L’ultima dal magico mondo di Zaia: l’autonomia vaccinale

Il governatore proprio non ce la fa, a non sparare bolle in aria. Mentre la realtà dei fatti riesce a conquistare il suo spazio perfino sui giornali


Nel 2001, quando, a parte il compagno Cossutta e il bis-bis-nipote di Garibaldi, in pratica non c’era italiano che non si fosse convertito (a parole) al federalismo, il centrosinistra pensò bene di varare una mezza riforma che decentrò qualche potere alle Regioni. In buona sostanza, trasferì dallo Stato alle 20 amministrazioni regionali l’organizzazione sanitaria. La sanità vale circa l’80% delle finanze di questi enti la cui visibilità e influenza è cresciuta di pari passo con quella dei singoli presidenti, eletti direttamente dal popolo (“governatori”, infatti, vengono pomposamente chiamati, come gestissero in proprio delle province imperiali). Occhio: si è detto organizzazione, non il diritto alla salute tout court, garantito pur sempre da un Sistema Nazionale (SSN) che prevede livelli di prestazioni teoricamente omogenei su tutto il suolo patrio (i Lea). L’assistenza ospedaliera è insomma, come si dice in gergo giuridico, “materia concorrente”. La pandemia da Covid 19 ha mostrato quanto tale macchina a due teste possa accartocciarsi e grippare non appena un’emergenza metta sotto pressione le diverse gestioni in rapporto con Roma. Tanto che il Capo dello Stato, Mattarella, che in effetti è lì esattamente per far la guardia al diritti costituzionali, ha dovuto agitare il campanellino richiamando al principio di “leale collaborazione” fra centro e periferie. Naturlich, il primatista per antonomasia, il nostro Luca Zaia, mai si sognerebbe di contraddire il Quirinale. A lui basta difendere (sempre a parole, come da tradizione italica, perchè il verbiloquio non costa niente) la battaglia della vita, l’autonomia regionale, da estendere ad libitum a un po’ tutti gli ambiti. Comprese le “materie esclusive”, esclusive dello Stato. Ma sì, abbondiamo: mettiamoci pure i vaccini. Ma che ci frega, che ci importa che la loro acquisizione avvenga sul mercato internazionale, ergo pure un bambino capisce che non è ragionevole siano i singoli sotto-Stati ad arrangiarsi, ognuno per conto suo, se no vien fuori una babele con tanti saluti al diritto universale, di tutti gli italiani, a una prevenzione che sia la più svelta possibile. E inoltre, il campioncino dell’efficienza aziendalistica non arriva a comprendere che proprio non è economico, cioè non è nemmeno conveniente, che si regionalizzi la vaccinazione, perchè anche per ipotesi avessimo un Veneto covid free, il siero attiva le difese immunitarie dal virus, ma non è certo che un vaccinato a sua volta non possa contagiare (ecco perchè deve tenersi addosso quella stramaledetta mascherina, che in ogni caso non è il sacrificio maggiore). Significa che dobbiamo raggiungere l’immunità tutti quanti, non che il micro-rompicoglioni si ferma sulla linea del Po. Ma niente, Zaia non ci sente. Oggi 6 aprile, intervistato su La Stampa, le spara grosse com’è suo costume: “Se questa vicenda fosse stata gestita senza le regioni, avremmo vissuto un disastro moltopeggiore. La catena decisionale fra una stanza del ministero di Roma e l’ultimo ospedale di montagna è talmente lunga che nemmeno un premio Nobel riuscirebbe a farla funzionare. Guardi me: sono due giorni che tribolo perché in Veneto sono mancate mille dosi di Pfizer e abbiamo dovuto mandare a casa della gente prenotata. La vaccinazione è un processo industriale che si gestisce sul campo, non mandando mail dal ministero. Chi vuole centralizzare ha una visione anacronistica, medievale dello Stato. L’autonomia non è né di destra né di sinistra, è solo utile, come già diceva Einaudi nel ’48. Il centralismo è l’equa divisione del malessere, il federalismo l’equa divisione del benessere”. A parte gli strafalcioni storici (il Medioevo era fondato sulla struttura a mosaico feudale, gli Stati centrali sono nati con la modernità: voto 4 in Storia), accettando il paragone con la grande industria, bisognerebbe chiedere al laureato in scienza della produzione animale Zaia come diavolo faranno le piramidali multinazionali, fiore all’occhiello del capitalismo, a far funzionare catene decisionali a filiera lunghissima. Toh, Amazon, per dire. Probabilmente perchè non decentrano, altrimenti sai che casino? La scelta pseudo-federale, come detto sopra, è stata politica, non di ingegneria gestionale. Tuttavia, non pago, il tardo-einaudiano non se ne dà per inteso: se la Lega avesse mandato in porto l’autonomia per il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna nel Conte 1, la crisi attuale sarebbe stata, absit inuria verbis, una passeggiata di salute: “Un esempio pratico: in alcuni Paesi puoi comprare il test fai-da-te sul Covid al supermercato. Sarebbe possibile anche in Veneto, se fosse autonomo. Idem per i contratti con i vaccini: li avremmo fatti noi e ne sarebbero arrivati di più”. Alcuni “Paesi” significa alcune nazioni, Luca (voto: 3 in logica, e anche in geografia). E i vaccini, a meno che l’autonomia non equivalga a indipendenza, rientrano nella lettera q dell’articolo 117 della Carta, ovvero nelle competenze spettanti esclusivamente allo Stato, in quanto “profilassi internazionale” (internazionale, appunto, e per forza), assieme a “dogane” e “protezione dei confini nazionali”. Voto 2 in diritto pubblico. L’immunizzazione della patria non potrà mai in nessun caso autonomizzarsi, spezzettarsi, macchioleopardizzarsi in venti staterelli. Intendiamoci: l’autonomia è un’idea sensatissima, democratica al cubo, ottima per certe cose, ma sul profilattico patrio no, non può andare. E non si può lasciarlo al miles gloriosus di turno, che si pavoneggia tanto per far vedere quanto ce l’abbia più lungimirante, lui, il cannone anti-Covid.

Buonanotte al secchio

Le festività comandante sono il tormento dell’editorialista. Già i lettori, gli editoriali di prima pagina, non li leggono (e al 90%, fanno benissimo a non leggerli). Se poi ci metti che a Natale o Pasqua è faticoso non spignattare una pietanza che non sappia di già mangiato, è ben dura cavarsela dignitosamente. Ma la soluzione c’è: sbattersene. Scrivere quel che uno si aspetta di leggere, cioè il rosario di buoni auspici e auguri di buona festa e fine, chi s’è visto s’è visto. Il 4 aprile il direttore del quotidiano veronese L’Arena, Maurizio Cattaneo, ha fatto così, e l’ha fatto magistralmente. Pensieri originali, non dico ardimentosi ma interroganti? Non esiste. Meglio soavemente riportare quanto già il lettore sapeva di suo, e l’ovetto pasquale è servito. Ecco qua, per stare solo alle righe conclusive (si parla di Covid e dintorni, chiaramente): “Da un lato ogni regione ha fatto da sé, dall’altro è emerso il solito Belpaese dei furbi e dei privilegiati. Su tutto un’Unione europea che invece di fare da regista nella lotta alla pandemia è finita stritolata dalla egoistica corsa alla dose dei singoli Stati. Eppure quest’anno ci consegna anche un Paese che ha saputo, nel pieno dell’emergenza, non lasciarsi vincere dalla disperazione. Le famiglie stanno resistendo, come pure le imprese. E la politica, smesse le baruffe, ha dovuto giocoforza fare un bagno di serietà e pragmatismo. Abbiamo di fronte mesi difficili ma stiamo risalendo la china e, vaccini permettendo, ne usciremo. Un po’ migliori, e certamente più forti. Buona Pasqua”. Sì, buonanotte.

La rivalsa dei fatti

In compenso, va dato atto sempre a L’Arena di non lesinare il corretto spazio all’incazzatura di massa per la plateale topica di varie Ulss venete in questi giorni, con i vaccinandi rimasti senza iniezione perchè nessuno li ha avvisati che le dosi erano finite. “«Finiti i vaccini», sorpresa e rabbia”, “«Hanno i nostri contatti Bastava mandare un sms»”: questi i due titoli in apertura di cronaca stamattina, 6 aprile. Altre pagine di questo tenore si sono susseguite nei giorni scorsi. La cronaca, signori, la pura cronaca: talvolta, riesce ancora a prendere il sopravvento e dettare l’agenda filtrata sui media. Diciamo che questa era troppo grossa per minimizzarla? Diciamolo. Ma diciamo anche che in questo Veneto in dormiveglia, anestetizzato permanente, dove si inietta quotidianamente tranquillante in quantità che la Biontech, a confronto, è una dittarella di provincia, la realtà mantiene pur sempre la forza dei fatti, che non si può attutire se non fino a un certo punto. Perchè i lettori dei giornali classici, che sono sempre meno, la vivono sulla propria pelle. E per quanto si possa solitamente farli appisolare, quando si tratta di ciò che li investe direttamente, a maggior ragione sul proprio stesso corpo, non ce n’è: lì, non li inganni. I media mediano, ma il reale, prima o poi, si prende la rivincita. NB: appunti per un futuro de-zaiaizzato.