistificazione della realtà giungerà a teorizzare l’esistenza delle due razze, che egli usa per distinguere i Settentrionali dai Meridionali, manifestando nel contempo che la Patria che egli sente realmente come sua è una Patria Alpina-Padana.

Infatti, malgrado teorizzi l’esistenza di due razze, egli sostiene sempre che unico e legittimo è lo Stato italiano ed è sempre pronto a schierarsi dalla parte di quest’ultimo, cioè dalla parte delle classi dirigenti che lo dirigono e lo governano.

C’è da rabbrividire nello scorrere le pagine in cui l’autore ‘svela’ la disonestà intellettuale del Lombroso che opera con un metodo contrario ad ogni logica, ma evidenzia anche il ruolo degli scienziati contemporanei che lo criticarono e contrastarono.

In particolare il suo amico Paolo Mantegazza fu disgustato da alcuni dei suoi cosidetii ‘metodi scientifici’ e ruppe con lui. Andrea Vega, dopo anni di polemiche, gli fece un’obiezione alla quale non seppe rispondere.

Ma è soprattutto Vilfredo Pareto che impiega una particolare determinazione dapprima a criticarlo e poi (quando la scarsa cautela logico-sperimentale si ripercuote sull’antropologo veronese) ad irriderlo considerandolo il principale sostenitore e protagonista di quell’incomprensione della logica induttiva che ha caratterizzato gran parte dei positivisti italiani (un po’ per il ritardo culturale che li ha caratterizzati rispetto al mondo anglosassone, un po’ perché spesso messi sulle cattedre dai politici, un po’ perché interessati più a fondare il proprio consenso su un pubblico non accademico e poco competente).

Nella Premessa Giuseppe Gangemi sostiene che ‘ si dichiara convinto che lo studioso veronese ha contribuito più di altri accademici del tempo a costituire quella debolezza metodologica del positivismo che ha favorito l’affermarsi del neoidealismo e, con esso, quella debolezza della democrazia di cui parlano i già citati Dewey, Neurath, Russel, Popper e Bobbio’.

In conclusione, il libro evidenzia con una molteplicità di argomenti e ricchezza di documenti che la figura di Lombroso rivela una scienza empirica ottocentesca italiana subordinata ai poteri forti: vertici militari e proprietari terrieri della pianura padana.

Dino Bertocco