Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale

Di Samuel Scavazzin. Segretario Generale CISL Padova Rovigo


Nel Primo Maggio di quest’anno lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati hanno ricordato ancora una volta le conquiste realizzate, senza però dimenticare che c’è ancora tanta strada da fare per far rispettare diritti e garantire tutele, per eliminare ogni forma di sfruttamento.

Il tema di quest’anno ha sottolineato l’importanza di inserire questa strada in un contesto europeo, avendo presente il voto dell’8 e 9 giugno per il rinnovo dell’europarlamento e la consapevolezza che, rispetto alle elezioni di cinque anni fa, lo scenario internazionale è profondamente mutato.

Siamo infatti in presenza di ciò che papa Francesco ha definito “la terza guerra mondiale a pezzi”, composta da una serie di conflitti disseminati in tutto il mondo, scatenati da antagonismi locali, ma collegati da cause e responsabilità a livello globale.

Si parla giustamente molto del conflitto israelo-palestinese e dell’Ucraina, ma ben poco della guerra in Sudan, che è già costata almeno 20mila morti e rappresenta attualmente la più grande catastrofe umanitaria a livello mondiale, o della situazione esplosiva del Sahel, infiammato dalla competizione tra grandi potenze, Europa, Cina e Russia o della repressione in Iran, della quale le cronache internazionali non si ricordano quasi più.

Per l’Europa Federale e della partecipazione sociale

I futuri parlamentari europei dovranno impegnarsi per avviare un processo di pace e di integrazione reale, politica ed economica, che porti ad una Federazione di Stati, fondata sul lavoro, come la nostra Repubblica, in grado di promuovere la crescita e lo sviluppo riducendo le disuguaglianze.

Un’Europa che sappia difendere quella qualità della vita che rappresenta il nucleo della sua identità, un incrocio di culture, accomunate da valori come la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà. Valori che si esprimono in tutto ciò che si fa, dal culto per le cose ben fatte delle nostre aziende ai prodotti genuini della nostra terra, dalla capacità di coniugare tradizione e innovazione alla libera circolazione di persone e merci.

Il via libera del parlamento europeo al nuovo patto di stabilità è un segnale preoccupante, perché parte dal presupposto che il rigore sia necessario allo sviluppo come precondizione, mentre nella realtà è la crescita sociale che porta al risanamento.

L’Europa che vogliamo deve uscire da questa logica che giudichiamo recessiva.

L’Europa che vogliamo è quella che definisce percorsi innovativi di welfare e realizza il green deal industriale, trascinando il resto del mondo nella lotta ai cambiamenti climatici, ma che lo fa ascoltando il sindacato, che di questo vuole essere protagonista. L’Europa che punta sulla ricerca per le transizioni verdi e digitali, che vuole rendersi autonoma sotto il profilo energetico e che sa fare squadra sulla base di obiettivi precisi, fino a condividere la politica estera e la difesa, perché solo così può essere un interlocutore attivo nei processi di pace.

È l’Europa che rispetta e tutela le differenze di genere, religione, cultura, etnia, pensiero.

La forza propulsiva del Movimento sindacale

È necessario che in questo tempo di guerre i lavoratori, a Padova, Rovigo e nel resto del mondo, siano portavoce del messaggio di pace e di dialogo emerso in tutte le piazze in cui si è celebrata la Festa del Primo Maggio, intesa non come mero rito bensì come la conferma dell’impegno del Movimento sindacale ad essere promotore di un processo di pace che parta dallo sviluppo sociale ed economico del nostro territorio, del Paese e, attraverso le nostre articolazioni internazionali, di un’Europa in grado di colmare un grave ritardo sul piano dell’integrazione politica, sociale e istituzionale.

Nel momento in cui parlano le armi, i conflitti concentrano il potere decisionale nelle mani di pochi, riversandone però i costi sul resto della società.

Nel momento in cui i potentati economici e le mafie internazionali riprendono vigore, c’è bisogno di solidarietà e di sindacato.

Un sindacato che, nel rispetto del pluralismo interno che lo caratterizza, esprime la propria unità di azione ogni giorno sul territorio, attraverso la gestione delle crisi aziendali, la difesa dei posti di lavoro, la contrattazione di secondo livello, il rapporto con le istituzioni.

La gravità della situazione internazionale non deve farci perdere di vista l’importanza del nostro impegno quotidiano per costruire un futuro migliore per chi lavora nelle fabbriche, nelle aziende, nei cantieri, nei supermercati, negli ospedali, nelle scuole e in tutti gli uffici pubblici, per chi studia e deve programmare un futuro, per chi ha bambini piccoli ed è giustamente preoccupato per il mondo nel quale cresceranno, per chi ha bisogno di assistenza e teme di non potersela permettere.

Non possiamo perdere di vista tutto questo innanzitutto perché è il nostro compito e il nostro ruolo nella società.

È il compito che ogni delegato sindacale, ogni operatore, ogni militante svolge quotidianamente con competenza e passione e di questo lo ringrazio.

Questo compito ci permette di intercettare costantemente i nuovi bisogni in termini di rappresentanza e contrattazione. Siamo, di fatto, in un’era in cui i confini tra lavoro autonomo e subordinato e tra vita privata e professionale sono sempre meno nitidi.

La rigenerazione della Rappresentanza

Il nostro compito è quello di proporre, con creatività e freschezza, forme di tutela che garantiscano il rispetto dei diritti nella situazione attuale. Diritti che si devono esprimere in valorizzazione delle competenze, formazione in ingresso e continua, possibilità di carriera e partecipazione alle scelte dell’azienda.

Vogliamo essere presenti nella creazione di quegli ecosistemi dell’innovazione che coinvolgono università, centri di ricerca pubblici e privati in un costante dialogo con le Istituzioni per promuovere progetti di sostenibilità sociale.

Quando si parla di intelligenza artificiale generativa e dell’opportunità che rappresenta per le imprese, gli esperti e le associazioni datoriali aggiungono spesso che le imprese non possono essere lasciate sole. È vero, ma il sostegno alle imprese deve essere finalizzato al benessere dei lavoratori, professionale e personale, coinvolgendoli attivamente e favorendo anche un passaggio generazionale di competenze ed esperienza acquisite da trasmettere ai giovani.

Sappiamo bene però che sono ancora tanti, troppi, i lavoratori relegati a lavori mal pagati, frammentati, marginali, con mansioni ripetitive, poco definite e difficilmente identificabili con i vecchi parametri. Per questi

lavoratori dobbiamo costruire ponti di solidarietà, perché la condizione lavorativa non si traduca in emarginazione sociale.

Focus sulle nuove marginalità sociali

Preoccupa la percentuale di Neet, i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non si formano, non hanno un lavoro e non lo cercano nemmeno più. In Italia sono il 23%, percentuale che a Padova scende di quasi 10 punti (a Rovigo è superiore alla media nazionale), ma sono comunque troppi. Servono progetti mirati che, in un mondo del lavoro dove la competizione si fa sempre più esasperata, permettano di garantire il diritto allo studio e al lavoro anche ai giovani meno talentuosi.

Stiamo facendo progressi troppo lenti sul piano della parità di genere. La donna continua a farsi carico del 68% delle incombenze familiari. A livello regionale, fra tutti gli occupati con contratto part time le donne sono l’80,2% contro lo scarso 20% degli uomini, con un riflesso evidente anche sul divario retributivo e pensionistico.

Quello che le statistiche non dicono, è quante di queste donne hanno potuto scegliere. A parità di ore lavorate, una donna guadagna comunque meno: circa 17,4 euro l’ora contro i quasi 22,6 euro degli uomini e la differenza si fa più evidente nei ruoli dirigenziali, dove gli uomini percepiscono una media di 80 euro l’ora, 27 in più delle loro colleghe.

Padova è la provincia dove si registra la busta paga femminile più bassa a livello regionale.

Perché il lavoro diventi veramente uno spazio di dignità e di realizzazione personale, non deve essere precario, non deve essere insicuro, non deve uccidere e non può rendere poveri. Nelle aziende padovane (e polesane) esistono ancora ampie sacche di lavoro nero, come ha scoperto anche recentemente la Guardia di Finanza (i Carabinieri del Lavoro a Rovigo).

I più esposti a questo rischio sono i cittadini stranieri, a causa di una scarsa consapevolezza dei loro diritti, ma anche dei tempi biblici necessari per un regolare permesso di soggiorno. Anni di attesa, che si traducono in una condizione di irregolarità. Oltre all’aspetto evidente dello sfruttamento, questo comporta anche un grave rischio per la sicurezza.

La priorità del tema sicurezza

Il tema della sicurezza rappresenta per noi una priorità. Servono investimenti importanti sul personale per aumentare i controlli, ma serve innanzitutto un cambio di passo culturale, che punti sulla prevenzione, investendo diversi aspetti della vita lavorativa, dall’integrazione alla percezione della sicurezza come un diritto, dall’educazione fin dai banchi di scuola alla formazione a 360 gradi, mirata nei posti di lavoro e non generica, che coinvolga lavoratori e datori di lavoro.

Un cambio di mentalità che porti a considerare la formazione e il rispetto delle regole non come un’inutile zavorra, ma come un investimento per il futuro, per una maggiore produttività e una riduzione del rischio, anche economico.

Europa, pace, lavoro, giustizia sociale. Temi sui quali in anni di battaglie abbiamo fatto grandi progressi. Ma non basta.

Centenario Matteotti

Giacomo Matteotti fu un precursore di tutte queste battaglie. Già oltre un secolo fa parlava di Europa unita, oltre che di diritti ed uguaglianza.
Quest’anno ricorre il centesimo anniversario del suo brutale omicidio da parte dei fascisti.

La sua vita dev’essere per noi esempio di coraggio e di coerenza, perché il mondo che ci aspetta ha bisogno di lavoratori pronti a battersi per i loro diritti. Profetica suona oggi anche la più citata delle sue asserzioni: “Potete uccidere me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”.