Padova e il Veneto: una visione ed una nuova governance per non subire la marginalizzazione. Intervista a Fernando Zilio.

Colloquio con Fernando Zilio su valori, idee e programmi per non trovarsi impreparati nel processo di globalizzazione in corso.

Ho voluto incontrare Fernando Zilio, imprenditore ed ex Presidente della Camera di Commercio di Padova, per una molteplicità di ragioni.
Queste ragioni emergeranno e verranno esplicitate nel corso del lungo colloquio che ho avuto con lui , associate alla tipologia degli argomenti affrontati e delle risposte ricevute, precisato che – in oltre due ore – le domande sono state davvero poche. Condividendo entrambi la preoccupazione per il degrado della qualità della Governance a livello territoriale e regionale, il discorso si è infatti spontaneamente focalizzato sugli interrogativi comuni, sulle analisi e riflessioni derivanti dalle esperienze e dalla conoscenza dei fatti e sui protagonisti che rappresentano la realtà che entrambi, seppur con funzioni e responsabilità diverse, pratichiamo.

Ma debbo precisare che, in verità, ero soprattutto mosso dalla curiosità di verificare, attraverso una conversazione franca ed amichevole, quanto degli interventi pubblici recenti dell’ex Presidente delle Camere di Commercio patavina e del Veneto costituissero un comprensibile sfogo o corrispondesse ad un reale interesse a dare continuità ed implementare la trama progettuale che lo aveva visto – nel corso dell’ultimo decennio – vivace promotore di iniziative, anche provocatorie, tese a far entrare nell’Agenda politica locale, regionale e nazionale temi e questioni cruciali per le Imprese e lo Sviluppo.

Ciò che mi aveva sempre colpito delle sue azioni e della sua tessitura di relazioni ed alleanze, era l’esplicito intento di creare una mobilitazione etica e sociale dal forte impatto polemico nei confronti degli apparati associativi e pubblici ritenuti inadeguati e finanche corrotti, strutture da rinnovare profondamente, ovvero – senza alcun esplicito collegamento con la vulgata renziana di quegli anni – ‘rottamare’.

Ricordo in particolare le manifestazioni in cui era la scopa a rappresentare l’oggetto simbolico ed il messaggio che sostenevano le proposte e le rivendicazioni per la tutela delle PMI: dal processo di riordino degli Enti camerali alla difesa dei marchi e della qualità produttiva dall’aggressività cinese (connotata da forti elementi di illegalità riscontrati proprio nell’epicentro dell’insediamento del Dragone con il Centro Grossisti a Padova) con la sottoscrizione del Protocollo sulla Legalità.

Per comprendere come il ‘carattere’ e la determinazione al cambiamento di Zilio si sono manifestate con veemenza e coerenza, ma per tradursi in concretezza, una testimonianza inoppugnabile è costituita dal documento del ‘Bilancio di mandato 2013-2018 – Una nuova Camera di Commercio di Padova aperta al futuro’.

Scorrerne le pagine non conferma solo l’impressione dell’ottimo lavoro svolto, ma rivela, attraverso le cifre e gli atti, l’impulso all’innovazione ed all’efficienza operativa dato ad una struttura tradizionalmente invischiata da vincoli e procedure burocratiche, rallentata dalla mediazione dei molteplici microinteressi categoriali rappresentati negli Organismi di Gestione.

Vi si scorge l’impronta data dalla personalità con una dote diventata sempre più rara tra gli imprenditori padovani e veneti: la disponibilità a misurarsi con la funzione di ‘civil servant’, ad immettere cioè carisma, competenze e leadership al servizio dei beni pubblici, indicando con coraggio e generosità che le Istituzioni sono il presidio degli interessi generali e non il luogo della gestione spartitoria degli interessi di lobby, di clan, di piccoli e grandi affaristi.

Non è quindi casuale che sul Mattino di Padova del 25 settembre 2019. appaia un accorato appello affinchè ‘Padova, non perda il suo futuro, non resti anestetizzata!!!’ nel quale egli riassume in una sorta di manifesto programmatico il pensiero e le opere che lo hanno impegnato nell’ultimo decennio:

Mi irrito, proprio nei giorni scorsi, il presidente di Confindustria Veneto Centro Massimo Finco lanciava un messaggio, una sveglia forte, alle istituzioni locali sul tema delle infrastrutture mancate o trascurate dai piani nazionali e regionali.

Le infrastrutture di collegamento, con i grandi mercati nazionali europei e intercontinentali, sono la vera sfida e sono il futuro obbligato per la nostra città, per il nostro territorio, sono opere indispensabili per evitare il declassamento, da città operosa capitale centrale veneta a città periferica.

A tale ruolo ci relegheranno inevitabilmente, se non sapremmo reagire con forza e determinazione, le nuove infrastrutture viarie e ferroviarie, nuovi interporti e porti, che si stanno realizzando o che si faranno in Veneto, in Friuli a Oriente, le quali cambieranno l’asse geoeconomico del Triveneto, facciamocene una ragione e puntiamo i piedi con chi di dovere per non perdere il ruolo che ci siamo guadagnato negli anni sessanta.

Gioco forza, la nascente pedemontana sta spostando a nord molti interessi economici e di conseguenza nasceranno inevitabilmente nuovi poli di sviluppo, a ovest, Verona e Vicenza a Est, Treviso Pordenone e Trieste a totale svantaggio di Padova e Venezia, le quali perderanno, se non sapranno reagire con forza e determinazione, la loro centralità sociale ed economica nel Triveneto a tal proposito è di questi giorni la notizia che la Costa Crociere per il 2020 abbandonerà il porto di Venezia per quello di Trieste. La Camera di Commercio di Padova, sotto la mia presidenza, su questi temi, ha avuto il merito di intuire in anticipo quali pericoli poteva correre il nostro territorio e convintamente ha costruito un progetto generale di sviluppo per affrontare le sfide che si stavano affacciando.

Abbiamo fatto cassa per poterle affrontare, cedendo le partecipazioni non strategiche, creduto in Interporto, lo abbiamo finanziato, voluto il suo aumento di capitale, che ha prodotto il capolavoro delle Gru a Portale, abbiamo avviato studi di fattibilità viari, per collegarlo con la nascente Pedemontana, finanziato progetti per la nuova Stazione Centrale di Padova, zona S.Lazzaro, denunciato il bisogno vitale del raddoppio del binario che va da e per Interporto alla Stazione Centrale di Padova, la realizzazione dello sbaffo che da Interporto va verso Venezia e Trieste, opera indispensabile per la sostenibilità di Interporto Padova, l’ammodernamento in alta velocità della ferrovia Padova Bologna, sostenuto la riqualificazione della Zip, la messa in sicurezza del Parco Scientifico Galileo, eccellenza padovana, nel cuore della stessa Zip, voluto che la Fiera di Padova tornasse in mano pubblica, unico modo per salvarla, messo in garanzia il costruendo Centro Congressi, che il Competence Center mettesse radici a Padova, nei padiglioni della fiera, piuttosto che finisse in altri luoghi della regione, abbiamo organizzato convegni e dibattiti sui temi sopra descritti per sensibilizzare cittadini e istituzioni, immaginato Interporto come un cavallo di Troia, con le carte in regola, per poter mettere le istituzioni nazionali e regionali con le spalle al muro e non escludessero Padova dal grande disegno infrastrutturale nazionale regionale europeo per garantire a Padova la posizione che merita nel panorama nazionale e intercontinentale.

Noi le idee chiare le avevamo e non abbiamo mai mollato, leggere quanto pubblica oggi il Mattino di Padova, sul tema, delude e amareggia, alle istituzioni locali, davanti a questo titolo credo non resti che alzare le barricate e non certo andare di fioretto e diplomazia ne va del ” futuro ” delle nostre nuove generazioni!!!”.

E’ quindi a partire da tali parole che gli chiedo di ‘rivelarmi’ quali sono le motivazioni che lo spingono a pronunciamenti tanto vibranti ed impegnativi anche se non ricopre più ruoli pubblici.

Per farmelo comprendere Fernando mi sciorina con una sincerità e confidenza disarmanti (che si regalano nei casi di amicizie consolidate mentre noi, invece, ci frequentiamo da poco tempo) le tappe della sua formazione sentimentale ed imprenditoriale, accompagnandomi anche nelle pieghe più recondite di un vissuto che, a partire dalla morte prematura del padre, lo hanno forgiato e temprato a guardare in faccia le difficoltà, ad affrontare le prove più dure e la resilienza non solo nelle avversità ‘naturali’ della vita, ma anche quando la competizione si manifesta nelle forme più deteriori dell’inimicizia, nelle trappole, nei voltafaccia e negli sgambetti dei compagni di viaggio con cui hai condiviso avventure, sfide, progetti.

E per meglio farmi comprendere il suo atteggiamento e le sue prese di posizione in molti dei frangenti e vicende che hanno avuto una larga eco nella stampa locale, mi snocciola una serie di fatti (documentati) ed episodi (noti anche all’opinione pubblica) che commentiamo all’unisono con una battuta intrisa di ironia: nella sua veste pubblica egli è diventato una voce fuori dal coro e per così dire ‘dissonante’ nonostante che la sua vocazione giovanile sia stata quella di diventare cantante lirico!

Il fatto è, mi dice (e mi ripeterà più volte), che sono un idealista e quando mi convinco della giustezza di una buona causa, non ci sono ostacoli, difficoltà e contrarietà di avversari che mi possano distogliere dal perseguirla anche se destinata a procurarmi uno svantaggio.

Gli è così capitato, commento io, che, nell’ambito dell’ Associazione (ASCOM) e delle Camere di Commercio, locale e regionale, di cui è diventato Presidente, mettere in campo un programma ed azioni coerenti, per la piena trasparenza della governance, per il superamento dei clientelismi e dei conflitti di interesse, per il disboscamento di funzioni incoerenti con la mission associativa ed istituzionale, ha dovuto fronteggiare reazioni rabbiose e rancorose.

Tutto ciò gli ha procurato dissensi e minacce (talvolta esplicite, talaltra sotterranee) da parte di esponenti di filiere di affari e cerchi magici incistati in strutture e gestioni poco trasparenti sul piano etico e finanziario in tutti i rami e livelli organizzativi, con una peculiare condensazione nella Capitale, in cui dominava e domina tuttora una vera e propria cupola.

Quando ne parla con il giudizio sprezzante sui ‘senatori con il sigaro’ e sugli intrecci incestuosi che presidiano e caratterizzano il governo nazionale di Confcommercio ed Unioncamere, le sue valutazioni non sono per nulla espressione di un risentimento personale, bensì una lucida valutazione derivante dalla sperimentazione diretta dei meccanismi di gestione ipocrita di un potere opaco, orientato a garantire lobbies, ad atrofizzare la partecipazione, a combattere la trasparenza.

Insomma, diversamente da alcuni pre-giudizi che io stesso avevo coltivato (ed esternato al mio interlocutore) su un certo atteggiamento ‘donchisciottesco’ – nel corso dell’intervista – tra un ricordo, una battuta ed un affondo critico su avvenimenti ormai archiviati, mi è diventato chiaro di trovarmi di fronte non ad un ‘cavaliere solitario’ , bensì ad un raro testimone di una filosofia di vita e di spirito imprenditoriale che declinati attraverso una scelta di lealtà e servizio nei confronti della comunità, intesa come colleghi associati, iscritti alle Camere di Commercio e, last but not least, cittadini protagonisti come stakeholder e/o destinatari dei servizi e dei progetti di sviluppo.

E’ infatti un’impostazione ideale e valoriale che può ispirare il programma di rivitalizzazione del significato della mission sindacale dell’ASCOM, attuata con il protagonismo e la responsabilizzazione dei singoli, sollecitati ad andare oltre subcultura associativa intesa come mero scambio di servizi che li rendono subalterni e li inducono ad una partecipazione pigra, precondizione della delega a leadership che nel tempo si trasformano in gerarchie e burocrazie autoreferenziali, a loro volta cinghie di relazione con una Politica intrisa di propaganda e sostanzialmente interessata a coltivare appartenenze ideologico-corporative piuttosto che cittadinanza attiva e coinvolta nella elaborazione e progettazione del futuro.

Nel nostro colloquio ci siamo soffermati a lungo sui meccanismi della rappresentanza e ne abbiamo colto la progressiva degenerazione, non casualmente contestuale e correlata allo svuotamento della Politica governante che ormai connota il quadro politico locale e regionale dando vita alla fenomenologia che, con linguaggio giornalistico, potremmo definire ‘zaiazione’ intesa come artificiosità propagandistica, ovvero gestione della macchina pubblica svuotata delle ‘funzioni sensibili’ della Programmazione implementata attraverso scelte strategiche e responsabilità istituzionali rispetto ai temi chiave dello sviluppo, e riempita dai flussi di una comunicazione politica finalizzata alla manipolazione ed allo stordimento dell’opinione pubblica.

Ma se da quanto passato in rassegna, in un fitto ed empatico scambio di pareri, analisi, aneddoti, è risultato evidente il deficit accumulatosi nella governance territoriale, in ragione della pluriennale regressione della qualità della rappresentanza politica, è rimasto meno esplorato il ‘buco nero’ della responsabilità pubblica dell’imprenditoria.

Su di essa Fernando Zilio usa un triplo registro di valutazione: severità nei confronti di molti suoi colleghi commercianti, intrappolati in una visione e gestione di breve respiro delle proprie aziende destinate inevitabilmente all’asfissia, comprensione verso la nuova generazione di imprenditori impegnati nei processi innovativi e proiettati nell’acquisizione di spazi nei mercati internazionali, sconcerto e denuncia delle responsabilità -ben individuabili sia nelle persone fisiche che nei corpi associativi intermedi – per la volatilizzazione delle Banche territoriali e la ‘fuga’ di diverse grandi famiglie di imprenditori che hanno alienato le loro aziende ed orientato i patrimoni finanziari ricavati, lontano dal contesto socio-economico che li ha generati.

Sono queste ultime considerazioni che introducono alla riflessione ed agli interrogativi sulla necessità di riorientare l’attenzione e la dedizione dei ceti produttivi al territorio, non tanto e non solo sotto il profilo della tutela e della sostenibilità, ma prioritariamente al suo ‘destino’.

Ed è a questo cimento che sta pensando ed al quale si sta dedicando ora Fernando Zilio, in quella che io auspico e preconizzo per lui e per il Veneto una nuova stagione del suo ‘apostolato civico’: l’avvio di un think tank nel quale coinvolgere i ceti professionali, produttivi ed intellettuali (attualmente) renitenti ad entrare pienamente in gioco per immettere le loro energie nella rigenerazione democratica delle Istituzioni locali, nell’efficientamento e rivitalizzazione degli Enti pubblici ed apparati amministrativi.

Si tratta a ben vedere di una sfida temeraria perché il ‘terreno pubblico’ non riscuote un grande fascino ed in molta sua parte è stato deturpato da mediocrità, faziosità, miopia, egoismi, individualismi: ma probabilmente è proprio il ‘luogo’ che in questa fase storica richiede l’entrata in scena di nuovi protagonisti dotati di competenza e lungimiranza, meglio se coniugate con la conoscenza e l’esperienza di chi ha attraversato le tensioni e contraddizioni di Grandi Organizzazioni.

Dino Bertocco