il D-day e perchè oggi centra più che mai.

Di Carlo Fei

Ieri è stato l’80° anniversario del D-Day, e l’evento di quest’anno è particolarmente toccante: potrebbe essere l’ultima grande commemorazione che coinvolge i veterani della Seconda Guerra Mondiale. Le persone che avevano 20 anni quando i soldati alleati presero d’assalto le spiagge della Normandia il 6 giugno 1944, ora ne hanno 100.

Data la particolarità dell’anniversario di quest’anno, gli organizzatori gli stanno creando un’atmosfera da “ultimo evviva”, organizzando concerti, lanci con il paracadute, cerimonie e parate in quella che sarà la più grande commemorazione del D-Day della storia. Meno di 200 veterani della Seconda Guerra Mondiale si sono recati in Francia, supportati da aiutanti, per partecipare a questo evento. E parteciperanno 25 leader mondiali in Normandia per celebrare la ricorrenza.

Ma perché questa commemorazione oggi più che mai è importante oltre la fondamentale questione che ricordare il passato permette di immaginare il futuro in modo più saggio? Perché siamo vicini a delle elezioni europee di straordinaria importanza e molto di ciò di cui godiamo oggi si è deciso quel 6 giugno. La storia fatta con i se non funziona ma l’esercizio di immaginare cosa sarebbe successo se inglesi ed americani non si fossero impegnati con determinazione e sacrificio per venire in nostro soccorso, è facile e nello stesso tempo angosciante.

Dunque, l’Europa dopo la pace ottenuta e goduta per quasi 80 anni, oggi si trova a dover parlare di Difesa militare ma anche economica, per garantire il benessere, la democrazia e la libertà di cui godiamo.

Le elezioni europee 2024 rappresentano l’ultima chiamata per proteggere il benessere che l’Europa ha saputo costruire dalla fine della Seconda guerra mondiale. La Libertà, la Democrazia, il Lavoro, l’Istruzione, la Giustizia Sociale di cui godiamo, rappresentano gli effetti di una capacità di creare ricchezza all’interno di un sistema economico competitivo ed un impianto valoriale condiviso.

Oggi il mondo è profondamente cambiato da quel 6 giugno e l’Europa è chiamata a riunirsi in un progetto comune che sappia fare sintesi dei punti di forza di ciascun Paese affinché si possa gestire con lucidità ed autorevolezza il grande cambiamento che lo scenario globale presenta per difendere il nostro benessere, recuperando la competitività in tutti i mercati e instaurando una autonomia sui fronti energetici e tecnologici per garantire la capacità di perseguire gli obiettivi senza pericolose interferenze.

Comprendendo che queste cose hanno profondamente a che fare con la vita di ciascuno di noi: a Valdagno come ad Amburgo, nel distretto della calzatura della Riviera del Brenta come in quello tecnologico della Sassonia.

Il futuro di tutto ciò dipende anche da noi, dal modo con cui affronteremo la scelta di voto il prossimo 8 e 9 giugno.

Mi permetto di ricordare che siamo venticinquesimi su 27 nella capacità di influenzare i percorsi legislativi della UE perché abbiamo mandato persone incapaci di gestire la complessità dei dossier che hanno iter articolati e richiedono non solo visione degli obiettivi ma capacità negoziale (con la conoscenza perfetta delle lingue dato che nei gruppi di costruzione delle proposte non sempre ci sono gli interpreti) e determinazione. Insomma, occorre mandare persone già a loro agio con le dinamiche internazionali. Spesso ci lasciamo incantare da persone che localmente appaiono interessanti ma poi rischiano di muoversi come estranei nella complessità del mondo comunitario. Dobbiamo invece pensare a persone che oltre ad aver chiare le cose da fare, sappiano anche farle succedere.

Persone capaci di farci uscire dalla ideologia che ha tirato il freno a mano dell’Europa per 5 anni figlia di un Green Deal irrealizzabile e miope che va rivisto con il pragmatismo e la forza dei dati e non con le opinioni da Fridays for Future: è un punto nodale del nostro futuro. Abbiamo avuto modo di scrivere in maniera più dettagliata di tutto ciò in passato e non mi dilungo ricordando solo velocemente quali i temi importanti in agenda che andranno presi in seria considerazione:

  • Questione ambientale e revisione del Green Deal.
  • Tema della Manifattura Europea per recuperare competitività industriale riconsiderando il modo con cui si pensa al sistema produttivo della UE.
  • Recupero del Gap tecnologico in particolare su A.I. e calcolo quantistico destinati ad essere le determinanti della competitività mondiale nei prossimi 10 anni (se non si vuole dipendere da Cina e USA in questa strategica componente dello sviluppo industriale ed agricolo).
  • Autonomia Energetica come elemento strategico per creare sviluppo e sicurezza senza dipendere da Paesi ostili e superando il tabù ideologico del nucleare.
  • Difesa Comune per garantire protezione elevando gli investimenti al 3% del PIL per i prossimi 10 anni, uniformando gli standard e adattando gli ESG per consentire gli investimenti necessari anche a sostegno di aziende che operano nel settore della difesa, ecc.
  • Presidio delle industrie strategiche e dell’agricoltura comunitaria.

Tuttavia, per fare tutto ciò dovremo condurre un percorso di de-provincializzazione dell’approccio all’Unione Europea che andrà sostenuto da tutti i Paesi membri. Alzando lo sguardo verso la luna della competitività globale rispetto al dito della competizione tra i paesi dell’Unione.

Credo lo dobbiamo a noi, ai nostri figli ma anche a quei soldati che, per assicurarci la continuità del benessere e della libertà il 6 giugno hanno con determinazione e sacrificio cambiato la storia di tutti noi.