Sui risultati delle Elezioni comunali: una riflessione a tutto campo

(di Enzo De Biasi)


  • Per il bene del Paese anche dopo il 2022/2023, Draghi deve stare a Palazzo Chigi
  • Il PD del Veneto, a gennaio 2022 elegge il nuovo segretario regionale: uspicabile,una personalità, autorevole ed appassionata, con conoscenza dei problemi e capacità attestata di affrontarli: Laura Puppato, ad esempio, ‘nativa democratica’

La prima fase delle elezioni amministrative comunali hanno visto la ri-conferma , in 3 città metropolitane, Milano, Bologna e Napoli di candidati espressi dal Centro Sinistra ‘largo’.

Il 17 e 18 prossimo scrutinate le schede, saranno decisi i Sindaci per Roma, Torino e Trieste; probabilmente finirà 2 al Csx ed 1 al Cdx , con la sottolineatura che nei capoluoghi regionali di Lazio e Piemonte non vi sarà apparentamento con i 5 stelle.

Viceversa, è oramai agli atti la la batosta del Centro Destra, con gli immediati contraccolpi sul Governo Draghi che “non segue i tempi da calendario elettorale” domestico. L’obiettivo è sempre quello di portare nella ‘Casa Italia’, gli oltre 200 miliardi previsti per noi dall’ Unione Europea. In assenza di decisioni coerenti da parte dell’ex Carroccio nordista, correttamente rilevate in un recente editoriale perfino da A. Sallustiil governo può procedere anche senza la Lega per Salvini” (Libero 06/10/2021).

Il vertice di Palazzo Chigi dovrà perdere un po’ di tempo per motivare al medesimo soggetto ciò che i “suoi ministri obbedienti agli ordini” già sanno, in quanto partecipi fin dall’inizio dei provvedimenti dell’Esecutivo, ma non convincono il loro leader. Non sufficit, il ‘Capitano’ necessita di sentirsela dire in diretta, non gradendo l’informazione in differita.

Tutto bene per i vincitori?

Tutto bene per i vincitori ? Luci ed ombre, specie in prospettiva. Certo il PD si è irrobustito, anche se va notato che al di là dell’accelerazione del risultato positivo già dal primo turno rispetto a quanto successo nelle precedenti amministrative del 2016 , né il Sindaco di Milano né quello di Napoli risultano iscritti alla sede del Nazareno e d’altra parte lo stesso Enrico Letta per farsi eleggere a Siena ha dovuto spogliarsi davanti agli elettori e della casacca di Segretario e del simbolo del PD.

Clamoroso il tonfo, non focalizzato a sufficienza, dei 5 stelle che ‘guidati’ dall’avvocato del popolo scendono a percentuali di consenso da una cifra sola. Probabilmente nello scenario prossimo, sono destinati a essere un partner satellite ‘a servizio’ della causa. Se effettivamente si andrà verso una riedizione rivista ed aggiornata dell’Ulivo d’inizio secolo, chi potrà essere il pre-scelto per Palazzo Chigi in caso di elezioni generali nel 2022 o tutalpiù nel 2023? Come spesso succede i candidati per un posto unico, sono almeno tre e tutti e tre hanno parità di titolo avendo già ricoperto la medesima carica nel recente passato: G. Conte, o E. Letta, o M. Renzi.

A dire il vero, per il bene del Paese, sarebbe più utile proporre da subito la continuità all’attuale inquilino affinchè resti fino al 2027/2028, potendo cosi implementare in via defintiva il PNRR e operando nel contempo per un allargamento di governance prototipo Ursula von der Leyen . Molto dipenderà dall’esito delle prossime consultazioni politiche vigente la futura legge elettorale, (marcatemente proporzionale o incisivamente maggioratoria oppure il consueto pastrocchio ?), ancora da varare a seguito del referendum abrogativo del 2020 che ha decurtato gli scranni in Parlamento da 945 a 600; mentre la geografia territoriale dei collegi nei criteri guida è già stata perimetrata.

Un bilancio politico sul Veneto

Ciò che invece è successo in Veneto , conferma la continuità che caraterizza questa regione fin dal 1995. Vince il Centro Destra allora , nel secolo scorso, come oggi nel 2021 alle amministrative. Di più , ciò che a prima vista può apparire come un radicamento del quale Enrico Letta prova “invidia per Luca Zaia”, in realtà dimostra (ancora una volta) quanto distinta e distante sia la percezione della sinistra nazionale da ciò che attanaglia da decenni il Veneto.

La politica regionale tartufescamente interpretata da quasi un ventennio da Luca Zaia, non affronta organicamente nel merito i problemi strutturali , mentre è efficiente e celere nel rispondere alle richieste singole di cittadini, dei gruppi sociali ed economici più o meno aggregati, a condizione che tutti costoro non pongano problemi d’ordine generale da risolvere con i mezzi già disponibili a Palazzo Balbi. E’ un amministrare da logica condominiale, da sempre vista con favore dai cittadini, dove ciascun proprietario può trovare la soluzione “taylor made ovvero sartoriale”. Se però, lo stesso condomino si lamenta dell’acqua inquinata che esce dal rubinetto, dell’aria ammorbata e tossico-nociva che respira in terrazza, dalla difficoltà di movimento una volta uscito dal garage, la risposta è già twittata o spedita via-email “non dipende da me , segnalerò la questione a chi di competenza”.

Della serie, i successi sono di Zaia, le incompiute o i fallimenti appartengono ad altri livelli itituzionali, siano questi in alto o in basso.

Emblematico, in questa direzione, è la telenovela dell’Autonomia Regionale, già chiesta a Roma nel 2007, affossata dal Governo a guida Berlusconi-Bossi del 2008, riproposta nel referendum farlocco del 2017, non colta dal tandem Di Maio-Salvini del Conte uno nel 2018-2019.

Trattasi della vecchia bandierina di puro conio leghista, da sventolare ad ogni elezioni utile, senza che l’elettorato di riferimento punisca la parte promittente per il non fatto. Nella vandea di Zaiastan ciò è stato reso possibile da una notevole attenzione e dispendio di staff della comunicazione in conto spesa della Regione, da far probabilmente impallidire perfino ciò che investiva per la stessa funzione il predecessore Giancarlo Galan.

In effetti, i mass-media di antica o recente origine si sono comportati non certo da cani da guardia critici verso il potere costituito, quanto piuttosto -nel corso di questi lunghi anni- da cani pastore che convogliano il gregge verso la destinazione prefissata o da singoli usignoli che gorgheggiano, senza eccessivo disturbo per chi comanda (leggi in proposito https://ilgiornaledelveneto.it/veneto-discorso-pubblico-in-avaria/) .

Altra architrave del Centro Destra e nello specifico nell’epoca zaiana, è stata l’assenza in radice di un’opposizione all’altezza del compito da svolgere.

Basti ricordare questi sei numeretti. Il Centro Sinistra che si oppose a Galan nel 1995 con Bentisk ebbe un consenso del 32.3 a fronte del 38.2 dell’avversario. Nel 2020, Zaia incassa il 76.8 e Lorenzoni il 15.7, ohibò . Nel 2010 , Presidente Zaia, il PD ottiene il 20.3 ma nel 2020 tracolla all’11.9, perdinci.

Il sipario sul tracollo del PD veneto

La realtà è presto detta. La fusione a freddo delle due nomenklature PCI riformista e sinistra-DC, ha poco funzionato in Italia e per niente in Veneto; tranne che per i singoli parlamentari e consiglieri regionali succedutesi in questo lasso di tempo -nel nostro caso- a Palazzo Ferro Fini o che hanno svernato o svernano a Bruxelles. I veterani alla Baretta, Variati, Martella e la Moretti per citarne alcuni, che fanno tuttora parte della compagnia di giro, hanno indubbiamente un C.V. personale e professionale prestigioso e carico di pregresse medaglie conquistate sul campo delle preferenza e dei conseguenti importanti ‘posti al sole’; peccato che in ombra , ma molto oscurato sia rimasto il consenso popolare non acquisito per il Partito che rappresentano.

Un tempo la metafora utilizzata era: “il granaio e la cantina del convento sono vuoti, al contrario, i frati sono tutti belli grassocci e gaudenti”.

L’ultimo congresso regionale celebrato in aprile del 2017, aveva visto l’allestimento di quasi 500 seggi dove anche l’elettorato poteva recarsi a scegliere tra il renziano Alessandro Bisato e l’orlandiano Giovanni Tonella, vinse il primo; mentre a livello nazionale tra: Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano anche qui vinse sempre il primo nell’ordine appena citato.

Strano ma vero, (Corriere del Veneto 27.04.2017) all’epoca Enrico Letta sentenziò “le primarie sono morte”, eppure vennero fatte ! Nel 2021, il professore chiamato a dirigere oggi il PD, ha attuato la sua idea. In effetti, nell’ultima variazione dello Statuto nazionale ha sì mantenuto la scelta dell’elezione aperta anche all’elettorato per la scelta del vertice nazionale , ma solo dopo che i candidati saranno ridotti a due nominativi, alla faccia della pluralità delle idee e dei programmi!.

Pur avendone facoltà, il PD- Veneto ha cassato la consultazione dei non iscritti. Chissà quale dotta spiegazione sarà data, al fatto che nelle ultime elezioni amministrative uno su due dei cittadini interpellati non è andato a votare e che nelle metropoli i sindaci eletti colgono appena il 25% delle preferenze esprimibili dal corpo elettorale.

Quattro anni or sono, accanto a A. Bisato vennero eletti 146 membri dell’Assemblea Regionale, forse qualcuno avrà già provveduto alla rimodulazione del numero dopo la diaspora renziana e/o verifcato quanti non hanno più la tessera.

Resta il fatto che un esponente del direttivo PD di Lido di Venezia-Pellestrina ha chiesto, di recente, lumi per conoscere ai fini della presentazione della candidatura a Segretario regionale di quanti componenti è composto oggi tale organismo. Statutariamente sono sufficienti il 15% delle firme dei componenti l’organismo anzidetto o 250 iscritti residenti in 4 province. Ecco per questi ultimi, arriverà a fine ottobre nei circoli il tabulato aggiornato, ma per il resto l’iscritto Marco Zanetti resta tuttora in attesa di ricevere risposta.

La candidatura di Laura Puppato

In questa situazione disertificata e ossificata, per riprendere in mano le redini del PD, sarebbe necessario e opportuno eleggere un dirigente esperenziato full-time, non distolto da altri incarichi di rango istituzionale nelle sedi deputate: Bruxelles, Roma , Venezia oppure in carica quale Sindaco.

Una risorsa disponibile è Laura Puppato, da sempre impegnata sul versante del volontariato civile, come ad esempio durante il conflitto dell’ex-Jugoslavia nel 1990-1995 a sostegno delle popolazioni di Croazia e Bosnia o nella sua veste di fondatrice e attivista fin dai primordi del Movimento dei Verdi negli anni novanta del secolo scorso. Ha amministrato il Comune di Montebelluna in due mandati a partire dal 2002, realizzando un piano del traffico riduttivo e meno inquinante, revocando un progetto di un incerinitore contrario alla salute, favorendo -invece- la mobilità pubblica e la raccoltà differeziata. Il suo lavoro da amministratore venne riconosciuto con il ‘Premio amico della famiglia’ (secondo classificato), il Leone dell’innovazione da parte dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e il ‘Premio qualità’ delle amministrazioni pubbliche.

Nell’esercizio dell’impegno politico, si è occupata spesso delle tematiche ambientali e del risparmio tradito localmente ed in sede legislativa, ricoprendo il ruolo di Parlamentare europeo, nazionale e Consigliere regionale.

Con la nascita del Partito Democratico (PD) nel 2007, ha aderito da subito. Laura Puppato si definisce una “nativa democratica“. Infatti, ha fatto parte dell’Assemblea costituente del Partito e della Commissione incaricata di scrivere lo Statuto del PD, oltre che dirigere per diversi anni il Forum per l’ambiente durante la Segreteria Bersani.

Infine, sostiene e collabora da diversi anni con l’Officina Socio Politica Giovani che proprio in questi giorni a Castelfranco Veneto ha tenuto il primo incontro su “ LA COSTITUZIONE ITALIANA: UNA VISIONE MODERNA” con Anna Finocchiaro e Irene Bolzon e la testimonianza videoregistrata di Lina Merlin. (https://www.eventbrite.it/e/biglietti-officina-sociopolitica-giovani-2021)

Enzo De Biasi