Il messaggio degli Imprenditori vicentini: forte, ineludibile, inequivocabile

La rinascita dalle aziende e nei territori: ma nel rapporto Regione /Roma deve prevalere la collaborazione

Il registro musicale dell’Assemblea confindustriale vicentina svoltasi sabato scorso ci ha riservato una ricchezza di note davvero notevole per un evento solitamente caratterizzato dal suono vivace, ma monotono della protesta antigovernativa.

In questa occasione si potuto ascoltare l’eco gradevole dei ceffoni metaforici del Presidente Confindustria Vicenza Luciano Vescovi rivolti ad “una dirigenza nazionale che fa pena, con troppi ministri scarsi e privi di competenze”, seguito alle parole forti e melodiose del Presidente nazionale Carlo Bonomi che rimarcavano l’esigenza di concertare con il Governo l’utilizzo delle risorse del Recovery fund attraverso “un grande patto per l’Italia in cui le priorità vengano valutate insieme a noi”.

Il fatto nuovo però è che stavolta si sono udite chiaramente anche le note armoniose della riflessione pacata con cui, da parte di rappresentanti della ‘base’ solitamente polemica, si è preso atto che le recenti elezioni regionali “hanno decretato un rafforzamento mai così evidente della politica territoriale ponendo un problema di tipo diplomatico ossia (che bisogna) trovare la giusta misura senza arrivare a una spaccatura per il confronto Stato/Regione”.

Con tali affermazioni si è cioè inteso sottolineare con fermezza che la dialettica politica “non deve compromettere le nostre aziende altrimenti saremo attori non protagonisti di una scena che non è la nostra”.

Esse vanno collocate nel contesto di un’Assemblea che ha dimostrato una forte empatia nei confronti del neoeletto Presidente della Regione Veneto senza farla diventare, però, una manifestazione da tifoseria, anzi indicando nell’approccio bipartisan la strategia più efficace per far pesare la posizione e egli interessi delle Imprese sulle questioni decisive della politica sociale ed economica di un Governo che nella versione gialloverde del Conte 1 ed in quella giallorossa del Conte 2 ha dimostrato una sostanziale continuità dell’impronta assistenzialista ed a-produttivistica delle misure adottate.

C’è da sottolineare che sia Vescovi che Bonomi, confermando il vecchio vizietto dell’opportunismo da classe dirigente ondivaga e miope (Vescovi era vice presidente di Banca Nuova, una controllata siciliana della Popolare di Vicenza, quella di Zonin, a lungo osannato in queste assemblee), hanno evitato di riconoscere la sostanziale discontinuità intervenuta nei rapporti con l’Europa, per merito dei nuovi soggetti politici subentrati alla Lega salviniana nella compagine governativa insediatasi giusto un anno fa.

Così come va ricordato agli imprenditori vicentini e veneti che gli applausi ed il consenso tributati a Luca Zaia andrebbero accompagnati da un severo monito affinchè interrompa la sua omertosa frequentazione del Capitano antieuropeo, antitedesco, antieuro, antiMes.

Ma la sostanza politica che va riconosciuta nel discorso confindustriale è l’esplicita opzione per rafforzare un processo di confronto e cooperazione interistituzionale che, nel corso della prima stagione dell’emergenza Covid, è stata concretamente ed efficacemente sperimentata.

Ed ora sicuramente il Sistema Imprese della nostra Regione avrebbe tutta la necessità e la convenienza che tale pratica venisse adottata anche per affrontare la complessa agenda della ripartenza in cui sono comprese le questioni vitali della regolamentazione del mercato del lavoro, del credito, degli investimenti per l’innovazione e le infrastrutture che il Recovery fund rende disponibili.

E come abbiamo sottolineato nel nostro ultimo articolo (Presidente, ha ragione Salvini: lei è una risorsa nazionale), il ‘luogo’ in cui far entrare in gioco il nostro territorio, è la Conferenza delle Regioni, e dunque, a seguire, la Conferenza Stato/Regioni, che è stata ‘collaudata’ in quanto le storiche tensioni provocate dall’eccessiva tendenza centralistica dei Ministeri e dalla disordinata esuberanza dei Presidenti di Regione, sono state moderate ed orientate alla ricerca di una sintesi imposta dalla drammaticità dei problemi pandemici ed anche richiesta dalle opinioni pubbliche locali preoccupate che dissidi e polemiche compromettessero la tempestività ed efficacia delle misure discusse e concertate.

Il metodo si è dimostrato non solo utile in quanto molti dei provvedimenti ‘rivendicati’ dai Presidenti di Regione sono stati attuati, ma anche perché in queste ultime settimane si è dimostrato che gli stessi Presidenti di Regione lasciati liberi di esercitare poteri discrezionali senza contrappesi istituzionali nazionali, diventano dei pericolosi demagoghi: e se in questo Luca Zaia e Vincenzo De Luca si sono dimostrati campioni imbattibili, anche altri loro colleghi si sono segnalati per le loro performance: pensiamo per esempio al buon Stefano Bonaccini inoltratosi spavaldamente sul terreno prima delle discoteche poi a seguire dei campi di calcio per aprire gli stadi al pubblico sottovalutandone l’impatto ‘contagioso’ nella stagione che viene.

Ma ben più importante è che in quella sede si è vista l’importanza di guidare le Regioni tutte assieme nei confronti dello Stato.

Per questo la Conferenza delle Regioni, a cui Salvini spinge Zaia per bruciarlo, in realtà, rispondendo alla sollecitazione degli industriali vicentini, potrebbe diventare lo strumento per far giocare al Veneto una partita nazionale, in serie A, e non nella serie dilettanti a base regionale.

Su tale metodo ha espresso valutazioni ed indicazioni operative precise ed inoppugnabili Ivo Rossi nell’articolo qui pubblicato (Le Regioni e i primi 50 anni) a cui rinviamo e che proprio alle luce della discussione e delle proposte emerse dall’Assemblea confindustriale vicentina acquistano un significato ed una pregnanza politico-culturale che dovrebbero essere assunti e praticati da tutti i protagonisti veneti chiamati ad esercitare responsabilità di rappresentanza associativa e politico-istituzionale.

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Dino Bertocco