Il PD del Veneto elimina la candidata Laura Puppato…

. e azzera il confronto democratico al proprio interno.


Colloquio-intervista con Enzo De Biasi – Seconda parte

Pubblichiamo la seconda parte del colloquio-intervista in cui Enzo De Biasi espone un resoconto ‘in diretta’ della sua esperienza all’interno del tortuoso percorso congressuale del Pd veneto, con analisi e considerazioni che si propongono non solo di offrire una puntuale e rigorosa informazione, ma soprattutto di alimentare la riflessività ed il confronto sui meccanismi procedurali della partecipazione democratica dei cittadini e della governance partitica che interessano e coinvolgono l’intero ceto politico, non solo regionale. (Leggi qui la prima parte).


Regolamento: riduzioni e peggioramenti del PD regionale rispetto alla disciplina nazionale:

  1. La negata partecipazione popolare nel percorso di selezione del vertice regionale.

Proseguendo sulla disamina delle regole approvate, è bene rendere noto che il PD del Veneto più che promuovere un campo largo a partire dalle proprie mura domestiche, quando ne ha facoltà, riduce lo spazio democratico e di confronto. Un po’ come in certe associazioni di ex-combattenti e reduci, dove a presenziare e discutere sono sempre gli stessi autoreferenziali e sedicenti ‘pochi ma boni’.

In proposito soccorre la lettura di dichiarazioni rilasciate da dirigenti ‘di livello’ del PD e tratte da un articolo del Corriere del Veneto apparso a fine aprile del 2017. Prima sentenza capitale Le primarie sono morte”, timido tentativo di recupero «È vero, le primarie non sempre sono lo strumento migliore, specie a livello locale, e avrebbero bisogno di un tagliando, con regole più stringenti” però debbono essere fatte, perché? “Il Pd è vivo.Ora serve nuovo slancio dopo la doppia batosta delle Regionali del 2015 e del referendum del 4 dicembre». Vero, anche se la raccolta dei consensi alle regionali del 2020 è andata peggio del quinquennio precedente. Forse, i votanti di quattro anni fa incoronando i due nominativi scelti dai capicorrente dei rispettivi schieramenti, Matteo Renzi pro-Alessandro Luigi Bisato e Andrea Orlando pro-Giovanni Tonella, rispettivamente Segretario Regionale e Presidente dell’Assemblea del Veneto, hanno accordato fiducia rivelatasi poi infondata nella prosecuzione del quadriennio 2017-2021. Soddisfacendo la curiosità del lettore, la prima battuta è dell’allora Prof. Enrico Letta, le altre due dell’ex segretario Roger On.le De Menech, “che nel 2014 fu eletto all’unanimità, senza gazebo” (cfr. Corriere del Veneto 27 04 2017).

L’attuale vertice nazionale, chiamato da Parigi per occuparsi di un robusto rilancio del PD dopo l’emorragia renziana, ha proceduto a riaggiornare lo Statuto del partito e benché allergico alle Primarie non ha potuto abrogarle del tutto. Però, è riuscito a restringere il numero di candidature opzionabili e sottoponibili al vaglio dell’elettorato, con buona pace della pluralità delle idee e dei potenziali protagonisti interni. Infatti, nello statuto attuale all’art. ‘12- seconda fase’, resta conservata la competizione per la carica alla Segreteria Nazionale limitata ai ‘due candidati’ più votati dagli iscritti che saranno presentati al vaglio dei non tesserati. Del resto, l’art. 4 comma 1 della carta fondativa vigente, indica “gli Iscritti e gli Elettori, quali soggetti della vita democratica interna” chiamati in causa per le scelte importanti “d’indirizzo politico”.

Tale comma cardine è in tutta evidenza anche nello Statuto Veneto fin dal 2008 (Capo 2 art. 2 comma 4), normativa tutt’oggi presente nel sito internet regionale (quindi vigente), rimasta – guarda caso- del tutto disattesa nel Congresso che andrà a concludersi a gennaio 2022. Altra possibilità non colta dal PD regionale è quella dell’art. 21-comma 6 del rinnovato ordinamento nazionale, che consente all’elettorato di contribuire all’elezione diretta del Segretario Regionale previa un’apposita deliberazione. Evidentemente, consultare anche chi ti vota, non fa parte del DNA dei Democratici Partitocratici Veneti che, al di là delle abituali lagnanze, non sfruttanoappieno nemmeno quella gretta autonomia concessa da Roma a differenza di quanto fatto in altre regioni: Marche, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna. In effetti ed anche alla luce dell’esito finale, il candidato unico e la negata partecipazione popolare al percorso di selezione del vertice, dimostrano scelte ottuse e di scarsa lungimiranza, connotati tipici della dirigenza veneta e del suo nanismo politico.

  1. Come sbarrare l’accesso a chi non fa parte della solita compagnia di giro, con riferimenti (capicorrente) in quel di Roma.

Gli zelanti paladini dell’establishment correntizio veneto, che hanno materialmente redatto il regolamento congressuale regionale, erano probabilmente a conoscenza di un accordo romano in fieri o in via di perfezionamento, qui poco importa, per arrivare in prima battuta ad una candidatura ‘unitaria’, dove tutti quelli che contano, potevano (dovevano) riconoscersi, propagandata a dovere e nei media locali e tra gli iscritti dopo la pausa estiva. La chiave del successo per ottenere il risultato voluto e perseguito, è stata quella di innalzare di molto il numero di sottoscrittori necessari per le liste di supporto alla proposta (già individuata) per la Segreteria Regionale.

Il focus della questione è la spiegazione data dalla Commissione Congresso in sede applicativa, dell’art. 7 comma 2 del Regolamento regionale (fonte secondaria) in relazione all’art. 6 comma 3 di quello nazionale (fonte primaria). In estrema sintesi, la Commissione (verbale del 9 novembre) ha pienamente avvalorato la ratio ad excludendum basata sul numero minimo di 60 sottoscrittori da intendersi per ciascuno dei 17 collegi elettorali territoriali, anziché in capo a ciascuna Federazione (livello provinciale). Le mie considerazioni esplicitate in due note del 6 e del 15 novembre, volte a riconsiderare l’interpretazione restrittiva in essere, argomentazioni scaturite anche dalla constatazione del cospicuo numero di firme raccolte dal candidato ‘unitario’ in occasione dell’accoglimento della sua candidatura a Segretario Regionale il 31 ottobre, non hanno sortito alcun effetto. La domanda rimasta agli atti è la seguente: “In questo contesto, affermare che occorre raccogliere 60 firme di iscritti per ciascun collegio dei 17 ubicati in Veneto, chi potrebbe favorire? “. La Commissione non volendo riesaminare il proprio orientamento, si è prestata a predeterminare chi tra i due candidati sarebbe stato in grado di avere tutti i requisiti per correre nella campagna elettorale dal 26 novembre al 19 dicembre e chi sarebbe stato escluso.

Ma cos’è la democrazia? Al netto di principi, procedure e istituzioni, tutte componenti necessarie e qualificanti, è anche un sistema basato su un processo decisionale nel quale, a tutti i cittadini deve essere assicurata la possibilità di partecipare alla discussione pubblica, sostenendo le loro tesi, avanzando i loro argomenti e tendando di convincere i potenziali votanti, vale a dire gli iscritti al PD nel caso specifico della competizione elettorale interna. I competitor sulla scena erano solamente due; ovvero parte e controparte, elementi basilari affinché possa aver luogo il dialogo-confronto, sostanza del metodo democratico. Colpo di scena! Per questioni ermeneutiche di dettaglio localistico; uno dei due è eliminato.

Quanto preannunciato, si è poi effettivamente avverato il 24 novembre, con la conta delle sottoscrizioni presentate per ciascun collegio a supporto della candidatura di Andrea Martella, diventata da questa data ‘unitaria ed unica’.

Cancellare la dialettica interna, impiccandosi ad una unica interpretazione possibile, eliminando fin da subito non uno di tre o quattro candidati in lizza, ma uno dei due pilastri reggenti il ponte del confronto democratico, posizione conquistata in modo strabiliante anche se a fatica daLaura Puppato, ha voluto significare negare in radice il valore della libertà di scelta dell’iscritto e del suo diritto ad avere delle opzioni disponibili. Del disbrigo della ‘pratica SR-PD Veneto’ già decisa altrove e da tempo, si è fatta carico una commissione grigia, sorda ma operosa.

L’invito alla dirigenza PD del Veneto è di correre unitariamente prima di fine anno, a festeggiare la ricorrenza della nascita del Partito Comunista Italiano Livorno 1921-2021. Indubbiamente, si è guadagnata i galloni in “campo chiuso e con un candidato unico”.

  1. L’omessa identificazione dei mezzi e delle risorse impegnate dal candidato alla SR nella sua propaganda elettorale

Tanto puntigliosa e scrupolosa è stata l’attenzione prestata dai redattori piddini nel disciplinare e motivare il numero di sottoscrittori necessari per garantire la presentazione della candidatura alla posizione di SR e delle sue liste collegate pena l’esclusione dalla competizione, quanto invece è stata inesistente e trascurata, la traduzione del comma 1 dell’art. 10 (Costi e mezzi di propaganda e limiti di spesa e rendiconti) dal reg. nazionale, a quello regionale. L’unica informazione inserita è stata la quantificazione di una spesa massima di € 10.000,00, anche se la Puglia -ad esempio per la stessa posizione- ha previsto 5.000,00 €. Sollecitata per iscritto, la Commissione ha inserito la voce ‘autocertificazione delle spese’, dimenticando le possibili ‘entrate’ e restando del tutto indifferente all’esigenza di prevedere un modello di ‘rendiconto’ specifico ed analitico per entrambe le voci specificando -del caso- quando e se vi sono prestazioni gratuite oppure a pagamento con denaro, sponsorship, servizi, ore/giornate di volontariato.

Trattandosi pur sempre di campagna elettorale nei media, il PD Pugliese ha vietato sia la pubblicazione a pagamento di messaggi pubblicitari o di propaganda personale sui mezzi di comunicazione radiotelevisivi, giornali, riviste o altri organi di stampa e comunicazione, sia “i contributi economici o donazioni di sostenitori, ovvero di soggetti che a vario titolo sostengono direttamente o indirettamente i candidati”.

Fissare termini, modi e tipologie di spesa ammissibili, conoscere in dettaglio da dove arrivano i soldi e chi li dà, sono trascuratezze che giocano – al di là della presumibile buona fede – a favore del player più forte. Il non aver previsto poche ma chiare regole, è stata una semplice dimenticanza? Rendere limpide e verificabili da parte di chiunque abbia titolo, a partire dall’iscritto, i mezzi e le risorse economico-organizzative-finanziarie effettivamente usate, è un dovere civico- prima che partitico- da parte di chi aspira a guidare un’associazione. In tematiche così delicate e che contribuiscono a costruire il mainstream del ‘comune sentire’ verso la rappresentanza politica, la trasparenza più che predicata, va praticata; di certo non va dissimulata o nascosta.

Come è avvenuta la selezione dei candidati alla SR, i tre tempi del film vissuto.

  1. Primo tempo, il mancato confronto con le parti sociali

Il comunicato stampa del PD pubblicato il 19 ottobre, aveva informato che la Commissione Congresso era stata insediata il 25 di settembre, dopo più di ottanta giorni (82) dall’approvazione del Regolamento congressuale del 5 luglio. Si potrebbe dire, consueti ritardi nel rispettare le scadenze, ma non è solamente così. Uno dei compiti della Commissione è quella di redigere le scadenze congressuali, darne attuazione e vigilare sulla realizzazione di tutta l’attività programmata. In argomento la delibera che detta la tempistica delle diverse fasi congressuali, ciascuna propedeutica per la successiva, è del 17 di ottobre adottata quando mancano tre giorni alla scadenza del primo step costitutivo dell’intero procedimento selettivo delle candidature. Cosa doveva fare dal 25 settembre al 20 di ottobre la Commissione? È presto detto. Doveva, organizzare in presenza o in via telematica incontri di confronto programmatico con rappresentanze della società civile, mondo della scienza e cultura; inoltre, altri confronti con deposito documenti politici con Segreterie Provinciali, Giovani Democratici e Donne Democratiche. Cosa è stato attuato? Nulla. In argomento, in data 6 novembre ho presentato proposte operative, comunque, da attuarsi anche se fuori tempo massimo. Chissà di cos’altro (sistemare il regolamento?) si sarà occupata la Commissione dal 25 settembre al 17 ottobre ed ancora perché tanto tempo perso dalla Direzione Regionale per insediare una Commissione esecutiva? Nel merito degli argomenti che avrebbero dovuto essere oggetto di dibattito per dare idee e contenuti all’azione del prossimo quadriennio del PD Veneto nell’intervallo 25 settembre -20 ottobre, siamo nel solco dell’usuale insensibilità d’ascolto preventivo e partecipato verso i portatori d’interessi diffusi e del malessere della società regionale. La classe politica ed anche il PD, le questioni le affrontano quando “scoppia il problema”, intervenire prima della metastasi non è proficuo.

  1. Secondo tempo, presentazione e diversità tra i due candidati alla Segreteria Regionale

In esecuzione dell’art. 3 comma 3 del reg. regionale, entro le ore 12 del 31 ottobre 2021, Laura Puppato il 28 di ottobre e Andrea Martella l’ultimo giorno utile, hanno presentato le proprie candidature. Le sottoscrizioni minime richieste erano 250 (massimo di 600): Laura Puppato 357 firme, Andrea Martella 598.

La Commissione, quindi, ha validato entrambi i nominativi ed integrato la propria composizione con i due delegati designati indicati dai competitor, il sottoscritto per la prima candidata e Vanessa Camani per il secondo player. La differenza quantitativa delle firme raccolte tra i due, considerato il criterio delle 60 sottoscrizioni inderogabili per ciascun collegio da applicarsi a tutti i 17 collegi del Veneto o in via residuale ma tassativa in almeno 9di questi per stare in partita (540 sottoscrizioni), comporta una serie di considerazioni; anche se per completezza, il quadro va completato con tre ulteriori annotazioni.

La prima, il 31 ottobre al Corriere del Veneto, il candidato A. Martella ebbe a dire “Beh, io ho raccolto 1.400 firme e ne ho depositate 598 solo perché il limite massimo previsto dal regolamento è 600…» La seconda, i moduli per la raccolta firme pro-candidatura sono stati approvati a partire dalla data di approvazione della Commissione, 20 ottobre 2021. La terza, che 540 firme su 10586 iscritti, rappresenta oltre il 5% (5.10) dell’elettorato interpellato.

La facilità con la quale il primo arrivato nel computo finale, ha raccolto oltre due volte la cifra legale massima necessaria per la competizione rispetto alla sua avversaria, sembra dimostrare -fin da subito- tono muscolare e capacità d’attrare i consensi degli iscritti, davvero importanti. Nel terzo tempo, osserveremo che questa forza d’urto basata e sulla propaganda partita per tempo dal coro unanime delle correnti organizzate e sulle aderenze nell’apparato partitico (meno favorita in questo la sua rivale), si è di molto affievolita. Il dato politico rimarchevole è che il 31 ottobre sera, anche i maggiorenti del PD nazionale e regionale, i quadri intermedi e la base associativa (oltre che i mass-media) sono stati informati ed hanno (forse) compreso” che la candidatura ‘unitaria’ non esisteva più; anche se atteggiamenti e comportamenti verso la candidatura con meno adesioni non era affatto mutato. In ogni caso, per la Segreteria Regionale del PD-Veneto correvano un già onorevole ed una già senatrice, rispettivamente di Portogruaro e Montebelluna.

Utilizzando, non la matematica ma l’aritmetica imparata con le tabelline da scuola elementare, il candidato arrivato primo aveva già acquisito le 1.020 sottoscrizioni utili per superare anche il secondo esame, quello delle liste collegate, mentre la seconda doveva recuperare 183 firme solo per poter esserci (il tema è stato segnalato anche alla Commissione il 15 di novembre).

Afferma uno dei principi dell’art. 49-Costituzione: i Partiti sono utilizzati dai cittadini come strumento di esercizio della sovranità popolare”. Tale assuntodovrebbe spingere il PD, a garantire e favorire il massimo della partecipazione possibile, a valere proprio in occasione della selezione della propria classe dirigente, tanto più perché è stata esclusa la consultazione degli esterni. Guardando fuori del fortino correntizio domestico, la medesima compagine non annota la pesante contraddizione con sé medesima allorquando vota una norma (la nr. 165/2017) consentendo ad una lista – sia alla Camera sia al Senato – di essere sottoscritta da almeno 1.500 e da non più di 2.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nel medesimo collegio plurinominale, dove vige il la suddivisione proporzionale per l’assegnazione degli scranni parlamentari? Per le elezioni politiche 2018 tali sottoscrizioni sono state ridotte ad un quarto (1.125 cittadini). Applicando tali entità ad un collegio Veneto con 383.617 iscritti all’anagrafe elettorale, la percentuale richiesta di sottoscrizioni è dello 0.39% sceso allo 0.29 % tre anni or sono. Osservando la distanza e la differenza tra la % richiesta all’interno del PD dal PD per poter concorrere, 5.10 e quella prevista all’esterno dallo stesso PD, 0.39 (0.29) per poter gareggiare con una propria lista, la deduzione è semplice: il significato di partecipazione popolare è oscuro e nebuloso, non all’iscritto del circolo di Ponso in Padova, ma a chi tiene in ostaggio l’esercizio della sovranità dei propri iscritti, i cerchi ‘magici’ dei soliti noti.

Passando a comparare i due profili dei candidati presentatesi, è necessario -per non essere frainteso– che qui l’operazione riguarda azioni e attività che entrambi i politici hanno fatto e fanno (faranno) nel loro operare ‘professionale’ e che sono desumibili da fonti attendibili e verificabili da parte di ciascun iscritto. La sintesi finale su ciascuno spetta al lettore, qui segnaliamo degli elementi afferenti alla sfera pubblica del competitor; non certo per esprimere apprezzamenti e tantomeno opinioni sulla singola personalità e modalità d’essere o comportarsi nel suo privato-famigliare-parentale-amicale.

Del resto, ciascuno di noi, nella sua vita quotidiana incontra e acquista beni e servizi da differenti figure imprenditoriali o professionali con le quali necessariamente intratteniamo relazioni: idraulico, fornaio, fruttivendolo, dentista, avvocato, commercialista, insegnante eccetera. Di tutti e di ciascheduno abbiamo un’idea basata si sull’ empatia, ma anche sulla valutazione della qualità/prezzo del bene o servizio erogato. Tale schema è valido anche per chi votiamo e ci rappresenta sia come valori che come prestazioni effettivamente fornite, che poi possiamo confermare o negare la volta successiva con il voto.

Venendo all’argomento. A. Martella e L. Puppato e i loro curricula sono leggibili con due belle foto nei siti internet del partito regionale e provinciali, epperò per saperne di più è utile consultare anche i rispettivi siti dedicati in Wikipedia. Entrambi hanno fatto esperienza di Amministrazione Locale: Puppato in qualità di Sindaco di Montebelluna mentre Martella come Vicesindaco ed Assessore a Portogruaro. Come noto, si diventa Sindaco in quanto eletti direttamente dal popolo, componente della Giunta Comunale (Vicesindaco e Assessore) si è nominati dal Sindaco. Entrambi hanno fatto esperienza parlamentare, di più lunga durata Martella 2001-2018 (4 legislature) e poi Sottosegretario nel Governo Conte 2 (settembre 2019-febbraio 2021) su chiamata del Presidente del Consiglio, funzione affidata anche a chi non è parlamentare. Puppato, Consigliere Regionale-Capogruppo 2010-2013 e senatrice 2013-2018. Attività lavorativa: Martella funzionario e poi dirigente di partito, PDS (Partito Democratico della Sinistra), attualmente Consigliere del Ministro del Lavoro -Governo Draghi; Puppato, impiegata e poi imprenditrice assicurativa, professione che esercita a tutt’oggi.

Essendo A. Martella il candidato unico rimasto in gara, qualche ulteriore elemento:

  • Chi è Andrea Martella il dem. veneziano tra i padri del nuovo Governo Giallorosso, Corriere del Veneto 19 agosto 2019;
  • Niente vitalizio, dal Sole 24 ore del 20 ottobre 2020 e
  • Mose e il colore delle tangenti, da Repubblica del 9 giugno 2014.
  1. Terzo tempo, la candidata Laura Puppato eliminata

Il mese di novembre è dedicato alla sottoscrizione delle liste recanti i nominativi proposti per l’Assemblea Regionale e collegate ad una delle candidature confermate a fine ottobre.

Il giorno 24, la Commissione ammette Andrea Martella in quanto in tutti i 17 collegi ha superato la soglia minima (60 firme), mentre Laura Puppato raggiunge l’accesso solo su 7 collegi rispetto allo standard richiesto di 9, dove in uno, quello di Venezia (collegio 9) mancano 3 sottoscrittori e in quello di Padova (collegio 2) ne mancano 6. Nei 17 collegi del candidato unico le firme raccolte ammontano a 1586, ovvero 186 in più rispetto alle 1.400 del 31 ottobre; mentre negli 11 collegi della candidata estromessa la somma è pari a 633 firme, 276 in più rispetto alla cifra del mese precedente. Calcolando l’incidenza in termini percentuali sul totale degli iscritti, nel primo caso 15 % (14.9) , nel secondo 6.0% (5.9), mentre le liste hanno aggiunto un più 12 % di maggiore attrazione rispetto al dato della singola candidatura per il candidato unico ed un più 77% nella seconda situazione.

Probabilmente con un’altra settimana di tempo, anche la candidata Laura Puppato avrebbe superato gli ostacoli che le erano stati frapposti anche durante la raccolta delle firme. La tempistica del primo tempo è stata del tutto inosservata, causa partenza ritardata della Commissione, quella del secondo e del terzo scrupolosissimamente adempiute. Ma le regole si rispettano sempre, oppure dipende dalla posta in palio?

Lo sbarramento all’accesso voluto ed escogitato mesi prima, ha perfettamente funzionato! Per ammettere la seconda parte attrice e garantire un confronto dialettico e non una corsa solitaria degna d’altri tempi e metodi, sarebbe stato sufficiente re-interpretare la norma sulla scorta di quanto finora detto e riferito alla Federazione e non a ciascuna ripartizione elettorale. Da subito sarebbero tornati in pista i due collegi mancanti, dato che a Padova sono state validate 101 firme e a Venezia si poteva attingere ad altre 42 sottoscrizioni. In proposito è bene ricordare che il PD nazionale e regionale, non è dotato di un software informatico dialogante e contenente tutti i dati delle federazioni catalogati con lo stesso linguaggio immediatamente disponibile e pronto all’utilizzo.

Giustificate le immediate proteste provenienti da diverse realtà territoriali, soprattutto da Belluno e da Vicenza di un recupero in sede politica; ma di fronte ad una volontà ferma e ferrea del PD del Veneto di non voler trovare soluzioni poiché il candidato unico è il punto d’equilibrio raggiunto questa estate, né discutibile né tantomeno negoziabile. La controprova? La Commissione Nazionale di Garanzia, nel rigettare i ricorsi Puppato e Carnelos e prima di confermare la legittimità della scelta autonoma in salsa veneta, ha fatto -non a caso ed in via preliminare – annotare quanto segue. “Tale norma (l’art. 6 comma 3 del regolamento nazionale), che è norma d’indirizzo e non cogente, ha come ratio quella di consentire ai singoli regolamenti regionali di istituire collegi che hanno come delimitazione territoriale l’estensione della Provincia e/o della Federazione del PD. “Ma allora è proprio vero che il blocco è stato pervicacemente, voluto, perseguito e conseguito da un “gruppetto regionale autoreferenziale” che ha pensato bene di far fuori in anteprima qualsiasi candidatura possibile. Qui, non solo è stata impedito a Laura Puppato e a tutti i suoi sostenitori di essere co-protagonisti, ma è stata sconfitta e sepolta l’idea stessa di cosa s’intenda per democrazia interna.

Mi si chiede un giudizio complessivo?

La mia opinione conta poco, piuttosto occorre guardare avanti.

Il 12 gennaio 2022 sarà proclamato un nuovo Segretario Regionale che durerà giusto il tempo per essere, probabilmente, ri-collocato in uno dei collegi plurinominali a votazione proporzionale (2022 o 2023), così avrà modo con un’ulteriore legislatura di perfezionare la contribuzione utile per il vitalizio parlamentare avendo -finalmente- tutti i requisiti necessari.

Inoltre, e nella veste di vertice apicale del PD del Veneto e trovandosi nella fortuita coincidenza di essere consulente del Ministro del Lavoro A. Orlando (peraltro suo leader di riferimento), potrebbe fin d’ora -dato per scontato l’esito congressuale finale- attivarsi proficuamente per fronteggiare la persistente perdita di posti lavoro causate da crisi aziendali in corso, promuovendo un tavolo regionale di ricognizione e proposizione organica di soluzioni in grado di dare risposte positive congiuntamente alle altre forze in campo: istituzioni, associazioni imprenditoriali e sindacali.

Per la componente non ammessa alla competizione in ragione di tutte le motivazioni fin qui descritte, occorre una class action che impugni in sede giudiziaria il regolamento congressuale regionale così da poter ripristinare – al più presto- le fondamenta violate e qualche regola di convivenza democratica di base.

Enzo De Biasi

Sabato 18 dicembre 2021

Fonti:

Congresso regionale 2021 – PD Veneto (partitodemocraticoveneto.com) (regolamento-delibere-due candidati)

La legge elettorale n. 165 del 2017) (camera.it)

cv_europeo-Laura-Puppato.pdf (partitodemocraticoveneto.com)

Laura Puppato – Wikipedia

Martella-PD-Biografia.pdf (partitodemocraticoveneto.com)

Andrea Martella – Wikipedia

Chi è Andrea Martella, il dem veneziano tra i padri del nuovo governo giallorosso – CorrieredelVeneto.it

https://www.ilsole24ore.com/art/niente-vitalizio-anticipato-gli-ex-parlamentari-ricorso-inammibile-AD8H0Z7?refresh_ce=1

https://www.repubblica.it/politica/2014/06/09/news/mose_il_colore_delle_tangenti_ecco_il_manuale_per_comprare_i_politici-88450754/