La disfida del Bo, guerra vera per il nuovo rettore

Il Palazzo del Bo (da commons.wikipedia.org, author Mister No)

Questa volta l’elezione del Magnifico dell’università padovana è una competizione aperta. E a colpi di spin doctor. Ma si deciderà dietro le quinte


Stavolta sarà guerra vera, la campagna elettorale per eleggere il nuovo Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Padova. La sfida a tre fra Daniela Mapelli, Patrizia Marzaro e Fabrizio Dughiero si preannuncia senza esclusioni di colpi, proiettata sui tempi e i modi della comunicazione politica (tanto che non mancano gli spin doctor), e tuttavia ancorata alle logiche interne di un’istituzione che nel 2022 compirà 800 anni, coi relativi festeggiamenti e fanfare che daranno una ghiotta occasione celebrativa al successore di Rosario Rizzuto. Quest’ultimo, già direttore dei dipartimenti di Scienze Biomediche, chiuderà il 30 settembre un bilancio di sei anni vissuti sulla cresta dell’onda: dal nuovo ospedale a est alla nuova pediatria fino ai progetti futuri di un nuovo polo di Scienze Sociali all’ex caserma Piave e alla nuova scuola di Ingegneria in Fiera, per finire con il Palazzo delle Esperienze fra stazione e Stanga (allo stato una pura idea rizzutiana, ma già ubicata a priori nell’area Pp1, a quanto pare), la sua presenza nelle partite più delicate è stata costante, non disdegnando una visibilità mediatica che sarà stata senz’altro fra le molle che ha spinto la Lega a ipotizzare una sua candidatura a sindaco l’anno venturo. Del resto, ormai nessun attore della vita sociale può chiamarsi fuori dalla scena, e Rizzuto è ricorso all’arma del marketing senza ritrosie, ad esempio mettendo letteralmente la faccia sui manifesti tappezzati in città quando era il momento di chiedere il 5 per mille da devolvere alla ricerca.

Il recall di Dughiero

I 9500 fra docenti, ricercatori, studenti, dottorandi, tecnici e amministrativi che a giugno saranno chiamati a votare potrebbero scegliere, per la prima volta nella storia dell’ateneo fondato nel 1222, un rettore donna. Per la verità, il primo a scendere nell’agone è stato già sul finire del 2020 Fabrizio Dughiero, professore di Ingegneria Industriale e prorettore al Trasferimento Tecnologico e Rapporti con le imprese. Consigliere d’amministrazione della Fondazione UniSmart e presidente del Competence Center del Triveneto, Dughiero è partito lancia in resta, con un sito omonimo, un programma e un’immagine modellata sullo spirito dell’innovatore. Fra le sue proposte, un recall a metà mandato per verificare l’andamento dei risultati, asili per i figli dei dipendenti e una calibratura nel breve-medio termine degli spazi in attesa che si realizzino le opere lasciate in eredità da Rizzuto (nelle sue parole, abbastanza eloquenti: “Recupero di spazi abbandonati o sottoutilizzati o adibiti a improbabili magazzini, affitto temporaneo di strutture per consentire di fare fronte alle esigenze nel periodo di costruzione delle nuove opere, modalità smart e a basso costo di sfruttamento di spazi di passaggio e scoperti che possono diventare metri quadrati coperti e che possono fungere da polmoni fino al periodo del completamento delle opere in cantiere”).

Duello al femminile

Poi, a febbraio, in rapida successione è stata la volta della Mapelli e della Marzaro. La prima, che insegna Neuropsicologia ed è prorettrice alla Didattica (ambito caliente, in tempi di docenze da remoto), può vantare un numero di immatricolazioni, specialmente di stranieri, addirittura aumentato nonostante la pandemia, è la candidata che rappresenta la continuità rispetto a Rizzuto. Fatto, questo, positivo e negativo insieme: al netto dell’alto profilo personale che la contraddistingue, da una parte potrà giovarsi della forza di persuasione dell’uscente, degli assetti da lui consolidati durante il mandato e di quel fattore inerziale che caratterizza realtà tanto complesse come un’università da quasi 60 mila iscritti, dall’altra sconterà la spinta contrapposta al cambiamento. A cavalcarla, stando alla rivendicata “candidatura dal basso”, sarà soprattutto Patrizia Marzaro, docente di Diritto Amministrativo e membro del Senato Accademico, ideatrice della nuova laurea triennale in Diritto e tecnologia (ma anche con ruolo attivo nel costruire il distaccamento a Treviso con giurisprudenza e medicina, elemento quest’ultimo caro a Rizzuto e, bisogna dire, all’amministrazione leghista locale ovvero, tradotto, al governatore Zaia). Fra i suoi obbiettivi, sburocratizzare e ridare slancio alla ricerca “eliminando orpelli farraginosi” dovuto alla mancanza di turnover, problema incancrenitosi dai tempi dei rettori Milanesi e Zaccaria (ma evidentemente, anche se la Marzaro non lo nomina esplicitamente, non risolto da Rizzuto).

Risiko in penombra

Se il confronto imiterà la politica, pur con tutte le cautele professorali, sul versante di promesse, annunci ed eventi (risucchiati nel virtuale, nei webinar, nel tam tam dei messaggi sui social), lo scontro vero si svolgerà nel retro. I criteri con cui voteranno gli elettori, specialmente i professori, saranno influenzati parecchio dagli equilibri fra dipartimenti e, dentro questi, fra corsi e specializzazioni, in un risiko di pesi e contrappesi fra aree di studio nel quale i candidati dovranno dimostrarsi abili a destreggiarsi, non dando per scontato nulla, nemmeno l’appoggio delle facoltà di provenienza. La sottaciuta rivalità fra i poli interni, ad esempio fra i colossi Medicina e Ingegneria, è molto concreta se si pensa che si sta parlando delle future ripartizioni di fondi, sedi e cattedre, il cuore pulsante della vita universitaria. L’altro campo di battaglia semi-visibile, ma in realtà visibilissimo nei suoi effetti allargati, è il rapporto con la città e il suo tessuto urbano. L’Università è stata sempre una dei maggiori se non il principale committente edilizio del Comune, e nella fase che Padova sta attraversando lo è ancor di più, con tutto quel po’ po’ di lavori allo stato progettuale o messi in cantiere. Per non dire della funzione di rivitalizzazione che in un avvenire post-pandemico dovrebbe avere un centro di socializzazione e scambio culturale com’è il Bo. Una sorta di ritorno alla vita obbligato che ricorda, mutatis mutandis, l'”idea forte” che animò il rettore del dopoguerra, Guido Ferro, e cioè, come scriveva Giorgio Roverato in un libro del 2005 dedicato all’economia padovana, “contemperare la spinta innovativa” (allora la manifattura industriale, oggi la logistica e la tecnologia) con la “tradizione umanistica” che supera, come i classici, gli sconvolgimenti e le miserie del tempo.