Giuseppe Conte e il compromesso dell’eurogruppo (di Ettore Bonalberti)

L’obiettivo resta il ‘Piano di ricostruzione’ sostenuto con gli eurobond

Il compromesso raggiunto Giovedì scorso dall’Eurogruppo ha suscitato molte polemiche non solo fra maggioranza e opposizione: io stesso ho affrontato discussioni accese con alcuni amici, specie in relazione al giudizio che personalmente ho espresso sull’operato del Presidente del consiglio, Giuseppe Conte.

Quanto a quest’ultimo, mi limito a ripetere: chi vivrà vedrà. Reputo Giuseppe Conte, l’avvocato fiorentino catapultato dal M5S a guidare un Esecutivo che si è trovato ad affrontare una situazione mai accaduta prima in tutta la storia repubblicana, come quello che, almeno a me, appare il migliore tra quanti calcano in questo momento la scena politica italiana.

Certo si tratta non di un superlativo assoluto, ma relativo, e anche chi non condivide il mio giudizio, sino ad oggi non ha saputo proporre altra soluzione che quella di Draghi; ottima risorsa repubblicana, legata, come lo è stato già Mario Monti, con i poteri finanziari che controllano, con le banche centrali dei Paesi europei, la stessa BCE. Chi come me, si batte per il ripristino del NOMA ( Non overlapping Magisteria) ossia per la Politica che guida il progetto, con l’economia reale e la finanza a supporto, e, dunque, concretamente, al controllo pubblico di Banca d’Italia e della BCE e alla netta separazione tra banche di prestito e banche di speculazione finanziaria ( Legge Glass-Steagall USA e Legge bancaria italiana del 1936 abrogata, ahimè, dal decreto Barucci-Amato del 1992) sarebbe come cadere dalla padella nelle brace.

Al di là, tuttavia, di questo giudizio del tutto personale e opinabilissimo, resta il fatto che mentre si combatte questa guerra impari col virus, il comandante alla guida non si cambia, anche se, come nell’ultima intervista televisiva si è fatto prendere dall’irritazione per le accuse false e infamanti che da giorni gli erano state rivolte da Salvini e dalla Meloni.

Right or wrong my country” ( “ Giusto o sbagliato è il mio Paese”) dicono gli americani e anche noi in questa drammatica fase dovremmo seguirne il principio.

Nel merito della vicenda europea dobbiamo invece evidenziare quanto segue.

Dopo giorni di tensione, dibattiti e scontri, dall’Eurogruppo escono due buoni risultati che dobbiamo valorizzare e che nessuna astiosa propaganda potrà negare.

In primo luogo c’è il varo di un ventaglio di iniziative mai viste prima per quantità di risorse attivate: fino a 500 miliardi, dal Programma per la disoccupazione (SURE) ai Fondi BEI e al Fondo salva-stati SENZA CONDIZIONI per le spese dirette e indirette della sanità.

In secondo luogo, ed è la vera novità, la decisione di un Piano per la ripresa (RECOVERY PLAN) per altri 500 miliardi da sostenere con nuovi strumenti finanziari.

Questo era ed è il nostro obiettivo: un “Piano per la ricostruzione” che veda lo sforzo congiunto di tutta l’Europa. Ora questa proposta è stata messa sul tavolo del prossimo Consiglio europeo e lì Italia, Francia e Spagna e gli altri paesi favorevoli dovranno battersi per renderlo effettivo rapidamente.

Ed è chiaro a tutti, anche a quei paesi che non li hanno voluti nominare espressamente, che questi nuovi strumenti finanziari non potranno che essere dei BOND, o garantiti dal bilancio europeo rafforzato o dai singoli Stati, ma comunque EMISSIONI DI DEBITO COMUNE, indispensabili per mobilitare i finanziamenti che saranno necessari a tutti gli Stati europei per superare il rischio di recessione.

Oggi anche il giornale tedesco Der Spiegel invita la cancelliera Angela Merkel a cambiare registro sugli eurobond, considerati lo strumento inevitabile se si vuol salvare l’Unione europea.

Confidiamo che Angela Merkel sappia essere all’altezza del suo mentore Helmut Khol e fedele alla migliore tradizione della CDU e CSU tedesca. Unica condizione per preservare il ruolo di guida del Partito Popolare europeo. Non scattasse questo elementare principio di solidarietà sarebbe la fine dell’Unione e le conseguenze sarebbero ancor più tragiche per tutti.

Ettore Bonalberti