Resilienza nel presente ed intelligenza del futuro senza cedere alle fragilità emotive ed indugiare negli sbandamenti cognitivi!
Questo articolo mi è stato (indirettamente) suggerito dai testi-relazione di Roberto Fasoli sui rischi e vantaggi della robotica e dell’intelligenza artificiale e dalle riflessioni di Amedeo Levorato su come affrontare la pandemia pubblicati nei giorni scorsi dal nostro Giornale e dalla trasfigurazione del Pojana, il noto personaggio televisivo interpretato dall’attore padovano Andrea Pennacchi, come coraggioso resistente alle insidie per la libertà d’impresa.
Pur se elaborati su argomenti ed in tempi diversi, gli articoli sopracitati hanno affrontato di petto, senza timidezze e pessimismi questioni che in questa congiuntura sociale ed economica vedono molti autori e protagonisti del dibattito culturale e politico indugiare in lamentose considerazioni sul carattere ‘perverso’ delle trasformazioni tecnologiche in atto e dell’aggressività di un virus che “ci ha colti di sorpresa”.
Sono in particolare grato della ‘sferzata’ che Amedeo Levorato ci ha dato con il suo sguardo indagatore della pandemia in corso, indicandoci un ‘decalogo’ nel quale sono condensati e coniugati il rigore dell’analisi scientifica dell’emergenza con la lucidità nel focalizzare le strategie per non subirla ed illuminare i percorsi faticosi dell’innovazione per la ripartenza.
Si tratta di un testo che mi permetto di suggerire quale manuale propedeutico per tutti coloro che sono coraggiosamente in mare aperto con le vele spiegate e febbrilmente alla ricerca di mappe di navigazione per evitare gli scogli ed orientarsi verso i nuovi approdi della propria attività, qualsiasi essa sia.
Le indicazioni che contiene attengono sia alle piste di ricerca che a prime abbozzate proposte operative: ciò che le rende particolarmente preziose però è l’approccio metodologico che le caratterizza: agli imprenditori dell’iniziativa economico-produttiva, ma anche politica, scientifica e culturale, che si sentono immersi in un tempo di trasformazione epocale, è implicitamente suggerito di non separare resilienza ed intelligenza.
Uno dei molti effetti-Covid-19 è la caduta di tradizionali barriere e recinti tra mondi: Conoscenza/Operosità, Ricerca scientifica/Sperimentazione, Stato/Territorio, Paese/Europa, Specializzazione/Artigianato, Soggettività/Connessione, Contemplazione/Operatività, Alto/Basso, Settorialità/Molteplicità, Professionalità/ Complessità…
Insomma la vera urgenza postaci dall’emergenza (mi si scusi il bisticcio) è di liberarci degli accademismi, di task force e di nominalismi (Fasi 1, Fasi 2, ed altre…) e dotarci di un potente ed unitario framewok metodologico orientato da tre C: Competenza, Coerenza, Cooperazione, che possono alimentare anticorpi ed energia creativa.
Suggerisco di considerare il decalogo di Levorato, come una piattaforma di condivisione dei processi di elaborazione e delle buone pratiche realizzate, aperta al contributo di quanti sono impegnati a rimodellare visione, contenuti programmatici ed iniziative concrete per vincere le sfide poste da Covid-19 ….. e non si fanno attardare dai fuorvianti lamentosi cazzeggi social così pure dai perditempo della faziosità politica.
I terreni di gioco virtuoso sono infiniti, aperti, interconnessi: dall’innervamento della cultura politica che si sta dimostrando pusillanime e subalterna agli esperti in quanto deficitaria delle inedite competenze necessarie ad esercitare la rappresentanza democratica, alla dotazione di un pensiero strategico in grado di indirizzare l’Italia in un contesto globale nel quale oltre al virus da Oriente sta marciando verso l’Europa il Made China 2025.
Dalla riorganizzazione tempestiva di precisi confini e delle competenze costituzionali (proprio a partire dall’esperienza in corso della governance sociosanitaria) alla rigenerazione democratica fondamentale per irrobustire e distribuire le responsabilità ad una cittadinanza attiva, antidodo agli aspiranti ‘ometti sola al comando’.
Dalla focalizzazione degli effetti della recrudescente disuguaglianza sociale alla ristrutturazione della spesa assistenziale nel segno dell’equità, ovvero orientata al sostegno delle fragilità e marginalità autentiche, distinte dai segmenti deboli di un mercato del lavoro che va letteralmente bonificato attraverso interventi di accompagnamento e sostegno ai lavori richiesti dalle Imprese.
Dal gigantesco progetto del Green new deal al ridisegno delle Città, dei Territori e dei comparti produttivi e filiere (in primis quelle agroalimentare e turistico-culturale) che costituiscono una leva decisiva per ripensare e potenziare i caratteri distintivi e performanti della rinascita italiana…
Continuando con il campo minato della ripartenza di tutte le attività professionali ed imprenditoriali azzoppate prima dal lockdown ed ora dalla molteplicità di fattori frenanti quali la vischiosità dell’accesso al credito, la riconnessione con il mercato, le difficoltà poste dal necessario distanziamento sociale.
Sulle questioni tratteggiate, negli ultimi due mesi trascorsi, le istituzioni, nazionale, regionali ed europea, non sono andate in quarantena ed hanno fronteggiato l’emergenza con una stentata e contradditoria dapprima, quindi più stringente agenda di provvedimenti e decisioni che hanno consentito di approntare una serie di differenziati ombrelli protettivi.
Sulla tempestività, efficacia, coerenza/contradditorietà di tali misure mi rifaccio alle valutazioni espresse da Franco Vianello Moro nel suo “Incertezze da Covid-19. Compendio degli annessi e connessi“.
Mi preme però sottolineare che il loro impatto potrà generare effetti importanti e strutturali, se saranno comunicati e sapranno intercettare il riemergere e l’affermarsi di un sentimento antico.
Mi riferisco all’atteggiamento ed all’approccio antropologico-culturale che ha connotato la società veneta del secondo dopoguerra, ovvero la paranoia ri-costruttiva: non si tratta di una peculiarità etnico-regionalista in quanto essa è stata riscontrata in realtà territoriali contraddistinte dall’estrema incertezza e rischiosità dell’ambiente vissuto.
Ma è sicuramente veneto il personaggio interpretato da Andrea Pennacchi, ospite fisso del programma “Propaganda live” su La7, che ha messo in scena l’indomita energia, la rabbia, quasi la furia del Pojana, il piccolo imprenditore irriducibile al ‘fermo macchine’: non facciamoci ingannare dalle sue devianze ideologico-umorali e dalle sue sopracciglie iraconde!
Il suo sguardo e la sue implorazioni non sono un messaggio di disperazione, bensì il nutrimento di una resilienza, il richiamo ad un’empatia sociale da immettere in un progetto di futuro per il quale l’impegno e la generosità del Pojana sono un capitale sociale formidabile.
A lui e con lui una nuova classe dirigente è chiamata a predisporre il canovaccio che veda protagonisti – nella realtà e non nella finzione scenica – milioni di imprenditori ricchi di un know how che necessità di nuove trame, nuove infrastrutture, nuove connessioni con le istituzioni e con il mercato per generare reddito e benessere per la Comunità!
Dino Bertocco