Buon lavoro Presidente

Ora è tempo di combattere sul serio a viso aperto (non strisciando ‘pancia a terra’)

Per coloro che gli vogliono bene sul serio è il momento di comprendere l’imbarazzo e finanche l’angoscia delle scelte che è chiamato a fare, probabilmente in solitudine.

Il Presidente del Veneto è entrato, con il terzo mandato ricevuto per acclamazione (elettorale), in una sceneggiatura sconosciuta, all’interno della quale il nutrito staff che gli ha predisposto i dialoghi, i fondali e le strategie di comunicazione risultati talmente efficaci da diventare seduttivi per un target popolare imprevisto da lui stesso, ovvero le tose di Zaia, ebbene, non lo potrà aiutare ed orientare nella torsione antipopulista che dovrà operare.

I consulenti giuridici non gli potranno escogitare nuovi funambolismi normativi per ‘dare un senso a 23 materie che un senso non ce l’hanno’.

Nell’officina artigianale della CGIA di Mestre non potranno più escogitare tabelle illusioniste su un mitologico, inesistente ed inesigibile ‘residuo fiscale’.

I manipolatori dei suoi social network avranno esaurito le cartoline illustrate delle suggestive località della nostra magnifica regione, perché si alzeranno i venti che scoperchieranno i tappeti sotto i quali negli ultimi anni si sono affannati a nascondere le polveri sottili ed i veleni che hanno devastato l’aria, le acque di superfice e sotterrane, le terre di sopra e di sotto.

Ed inoltre l’ombrello afflosciato del Capitano non potrà più proteggerlo ed evitargli di doversi assumere la responsabilità diretta e personale di avere un’opinione e sostenere virilmente una posizione chiara ed esplicita sulla collocazione del Veneto non tanto in Italia, bensì in Europa, cioè di esprimersi su Mes e sulla legislazione ambientale per affrontare i cambiamenti climatici, solo per fare due esempi.

Per non dire del giornalismo cortigiano e tremebondo che continuerà a rivolgergli domandine pudiche che però non saranno un velo sufficiente per oscurare le tensioni e contraddizioni esplosive emergenti.

Nel contesto poi della drammatica situazione socioeconomica, che con la ripresa pandemica è destinata a peggiorare, non potrà far ricorso a risorse proprie aggiuntive perché il Bilancio regionale è stato pensato e gestito per attuare una politica clientelare-elettorale di una falsa invarianza fiscale tradottasi in una pressione crescente per i redditi fissi e ‘tollerante’ per tutti gli altri.

Ma soprattutto il Presidente si troverà costretto ad uscire dal recinto protettivo della immaginaria autonomia regionale e diventare consapevole che la sua rappresentanza e rappresentatività politica si gioca sul terreno paludoso delle politiche sociali ed economiche nazionali, attraverso un esercizio consapevole, competente, combattivo, della concertazione, non certo dell’opposizione.

Traduco anche per la comprensione dei suoi numerosi ed incantati elettori: non gli sarà più sufficiente dichiarare la propria vocazione a fare il buon amministratore di condominio.

Sarà chiamato a mettere in campo una leadership energica perché è in atto una competizione aspra non dichiarata esplicitamente in quanto da un lato Matteo Salvini è impegnato nelle sue mattane e dall’altro Conte (1 e 2) usa i salamelecchi per disinnescare la conflittualità provocata dall’aggiudicazione delle risorse europee.

Il gioco si sta facendo duro su tutti i versanti ed all’asse centro-meridionale del Governo non corrisponde una rappresentanza preparata, credibile, propositiva del sistema produttivo del Nord che continua a borbottare e subire l’assistenzialismo sprecone di quota 100 e reddito di fannullanza, la strategia rivendicativa del Sud pilotata dal duo ministeriale Provenzano & Boccia (dai presunti 60 miliardi annui di ‘maltolto’ ai 40 miliardi reali di vantaggio fiscale richiesti all’UE senza rendiconto), lo spreco immondo che continua a caratterizzare la gestione del Fondo sanitario nazionale con oltre 10 miliardi di sovraccosti accertati…

Certo si tratta di un agone politico in cui si confrontano le Forze politiche nazionali, ma le recenti elezioni regionali hanno fatto emergere un protagonismo inedito di Presidenti chiamati dal loro elettorato di farsi carico di un più marcato livello di tutela sia sul fronte sanitario che su quello economico.

Si potrebbe argomentare sulle debolezze di personalità che Luca Zaia ha dimostrato nei frangenti in cui bisognava mostrare i muscoli: dalla pavidità nei confronti dei due satrapi delle Popolari di Treviso e Vicenza alla ‘distrazione’ nel considerare il Mose un’opera romana, dalla spensieratezza con cui ha caricato sul Bilancio regionale un debito esorbitante per la realizzazione di un’infrastruttura sicuramente non locale come la Pedemontana al deficit mostruoso di consapevolezza ed interventi programmatici sull’agenda ambientale.

Ma si tratta di questioni per così dire ‘casalinghe’ sulle quali i veneti hanno generosamente ed irresponsabilmente sorvolato.

Ora però c’è una contesa ‘italiana’ da affrontare con il coraggio e l’onestà di una visione e di una strategia nazionale all’interno della quale il Veneto abbia una funzione propulsiva non semplicemente recalcitrante.

Detta con l’approccio letterario di Alessandro Zaltron (Autonomia e cultura in Veneto, www.alessandrozaltron.com) “La sindrome dell’oppressore da cui emanciparsi è una cosa da servi, i popoli evoluti dovrebbero coltivare l’ambizione di acquisire una primazia basata sulla cultura e l’intelletto”.

L’augurio di buon lavoro al nostro Presidente significa quindi anche un’esortazione a far pesare il consenso popolare ricevuto sull’agenda politica nazionale coltivando la chiarezza e la determinazione di un protagonista delle scelte strategiche di sviluppo necessarie per il Veneto e, conseguentemente per l’intero Paese.

L’Osservatore veneto