Housing sociale: l’asset decisivo della rinascita comunitaria

(di Maurizio Trabuio, Fondazione La Casa Onlus- Padova)

Premessa: Le crisi mostrano la realtà per come è, non la generano.

  1. L’housing sociale, come complesso integrato di immobili e servizi abitativi, dimostra in epoca di crisi di avere delle specificità resilienti alle difficoltà sociali e sanitarie degli abitanti.

    Consente in maniera ordinaria la collaborazione tra abitanti dello stesso immobile, facilita il controllo e l’assistenza, in presenza e da remoto, da parte di operatori specializzati. Offre spazi per la formazione e la cura sia agli abitanti che al vicinato.

    Nei prossimi piani urbanistici ed edilizi dovrà essere introdotto il modello integrato dell’housing sociale, particolarmente nelle periferie e nei piani di riqualificazione urbana.
  1. Quando tutti stanno a casa loro e le città sembrano deserte, diventano visibili due categorie di persone: i senza dimora e i malfattori.

    I malfattori non hanno nulla da perdere a contravvenire alle norme pertanto continuano la loro attività, incuranti di ogni bene comune. La depenalizzazione dei cosiddetti reati minori, insieme alle difficoltà di comunicazione tra apparati dello stato, rende di fatto ingestibile la categoria, salvo un ripensamento serio e profondo del sistema giustizia a partire dalla presa d’atto che viviamo in un’epoca globalizzata e interconnessa.

    I senza dimora invece, hanno già perso molto nella loro vita e il deserto che si crea intorno a loro in questa situazione li rende ancora più fragili e vulnerabili, oltre che molto più pericolosi e costosi per la salute pubblica. Un piano serio e coordinato fra le diverse agenzie territoriali (comuni, ulss, terzo settore, ater, …) potrebbe attuare quello che viene definito “housing first”, cioè un programma di creazione di una rete di case e operatori di assistenza in sostituzione di dormitori, cucine, docce, sale d’aspetto, pronto soccorso, …

    Potrebbero trovare mercato anche gran parte di immobili esecutati dalle banche e non appetibili sul mercato, generando un valore indiretto interessante per alleggerire il peso dei non performing loans delle banche.
  1. Atteso che ci siamo spesi anche i soldi che non avevamo, adesso che ne avremo bisogno non ci sarà modo di evitare una patrimoniale più o meno ampia e profonda, ma inevitabile. Sarebbe in qualche modo di aiuto all’equità se nel calcolo del patrimonio venisse computato anche il valore del patrimonio immateriale, relazionale e reputazionale. Questo elemento, che nell’immediato forse non genera maggiori flussi monetari, avrebbe come effetto positivo due ricadute importanti:

    A. da una parte darebbe una qualche legittimità di azione e riconoscimento anche ai soggetti del terzo settore che sono abituati in qualche modo a misurare nelle loro contabilità gli aspetti immateriali, relazionali e reputazionali. Nella stucchevole produzione di decreti “cura italia”, “salva imprese” e quant’altro finora esibito dagli esecutivi centrali e regionali, non è mai stato considerato questo soggetto come se non desse lavoro a oltre un milione di persone in Italia.

    B. Dall’altra metterebbe sullo stesso piano di responsabilità sociale verso il bene comune sia chi detiene patrimoni fisici, sia chi ha solo se stesso, soggetto però in grado di mettere in campo patrimonio relazionale e reputazionale. Questo comporterebbe una immediata e generalizzata diffusione del baratto amministrativo e la trasformazione della spesa assistenziale di ogni tipo, in investimento per il miglioramento del patrimonio immateriale e relazionale. Lascio solo immaginare la riduzione di costo dell’assistenza impropria e il miglioramento del dialogo fra tutti i soggetti.
  1. Sempre sul tema delle ordinanze e decreti che ad ogni ordine e grado sono stati prodotti copiosi in questo periodo aggiungo il mio pensiero ai tanti e più autorevoli che in tanti modi chiedono una rapida sburocratizzazione e semplificazione di tutto l’apparato che dal centro arriva alla vita di ciascuno.
    Siamo sull’orlo del fallimento come sistema, tanto vale che dalle ceneri possa rinascere qualcosa capace di produrre valore, questo potrà succedere solo se mentre tutto muore, si afferma il principio di responsabilità che sostituisca il principio di correttezza formale.

Maurizio Trabuio