5° Referendum sulla separazione del Comune di Venezia in due (Venezia e Mestre). Accanimento terapeutico

(Di Franco Vianello Moro). Siamo arrivati ormai alla quinta tornata referendaria sulla separazione del Comune di Venezia in due (sub) comuni: Venezia e Mestre. I Veneziani sono chiamati al voto domenica 1 dicembre.

1979, 1989, 1994 e 2003 le date delle precedenti consultazioni che hanno sempre visto la vittoria degli unionisti; anche nel 2003, quando non si raggiunse il quorum, il NO aveva prevalso largamente.

E’ un tema che nasce nelle pieghe dell’insoddisfazione di quelli che si sentono “figli” di territori limitati ai confini storici: Mestre al suo centro che gravita attorno a Piazza Ferretto e dintorni, e anche a voler allargare il raggio, sicuramente non si arriva nemmeno a Carpenedo, a Favaro, a Zelarino con le loro identità.

Sicuramente non entra nella sfera di influenza Marghera che, fin dalla sua costituzione in “Città Giardino” nei primi decenni del secolo scorso, ha sempre rivendicato una sua cultura e una sua personalità socio-economica. E si è sempre riconosciuta vicina e intimamente legata alla Venezia lagunare.

Venezia, sull’altro lato della Laguna, d’altra parte ha sofferto della malattia dell’isola(zionismo) e i suoi esponenti più nostalgici hanno fatto leva sulla “specialità”, sulla necessità che la città fosse governata da Statuti speciali (chi glieli dà?), più ancora che dalla Legge Speciale per Venezia. Unico strumento organico, strategico ed economico che ha dato un forte impulso alla sua manutenzione urbana e alla diffusa ristrutturazione, edilizia innanzitutto, nella seconda metà del ‘900. E che avrebbe bisogno di una sua rilettura e revisione anche alla luce delle modificate condizioni sociali ed economiche che sono intervenute in questi ultimi 3 decenni.

Con l’esplosione del turismo di massa è evidente che l’insofferenza dei veneziani d’acqua, dei nostalgici tout court, ha offerto il destro ad ulteriori lamentazioni e malesseri.

La sindacatura di Brugnaro che si è caratterizzata per una netta discontinuità con le passate amministrazioni di centrosinistra ha fornito un’altra occasione di distinguo a tutti coloro che lo avversano o che pensano di poterlo battere facendo leva sui temi separatisti. Non distinguendo fra l’oggetto del Referendum e la eventuale possibilità di rovesciare gli equilibri politici in città in occasione delle prossime Elezioni amministrative della primavera 2020.

Insomma un bel mix di rivendicazionismo che fa il paio con le tendenze diffuse anche a livello nazionale di chiudersi dentro i confini angusti e autoreferenziali. Senza voler considerare che la filosofia del “piccolo è bello” sta dimostrando tutti i suoi limiti anche per i processi che definiscono la gestione del territorio.

Il veneto leghista è un prototipo di queste tendenze “sovraniste” e del fallimento della gestione del territorio regionale. Le sofferenze venete di questo ambito costituiscono ormai una lista “infinita”.

Il tema della separazione in due comuni (perché non 3 o 4?) ha stancato talmente che i sondaggi informali, ma pare validi statisticamente, starebbero proiettando un’astensione al voto vicina al 70%. Chi continua a prodursi in battaglie contro i mulini a vento è destinato a scontrarsi con la realtà dei fatti e con il sentire comune.

E i cittadini del Comune di Venezia, sperabilmente, si incaricheranno di mettere fine, una volta per tutte, a questa stanca riproposizione di un Referendum che assomiglia troppo alle pratiche di “accanimento terapeutico” che vogliono tenere in vita forzatamente temi come quelli separatisti che non solo hanno fatto il loro tempo, ma soprattutto non vanno alla radice dei problemi, che pur ci sono, e che vanno affrontati in una visione strategica che sappia guardare a lungo raggio in un quadro organico di soluzioni e di provvedimenti anche di carattere amministrativo.

Franco Vianello Moro