Giovani e futuro ai tempi del coronavirus

di Mirco Casteller
Cosa fare per restituire ai nostri giovani la fiducia in un sistema familiare e sociale funzionante e in grado di poter dare ancora risposte alle domande che sono alla base di uno sviluppo del sé armonico, solido

Il clima di insicurezza e incertezza non più solo lavorativa, ma ora anche sanitaria, impone l’assunzione di responsabilità nell’incoraggiare e promuovere i singoli individui, ancorché giovanissimi, a riflettere sulle conseguenze che le scelte politiche hanno relativamente al nostro mondo e ai rischi che si corrono quando il mondo non persegue criteri di umanità, giustizia e sostenibilità.

Paradossalmente ci siamo ritrovati dal punto di vista emozionale a rivivere quello che mai si sarebbe voluto veder ripetere nella storia dell’umanità. Il grande dramma dello sterminio nazifascista non ha coinvolto solo, si fa per dire, le persone che hanno subito in prima persona le ignobili azioni di aguzzini mascherati da militari, ma sono riusciti a infliggere una ferita lancinante anche a coloro che erano riusciti a non essere catturati, colpendoli nel più profondo dei loro valori e delle loro emozioni non permettendo l’ultimo saluto ai loro cari, neanche dopo morti, perché cremati…polvere al vento.

Cosa incredibile, le disposizioni sanitarie a tutela della salute pubblica hanno replicato, prive di memoria storica ed emozionale, quest’ultima parte, incidendo così una delle ferite più laceranti che si possa infierire ad una persona, ancor più se adolescente o bambina, che si vede negata, una delle fasi di elaborazione del lutto, tra le più importanti. La perdita di ritualità è un argomento che si può estendere a tutti i contesti.

Cosa fare, quindi, per aiutare i giovani a riprendersi la loro vita in tutti gli ambiti? Ritengo che il benessere futuro vada ricercato nell’oggi, e che occuparsi del proprio futuro scolastico e quindi del proprio futuro lavorativo, sia essenziale per dare significato alla propria vita anche nel qui e ora.

Lo studio e il lavoro inteso come esplorazione di nuove modalità per sentirsi parte di una collettività, dove esiste il rispetto di sé anche nell’avere tempo investito in momenti di libertà, in famiglia, nel volontariato… insomma nell’ambiente dove anche la ritualità, assume un significato di passepartout. Si pensi al fatto che oggi la ritualità scolastica, quella che segna il passaggio da media e scuole superiori e ancor più dalla fine della scuola dell’obbligo alla scelta universitaria e /o lavorativa, è alla data odierna, in fase di discussione.

L’accento non va posto solo su un superamento di corso scolastico, ma sull’ esperienza soggettiva e collettiva, dove ci si confronta con un percorso di vita fatto di amicizie e inimicizie (anche se non sempre condivise), di apprendimento culturale ma anche di confronto psicosociale ed emotivo che è stato messo in discussione e che forse verrà svalutato proprio da decisioni politiche miopi .

Una emergenza che ha coinvolto tutta la popolazione

Questo del coronavirus è il primo momento dal secondo conflitto mondiale in cui viene coinvolta direttamente tutta la popolazione nelle sue differenti classi d’età. La crisi economica del 2008 infatti non aveva coinvolto i giovani nella fascia d’età dai 10 ai 18 anni se non per le conseguenze delle difficoltà economiche e di tutto ciò che a cascata ne è derivato.

Ora invece l’isolamento, i lutti, il divieto di contatto fisico e a volte anche emotivo con persone che hanno costituito per decenni i pilastri fondanti della società, ovvero i nonni, garanzia di memoria storica e di senso di appartenenza… nonostante la fine dell’efficienza lavorativa, o da genitori ricoverati, o da amici, o da famigliari, tutti punti di riferimento, oserei dire testate d’angolo della vita di ognuno, seppur in qualche caso “malfunzionanti”, ha reso l’incertezza inquietante compagna emotiva di questo viaggio.

La domanda che quindi necessita di risposta è quella di cosa fare per restituire ai nostri giovani la fiducia in un sistema familiare e sociale funzionante e in grado di poter dare ancora risposte alle domande che sono alla base di uno sviluppo del sé armonico, solido, dove i costrutti nucleari sani, per citare Kelly, siano ancora saldi nel guidare la crescita e le scelte individuali.

Come implementare e orientare le risorse individuali e collettive perché si possa favorire un quadro di lettura delle minacce e delle sfide dei contesti attuali, in una fase d’incertezza come questa?

Una delle risposte ritengo sia l’utilizzo della cultura e quindi attraverso la scelta delle procedure e metodologie di orientamento scientificamente fondate che, all’interno di modelli inclusivi e sostenibili, possano supportare la costruzione del futuro nell’arco della vita, la scelta e la progettazione formativo-professionale, la ricerca del lavoro nel suo senso più ampio ovvero includendo la scuola, le transizioni professionali, l’accompagnamento e l’inclusione, a vantaggio di una vita di qualità anche per coloro che sperimentano condizioni di vulnerabilità.

Questionari ed indagine sui costrutti di resilienza

Ancor più credo che la scelta di questionari sia già di per sé un’ottima opzione; i questionari infatti sono strumenti che portano a riflettere sul proprio vissuto emotivo più che quello cognitivo.

Dare valore alla collaborazione, allo stare assieme, al significato degli affetti consente di far emergere i rimossi profondi di inquietudine e sofferenza che sono stati tacitati per sopravvivere a livello emozionale a tutto questo. Indagare su ciò che è alla base del costrutto di resilienza.

Anche il sistema scolastico di fatto era ed è ancora oggi premiante solo della performance e non dell’attività individuale dell’apprendimento (p.es. voti vs giudizi), privando così di fatto gli individui dell’opportunità di misurarsi con le proprie possibilità di autorealizzazione, comprimendo la speranza, che è un altro dei costrutti ad oggi ritenuti essenziali per un’ottimale realizzazione individuale e collettiva.

Diviene quindi opportuno riflettere anche su modelli scolastici differenti, che incentivino lo sviluppo personale e pongano attenzione a come si può scegliere se vivere una vita di relazione densa di significato. Una riflessione per i ragazzi più grandi, quelli dai quindici anni ai diciotto che si sono trovati a misurarsi con paesi favorevoli a forme autoritarie, nazionalistiche e poco solidali, dove i pregiudizi la fanno da padrone e dove la solidarietà viene messa in discussione “se non si appartiene a”.

Questi ragazzi si sono misurati anche con il fatto che la sopravvivenza stessa della nostra specie può essere messa in discussione se non c’è collaborazione, rispetto e armonia con l’ambiente in cui siamo inseriti… e pare ancora che questa lezione debba essere imparata da grandi nazioni: le parole chiave sono coesistenza e collaborazione per avere benessere. Non è un caso che quando un’idea non piace si dice “è come un virus”!

Credo sia importante non richiedere l’adattarsi e l’accettare incondizionatamente tutto quello che può essere proposto, ma sviluppare una capacità critica e analitica anche e soprattutto nelle nuove generazioni perché sappiano disegnare e rappresentarsi una società migliore già da adesso, proponendo possibili scenari e soluzioni alle situazioni di crisi come quella del Covid-19.

Questo vorrebbe dire anche imparare a sviluppare una maggior giustizia sociale, a costruire una coscienza critica, incoraggiare alla cooperazione e alla collaborazione dove il fine è l’apprendimento e non unicamente la performance, il saper riconoscere gli stati emotivi quali l’angoscia, la paura, saper riflettere su ciò che viene proposto come normalitàe quindi su e quando una cosa viene considerato normale.

Una società più supportiva, inclusiva, attenta ai diritti umani, più responsabile e con il coraggio di poter cambiare ciò che non funziona, in ultima istanza più accogliente.

Mirco Casteller