PD veneto nessun segno di vita: encefalogramma piatto, cuore freddo

La Direzione regionale delle vacuità, delle ipocrisie, dell’inconcludenza

Il discorso politico veneto si è progressivamente immiserito fino al punto di essere disertato da quasi tutta la classe dirigente locale, in primis coloro che nel passato venivano identificati come intellettuali, che per opportunismo o rassegnazione ritiene che la pratica del governo regionale abbia trovato il PRM (Public Relation Man) adatto ad occuparsene per tutti.

Cosicchè anche a Sinistra, di fronte al crollo elettorale, non si erge nessun saccente (ed un po’ qualunquista) morettiano ad esclamare: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!”, salvo registrare la vibrante lectio magistralis di Natalino Balasso (su testo originale di Alessio Mannino) rivolta ai ‘superveneti’ affinchè escano dal torpore della zaiatudine.

Per sobrietà e consapevolezza dai più si ritiene che non si sia in presenza di dirigenti o leader, bensì – nel caso della maggioranza – di abili amministratori di bottega, – in quello dell’opposizione – di abatini senza la forza e l’autorevolezza di sottrarsi alla subalternità in atto da oltre un decennio.

Insomma i veneti non si debbono attendere prestazioni e versioni diverse da quelle che passa il Convento di Palazzo Balbi, adeguatamente confezionato e propagandato dai media locali.

Il fatto curioso è che questa lettura della realtà è assunta ed introiettata anche dagli esponenti del Centrosinistra che sarebbero chiamati a contestarla e rovesciarla con analisi e comportamenti distintivi.

Succede quindi che la Direzione regionale del PD, riunita a 18 giorni dallo spoglio delle urne funeste, si risolve in un rito espiatorio che presuppone e si conclude nell’autoassoluzione.

Leggendo la relazione del Segretario ed i resoconti degli interventi, osservando le foto dei presenti, si viene assaliti dal sentimento della tristezza.

Traspare che sentendosi tutti, più o meno colpevoli, per paura che qualcuno dichiari che qualcun altro è più colpevole, la soluzione cercata e trovata con il documento finale è ‘tutti colpevoli, nessuno colpevole’!

La discussione fa paura, il confronto vero, vivace e sincero è bandito.

Si vuole trovare conforto in un partito che da alcuni anni si esprime sempre e solo per mozioni unitarie.

Perché il timore non palesato è di diventare minoranza: pertanto il mantenimento dei ruoli di potere avviene per desistenza reciproca e, come in tutte le Organizzazioni destinate all’estinzione gli equilibri e gli inserimenti negli organigrammi vengono gestiti sempre e solo per cooptazione.

Basti segnalare che in una Direzione che doveva confrontarsi sulle scelte post sconfitta drammatica, degli eletti in Consiglio Regionale solo uno ha sentito il dovere od ha trovato il coraggio di intervenire.

E ciò non casualmente: la dialettica esplicita, il confronto delle posizioni è considerato inutile: tutto si concentra nei conciliaboli ed ammiccamenti interpersonali.

Per l’Osservatore veneto questo significa che il partito è morto, in quanto il suo cuore non pulsa più e non scalda più nemmeno gli attori che dovrebbero quanto meno dargli una seppur apparente rappresentazione di vitalità.

L’Osservatore veneto