Ritorno alla diversità. L’urgenza di risolvere le grandi contraddizioni di questa società

di Franco Sarto
Questa pandemia ha portato a enormi sofferenze per la popolazione e alla catastrofe sanitaria in atto, ha portato alla peggiore crisi economica dal 1929 i cui effetti si devono ancora manifestare a pieno.

Il testo che pubblichiamo non è un articolo di commento all’emergenza sanitaria in corso, è molto di più: è un breve saggio in cui, con competenza e rigore scientifico Franco Sarto analizza i fattori ed i contesti strutturali che hanno preceduto ed accompagnato il governo politico e la gestione dei processi organizzativi per contrastare Covid-19.
Inoltre si focalizzano i limiti, le contraddizioni e le distorsioni di un Sistema sociosanitario su cui pesano la carenza culturale e scientifica nella governance e l’impatto devastante di un assetto economico in-sostenibile. Nella sua parte conclusiva poi, si indicano alcune scelte strategiche in grado di riorientare il potenziamento e la riqualificazione dei Servizi sociosanitari che il modello crescita economica adeguandola e rendendola compatibile con l’ineludibile esigenza di salvaguardia della salute e dell’ambiente.

La redazione


Il capitalismo sta affrontando almeno tre grandi crisi. Una crisi sanitaria, indotta dalla pandemia, che ha rapidamente innescato una crisi economica con conseguenze ancora sconosciute e tutto ciò si sta svolgendo sullo sfondo della crisi climatica che tutti conosciamo.

Queste crisi non possono essere affrontate con il fine di un graduale ritorno alla normalità perché è stata proprio “la normalità” che ha generato le crisi; esse ci stanno portando da una parte alla catastrofe ecologica planetaria,  dall’altra questo tipo di sviluppo aumenta le diseguaglianze sociali e crea una diffusa infelicità. Oggi queste crisi che stiamo vivendo sono l’occasione unica di invertire la rotta, possiamo risalire la china se chi governa riesce a correggere le storture e vedere lontano. La gente, nella sofferenza e nell’isolamento, ha riscoperto la solidarietà, ha avuto più tempo per leggere, per informarsi, per seguire gli avvenimenti più criticamente e quindi per farsi delle consapevolezze.

Il primato della Salute

La Salute è al primo posto, prima anche della ricchezza che proviene dall’economia. La qualità e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) caratterizzano il grado di civiltà del nostro Paese. In Italia abbiamo affrontato l’emergenza pandemia dopo decine di anni di tagli alla sanità pubblica. Il numero dei posti letto per acuti  sono stati dimezzati dal 2013 ad oggi; i posti in terapia intensiva, prima dell’inizio della pandemia, erano 8580 contro i 12.500 nel 2012. I tagli più drastici al SS pubblico sono stati fatti in Lombardia dove il pubblico è stato talmente ridotto da essere uguale al privato, ma soprattutto si è impostata una sanità imperniata su diagnosi e cura mentre la Prevenzione e i Servizi territoriali sono stati quasi completamente smantellati; i medici di medicina generale (MMG) non sono integrati nel Servizio Sanitario Regionale (SSR) tanto che il Governatore Fontana afferma oggi candidamente che lui non governa i MMG perché dipendono dallo Stato! (la realtà è che essi hanno una convenzione che viene firmata a livello centrale, ma devono essere organizzati ed integrati nei SSR).

Anche il Veneto ha tagliato risorse alla Sanità a piene mani ma una consolidata e diffusa sanità di eccellenza, una integrazione generalizzata tra Ospedale ed Università, una importante opposizione sociale, politica e sindacale hanno impedito lo smantellamento ai livelli della Lombardia. Bisogna anche riconoscere che sono state mantenute le strutture come il Dipartimento di Prevenzione e la Medicina distrettuale. Anche la rete dei MMG ha sostanzialmente resistito nonostante i tentativi ancora in atto di affidare questa branca, che si sta dimostrando indispensabile nell’attuale emergenza pandemica, a strutture private.

In conclusione  obiettivi e cambiamenti sono semplici e chiari:

  • a livello nazionale bisogna aumentare i finanziamenti del SSN;
  • a livello Veneto bisogna tornare al SSR di 10 anni fa ripristinando anche i Servizi sociali smantellati e salvando i cambiamenti organizzativi che si sono dimostrati utili.

Un altro aspetto, secondario ai tagli ma significativo, è quello della lottizzazione politica che ha contribuito a ridurre l’efficienza della Sanità non tanto perché i Direttori Generali delle ULSS sono politici ma perché tutti i dirigenti medici sono di nomina politica e se il primario di un reparto è nominato da una parte politica anche le altre figure professionali subiscono questa influenza a cascata.  Questa è una riforma a costo zero che però darebbe un vero segnale  di cambiamento: I dirigenti di struttura complessa, quelli che venivano chiamati primari, non devono più essere nominati dalla Politica ma devono essere scelti per merito; in pratica bisogna abolire l’art 13 della Legge n. 229/1999, che prevede che i primari vengano nominati direttamente dai Direttori Generali su una rosa di idonei, quindi bisogna tornare ai Concorsi pubblici per titoli ed esami.

Bisogna risolvere le grandi contraddizioni di questa società. Come fai a raccomandare stili di vita sani se l’esercizio fisico ti porta ad inalare polveri e composti chimici dannosi decine di volte superiori a quando stai fermo? Se non fai grandi polmoni verdi dentro le città e continui a cementificare? Come fai a raccomandare una sana alimentazione se la legge permette le carni degli allevamenti intensivi con gli antibiotici, frutta e verdura con importanti residui di pesticidi, acqua degli acquedotti con composti chimici tra cui il cloro aggiunto, ovviamente in concentrazioni entro i limiti di legge! Come fai a dire che fai la lotta all’inquinamento se continui ad incentivare l’acquisto di auto, non rendi funzionale il trasporto pubblico e non incentivi il trasporto collettivo? Ecc.

Il primato della Scienza

Le decisioni politiche per gestire una crisi sanitaria devono essere subordinate agli Scienziati, in questa emergenza la politica ha accettato la subordinazione alla Scienza e questo è qualcosa di rivoluzionario; abbiamo visto anche che la Politica non sia ancora in grado di riconoscere chi siano gli scienziati (non è detto che un medico a capo di un reparto sia necessariamente uno scienziato, anche perché abbiamo visto che negli ospedali sono di nomina politica).

In Italia, dove non si distingue tra scienziato e tecnico e, quando interrogati dalla politica, questi si dividono in filogovernativi e di opposizione, dove larghe fette di popolazione credono ancora al guaritore di turno, dove non esiste un giornalismo scientifico, dove fino a qualche anno fa la stessa politica si divideva sulla validità delle vaccinazioni, questa è una novità assoluta ed è una grande occasione da cogliere.

Gli scienziati esprimono il meglio delle conoscenze scientifiche acquisite in quel momento, quindi non pareri personali ma le conoscenze  condivise dalla Comunità Scientifica Internazionale (CSI).

Detto questo, si è visto e si vede come la politica e l’opinione pubblica facciano fatica ad accettare una Scienza che non sa dare risposte (quando durerà la pandemia? Qual’è il farmaco che guarisce dal Covid19? Quando arriva il vaccino? Siamo pronti per togliere la quarantena?).

La Scienza procede per salti e richiede i suoi tempi, questo è difficile da accettare dalla gente e dai Media che inseguono il tecnico che dà risposte e pareri personali anche se la Scienza ancora non sa.

Ripeto che è stato positivo che da noi la politica nazionale abbia seguito gli scienziati istituzionali (Istituto Superiore di Sanità e Consiglio Superiore di Sanità), però dobbiamo dire che essi si sono dimostrati non all’altezza:

1) L’ultimo Piano pandemico nazionale risale al 2010, mai aggiornato, però essi sono più imperniati sulla catena di comando e meno sulle azioni specifiche come l’acquisto dei DPI, come difendere gli Ospedali ed organizzare la gestione del territorio. Il 31 gennaio è stato dichiarato in Italia lo stato di emergenza prepandemica ma è stato fatto poco per predisporre i piani di protezione degli ospedali e degli operatori sanitari, per rifornirsi dei dispositivi (mascherine, tute, respiratori, ecc) necessari e per informare la popolazione. Questa è un limite sempre presente nella sanità pubblica. La preoccupazione di non allarmare la popolazione impedisce o ritarda la comunicazione della verità. La Salute pubblica è una disciplina scientifica che dipende dalla verità e dal libero scambio delle informazioni. Nessuna politica può essere efficace se non c’è informazione adeguata da rendere protagonisti i cittadini. 

2) In tutta la prima fase l’ISS e gli altri “scienziati” che venivano intervistati giornalmente (a parte il prof Burioni e il prof Crisanti) avevano il compito di rassicurare: “in fondo sarà come una normale influenza di cui non abbiamo il vaccino” invece di dire del covid 19 non sappiamo nulla sulla contagiosità, e sulla virulenza, né sulla clinica, né sulla prognosi.

La realtà è che l’ISS non ha dato indicazioni chiare perché, non avendo le competenze adeguate, seguiva pedissequamente le indicazioni dell’OMS (che a sua volta in questa occasione non ha mostrato indipendenza scientifica),  invece di  affrontare un dramma sanitario che aveva aspetti del tutto nuovi,  e non ha avuto la modestia di chiamare quei pochi Scienziati che in Italia ne sapevano di più.
Sui mezzi di protezione l’ISS e gli altri scienziati hanno completamente fallito, mentre noi vedevamo un miliardo di cinesi che vivevano con le mascherine, i nostri esperti non prevedevano le mascherine per gli Italiani come strumento di protezione scrivendo che la mascherina deve essere usata solo dai contagiati perché dà una falsa sicurezza! Che voleva dire chi porta la mascherina è ammalato!
Questo ha causato una mancata protezione ma soprattutto non ha permesso di scoprire precocemente che l’Italia non aveva produzione e scorte di mascherine sufficienti.
Il secondo errore è stato quello di indicare che i tamponi si fanno solo ai sintomatici che poi è stato interpretato dalla Lombardia  i “tamponi si fanno solo agli ammalati”, perdendo la possibilità di individuare precocemente gli infettivi con pochi sintomi o asintomatici, inoltre non si facevano i tamponi a coloro che erano venuti in contatto con un ammalato.

Ricordiamo che l’ISS scrisse una lettera alla Regione Veneto diffidandola sull’uso generalizzato dei tamponi perché a Vo’ Euganeo si facevano i tamponi a tutti, misura che aveva contribuito a risolvere il primo focolaio del Veneto.

In definitiva, pur essendoci una Politica disposta ad ascoltare gli Scienziati, i migliori non facevano parte del Consiglio Superiore di Sanità e dell’ISS. Come mai? La Politica non sa riconoscere gli scienziati.

Raccomandazione e merito

Si pone un problema strutturale tipico  che travalica la Sanità e condanna il Paese sempre in serie B: L’Italia è un Paese fondato sulla raccomandazione e non sul merito. E’ possibile allinearci ai Paesi più avanzati  partendo dalle Università, che nella loro autonomia, potrebbero chiudere con la stagione delle lobbies che si autoriproducono ed applicare rigidi criteri meritocratici alla progressione di carriera. Nelle ASL bisogna chiudere con l’Istituto della Raccomandazione e della Lottizzazione (quindi con le nomine politiche dei dirigenti sanitari e ritornare ai Concorsi pubblici come abbiamo già spiegato nella prima parte), questo aprirebbe il SSN ai più bravi e agli Scienziati con aumento immediato della qualità dei servizi erogati.

Bisogna aumentare i fondi pubblici alla ricerca affinchè si riduca l’attuale sproporzione tra finanziamenti privati e pubblici.

Applicando queste due semplici regole avremo risolto il problema della fuga dei cervelli all’estero ed avremo dato un forte impulso alla Ricerca in Italia che è un fondamentale ed imprescindibile motore di sviluppo di un Paese

Per le nomine negli Enti di Ricerca e negli organi di consulenza, la Politica deve imparare a riconoscere i veri scienziati dai carrieristi con i metodi consolidati di valutazione solo delle pubblicazioni con elevato Impact factor.

L’Economia

In Italia, come in tutto il mondo, ci si prepara a sostenere l’economia, inondando banche ed imprese di liquidità come successe nella crisi finanziaria del 2008. Allora, alla fine del processo, si rafforzò di più quel 10% che detiene già il 90% della ricchezza del mondo acuendo le diseguaglianze sociali.

Non serve continuare su questa strada, questa volta la Politica in Italia non dovrebbe erogare finanziamenti solo a pioggia ma finanziare di più le imprese che siano sostenibili, inclusive e soprattutto sociali.

Per impresa sociale intendiamo un’impresa che porta vantaggi non solo agli investitori e lavoratori ma anche alla società, un’impresa che reinveste gli utili in innovazione, in miglioramenti e formazione della forza lavoro e non certo investe nel rastrellare le proprie azioni nel mercato (buy back).

Ci sono sempre più aziende che si autocertificano per un Sistema di Gestione della Sicurezza dell’ambiente di lavoro (BS OHSAS 18001), per un Sistema di Gestione dell’ambiente (Regolamento EMAS 1221/2009/CE oppure norma ISO 14000e), ci sono grandi multinazionali, come i grandi produttori di olio di palma o di pesticidi o di semi transgenici che autocertificano il loro sviluppo sostenibile e spendono milioni di dollari nella comunicazione della loro “scelta verde”, che gli Ecologisti chiamano la “bugia verde”.

La proposta potrebbe essere quella di un controllo pubblico, magari a campione, di queste autocertificazioni da parte del Ministero dell’Ambiente, tramite le ARPA per l’ambiente esterno e tramite gli SPISAL per l’ambiente di lavoro.

Le aziende devono servire l’interesse pubblico, devono essere aperte verso le Parti Sociali, devono essere in armonia con il territorio. Deve cambiare il modo di produrre, bisogna investire di più sull’istruzione, sull’agricoltura, sul turismo e sui trasporti pubblici.

E’ giunto il momento che avvenga un’esplosione di piste ciclabili che possono produrre miglioramento della salute, riduzione dell’inquinamento, miglioramento del turismo e dell’economia. Finora le ciclabili sono state realizzate dai Comuni senza una strategia nazionale, ci vuole un grande Piano Nazionale delle ciclabili che integri e sviluppi i migliaia di spezzoni oggi esistenti e non collegati tra di loro.

Lo Stato dovrebbe infrangere alcuni dogmi economici sulla libera concorrenza, sugli aiuti di stato, ecc. Lo Stato può avere una Programmazione economica che individua, incentiva e protegge (golden power) alcune aree produttive di interesse nazionale: sanità e biomedicale, ricerca, agricoltura, turismo, economia verde, ecc.

Ho riportato un primo e limitato elenco di obiettivi che devono essere implementati nel lungo periodo prima della ripresa economica; questo è un Paese, che, rafforzato dalla prova della pandemia, ha le idee, le capacità e la forza morale di invertire la rotta e scegliere un tipo di sviluppo per un Uomo che vive in armonia con la terra di cui è ospite

Franco Sarto
presidente Circolo Legambiente Alta Padovana
(già direttore Dipartimento di Prevenzione e Spisal di Padova