Cronache dallo Zaiastan: come ti tampono la notizia scomoda

ph: Konstantin Kventz Ventslavovich 2020

Ricordate la questione dei test rapidi e molecolari? A Camposampiero ne sanno qualcosa, ma quasi nessuno ne parla. Parla invece (a sproposito) l’immarcescibile Treu. News bollenti dai Benetton. Appello per una vittima di Veneto Banca


Chapeau al Corriere del Veneto, che ieri quanto meno ha dato rilievo decente a una notizia che, senza esagerare, sarebbe dovuta finire in primo piano su tutti i media regionali, cosa che non risulta. Il Centro traumatologico ortopedico della Regione a Camposampiero, convertito causa Covid in polo chirurgico dell’Ulss Euganea, è stato investito dall’ondata pandemica fino a contare – detto il delegato interno di Anaao Assomed, Alberto Villacara – una quarantina di positivi fra i degenti. “Magari uno, due persone stavano incubando la malattia al momento del ricovero – sono le parole rilasciate dal dottore al Corveneto – e quindi il tampone non l’ha rilevata, ma non può essere successo a tutte. Le altre se la sono presa in ospedale, così come gli otto medici risultati positivi nelle ultime tre settimane. C’è qualcosa che non va, probabilmente i test rapidi ai quali il personale viene sottoposto non sono poi così affidabili e producono una serie di falsi negativi alla base della diffusione del contagio”. Capito? La querelle che Zaia e il neo-direttore generale della sanità Flor hanno cercato in tutti i modi di disinnescare sui tamponi, brandendo il via libera del ministero alla sola terza generazione dei rapidi, risalta fuori drammaticamente oggi, con i camici bianchi del sindacato che hanno diffidato già più di due settimane fa le Ulss a effettuare i rapidi anzichè i più affidabili e sicuri molecolari. Ci siamo arrovellati per qualche interminabile minuto per capire quale oscuro motivo abbia impedito al fatto di ricevere degna evidenza, anzichè un’indegna sepoltura. Poi, l’illuminazione: ma vuoi che i fatti – che hanno la testa dura, diceva Lenin – si mettano di traverso a rovinare la concordia e pax zaiana? Che ingenuità, su.

Nostalgia canaglia

Erano anni che aspettavamo con trepidazione e finalmente siamo stati accontentati: Tiziano Treu, ex qualsiasi cosa, oggi presidente del Cnel (che Renzi, in quel suo referendum malamente perso, voleva, qua sì giustamente, abolire per manifesta inutilità), ha finalmente donato un’intervista a tutto campo per noi che non stavamo più nella pelle per sapere come la pensa sull’universo mondo l’autore dell’omonimo “pacchetto” che per la prima volta introdusse, nel 1997, una legislazione favorevole alla precarietà lavorativa. Un santo, praticamente. E circonfuso di santità, nella mezza pagina abbondante che il Giornale di Vicenza ha dedicato al suo verbo il 28 gennaio, l’indispensabile Treu ci ha informati che loro, la generazione oggi sui settanta-ottant’anni, sono stati “protagonisti di un’epoca fortunata”, la “più felice del mondo contemporaneo”. E già: “Cinquant’anni senza guerre, con una serie di opportunità economiche e culturali uniche”. Bei tempi. Bruttini, invece, per i loro discendenti, cioè i trenta-quarantenni per arrivare ai ragazzini. Confida il Maestro: “Penso per esempio ai miei figli, uno è fisico in America da 20 anni e rimarrà lì per sempre perché solo lì poteva esprimersi a quel livello. Mia figlia, invece, è rimasta a Milano. Anche lei è fortunata però è molto limitata nelle sue possibilità di carriera universitaria. Anche lei vorrebbe andare fuori, ma è specializzata in greco e fa fatica a trovare opportunità. Per i miei nipoti, che sono nella fascia d’età dei dieci anni, chi lo sa”. Eh beh, chi lo sa se di questo passo, di pacchetti in pacchetti con il fiocchetto della flessibilità contrattuale, salariale e via precarizzando, la progenie dei “fortunati” riuscirà a vivere il sogno di un reddito minimamente stabile. E soprattutto: chi lo sa, se nei libri di Storia leggeranno che a promuovere questo bell’andazzo, che fa rima con qualcosa che non scriveremo, c’è anche Tiziano Treu, il nostalgico.

Gossip volontario obbligatorio

Sabato 23 gennaio la schiera dei giornali veneti era compatta come un sol uomo ad annunciare al popolo le ultime dalla real casa di Ponzano Veneto: il matrimonio di Alessandro Benetton e Deborah Compagnoni sarebbe agli sgoccioli. Per la verità la bomba l’aveva lanciata il settimanale Chi, nota rivista intellettualmente impegnata. Per carità, si tratta di ipotesi ancora al vaglio dei più esperti analisti, tuttavia le prove non mancano: lui ha trascorso le quarantene con i tre figli, mentre lei no. L’affetto generale della plebe, soavemente distratta per un poco dai patemi da Covid, si è comunque materializzato in una serie di articoli e servizi che profumavano di corretta attenzione a vicende dirimenti per il destino comune. Questo e altro, per le Loro Maestà.

Aiutate Marin

Anche se non servirà a nulla, se non alla coscienza di chi vi sta scrivendo (e con la sola coscienza si combina poco), però lo facciamo ugualmente, un appello ad aiutare Marin Haralambie, una delle decine di migliaia di vittime di Veneto Banca che qualche anno fa per protesta aveva ostruito con l’auto l’ingresso di Banca Intesa a Montebelluna. Dopo aver perso oltre 100 mila euro di risparmi, ora dovrà pagarne più di 6 mila per violenza e resistenza a pubblico ufficiale (aveva strattonato tirando dentro l’abitacolo uno dei carabinieri accorsi per portarlo via). Come racconta la Tribuna di Treviso del 31 gennaio, Haralambie, invalido per un grave incidente sul lavoro, aveva anche cercato di parlare al presidente Mattarella quando questi venne in visita a Vittorio Veneto il 25 aprile 2018. Niente da fare, naturalmente. Ha scritto anche al Papa e al numero uno di Intesa, Sebastiano Messina, ma nessuna risposta. I rimborsi di Stato, faticosamente partiti in questi mesi, non lo hanno ancora toccato. Insomma, è un uomo a terra. Che ha commesso un reato, ed è giusto che ne sconti la pena. Ma non è giusto venga abbandonato. Non soltanto dalle associazioni dei truffati, ma da chiunque abbia mezzi economici per un gesto di umanità. La solidarietà può essere l’alibi piagnucoloso dietro cui nascondere la fuga di responsabilità davanti alle ingiustizie, ma in casi come questo, con una persona che palesemente non è certo un delinquente ma solo un disperato, sarebbe il minimo sindacale. Forza, Marin!

Una idea in più è un esercizio di libertà.