L’integrazione europea non è una concessione…Sondaggi, manfrine e miraggi.

Un fronte unito  del Norditalia per ‘comunicare’ ai cugini tedeschi che l’integrazione europea non è una concessione, ma un ineludibile progetto comune.

Non si stupiscano i miei  lettori più assidui se esordisco con un esplicito e sincero riconoscimento all’intelligenza politica manifestata recentemente  dal Presidente del Veneto.

Quando Luca Zaia si rivolge ai giornalisti esortandoli ad evitare di coinvolgerlo nelle ‘manfrine’ dei sondaggi,  il  diagramma  del mio personale gradimento nei suoi confronti  schizza  in alto, in misura proporzionale e rovesciata rispetto a quando – nella narrazione quotidiana a microfoni riuniti – sovraccarica di significante autonomismo  il sobrio ed ordinato esercizio delle sue responsabilità nella gestione regionale  della pandemia sanitaria.

La  ragione ‘strumentale’  del mio apprezzamento è che nella sua affermazione trovo conferma dei miei radicati pregiudizi sui sondaggisti che continuo a considerare degli astrologi susieguosi,  e vanitosi solo  perchè costruiscono le loro pre-visioni con dei database piuttosto che con carte astrali.

Ma sono invece  più oggettivi gli argomenti che mi fanno diffidare   delle loro classifiche:

a)            l’acclarata scarsa affidabilità degli strumenti di rilevazione delle opinioni che hanno dato abbondanti dimostrazioni di fragilità predittiva; 

b)           l’evoluzione delle tecniche di ricerca  che oramai non sono più basate sull’utilizzo di questionari a scelta multipla o domande dirette bensì sull’applicazione dei principi  delle neuroscienze cognitive che studiano i correlati neuronali  di comportamenti complessi ed emozioni determinanti per i meccanismi decisionali, si tratti dell’acquisto di un bene e/o della scelta-valutazione di un leader politico.

Con tali considerazione voglio solo segnalare che in una congiuntura drammatica in cui nella parte più debole della popolazione minacciata  da un virus aggressivo si  sono diffusi comprensibili sentimenti di panico, il consenso su figure istituzionali che hanno dimostrato sensibilità ed empatia e si sono destreggiate con  competenza e generosità con la complessità e gravità della situazione, è dovuto, persino scontato.

Ma l’aspetto più interessante delle dichiarazioni del Presidente veneto dirette ai  giornalisti ruffiani ed – indirettamente –  al Roberto Maroni  degli elogi sospetti (“Troppa grazia, santo Bobo” ha sghignazzato G.A. Stella) riguarda la sottolineatura della persistente gravità della situazione, che esige siano banditi tatticismi, politicismi, personalismi fuorvianti e destabilizzanti.

Ora il Veneto si aspetta che una tale manifestazione di  buon senso e  responsabilità sia confermata da chiare ed esplicite prese di posizione su alcune questioni che emergono con sempre maggiore virulenza nella cosiddetta seconda fase:

–              innanzitutto che la Regione, dopo alcuni lustri di incertezza e trascuratezza, riprenda il cammino del rafforzamento del proprio modello storico di integrazione sociosanitaria con investimenti mirati sui nodi della Rete territoriale dei servizi che si sono dimostrati carenti ed inadeguati;

–              correlata a questa precisazione, è necessario che la Giunta ed il Consiglio Regionale indichino senza ambiguità che le risorse per  i necessari investimenti dovranno essere attinte proquota dai finanziamenti stanziati dall’Unione Europea attraverso il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità);

–              strettamente connessa alla strategia di irrobustimento delle difese dal Coronavirus la nostra Regione deve dotarsi di un Programma straordinario di sicurezza per affrontare l’incipiente pandemia economica, attivando tutte le risorse private e pubbliche all’interno di una forte integrazione e coerenza con le decisioni  macrofinanziarie che stanno maturando a livello europeo.

Riteniamo in particolare che sul piano squisitamente politico, nello scenario determinatosi, l’azione del Governo nazionale – pur apprezzabile ed incanalata nella giusta direzione – non sia più sufficiente per sormontare le resistenze e le difficoltà nella governance europea, aumentate dopo la Sentenza della Corte tedesca sulla BCE.

Ciò rende necessaria,  nella dialettica tra i diversi Paesi europei,   l’irruzione dei Rappresentanti dei ‘Lander’ italiani: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna debbono assumersi la responsabilità di lanciare un messaggio forte, rivolto con coraggio, lealtà e sincerità soprattutto  ai cugini tedeschi.

I leader delle Regioni del Nord debbono ribadire che la salvaguardia degli interessi economico-produttivi del proprio territorio costituisce  una scelta fondamentale per fronteggiare la recessione  non solo  dell’Italia, bensì dell’intera Europa, avendo oltretutto  ben presenti le connessioni e le integrazioni con le  filiere che la Germania non può e non deve disconoscere.

Il fronte settentrionale unito su questa linea diventa anche  una barriera antirumore per contrastare i ragli sovranisti di casa nostra: i  patetici  e capziosi pronunciamenti antieuro ed  antieuropei non costituiscono solo un’espressione di faziosità ed incomprensione della complessità della crisi, ma anche un pericoloso alibi regalato alla destra neonazista tedesca impegnata a sabotare i programmi di integrazione economico-finanziaria sedimentatasi nelle aree territoriali  base e cerniera di una  rinnovata Europa delle Regioni.

Dino Bertocco