Dialogo tra De Biasi e Vianello Moro sull’agonia di Venezia

Dialogo tra Enzo De Biasi e Franco Vianello Moro a seguito dell’opinione espressa da De Biasi in merito a “L’agonia di Venezia” nell’articolo “Problemi irrisolti da decenni che ora presentano il conto” pubblicato sul nostro sito.

Franco Vianello Moro. Bene. Tutto molto preciso e ben argomentato. Rimango molto perplesso di fronte ad atteggiamenti che “va bene ma non basta, si può fare meglio”. Ecco intanto facciamolo finire BENE questo Mose, poi pensiamo a fare anche altro che serva a integrare e a migliorare il complesso del sistema di difesa (IL MEGLIO) Perché se i fenomeni si intensificassero non è che se stiamo ad aspettare il MEGLIO aiutiamo a risolvere le emergenze.

Magari si potrebbe provare a trovare qualche spunto leggendo un mio intervento sul tema http://www.luminosigiorni.it/2019/11/speciale-acqua-alta-1-il-mose-che-non-ce/ così si potrebbe scoprire che anche illustri personalità dell’ambientalismo (Gianfranco Bettin) o dell’ingegneria idraulica (prof D’Alpaos) che hanno sempre obiettato in forme radicali sul progetto MOSE sostengono ormai l’ineluttabilità di questa scelta. Temperandola e integrandola.

Enzo De Biasi. La questione non è ” si può fare meglio” ma, ” si poteva e doveva fare meglio già 30 anni fa” valutando anche altre soluzioni che -nonostante i dibattiti pubblici dell’epoca lo sollecitassero in ogni occasione- chi comandava al tempo NON HA VOLUTO prendere in esame, così come non si tratta di “temperare ed integrare” un prototipo del quale non si conosce se reggerà al primo vero collaudo previsto a fine 2021 o meglio ancora allorquando nel corso del 2022 dovranno essere innalzate le paratie per parare l’acqua alta della prima marea sopra i 110 cm. e magari si scoprirà (ma lo dico ora novembre 2019) che per issare tutte e settanta occorrono diverse ore di funzionamento dato l’enorme assorbimento di energia elettrica necessario, ovviamente, in anticipo rispetto alle previsioni della marea montante. Scrivere od affermare anni dopo la “ineluttabilità di questa scelta”, è come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.

Già negli anni precedenti la decisione finale di adottare il Mose, erano stati chiesti chiarimenti sulle seguenti criticità:

a) nel medio periodo le maree si sarebbero fatte più frequenti ed alte, spinte dal progressivo abbassamento del suolo che può avere cause naturali, legate a processi geologici, e cause artificiali o antropiche legate alle azioni dell’uomo -esempio scavo del canale dei petroli- combinato all’eustatismo, innalzamento del mare,

b) il MOSE era stato concepito e progettato quale modello e prototipo “unico al mondo ” fatto ad hoc per proteggere Venezia dall’acqua alta “granda” e se questo magnifico modellino una volta sviluppato e messo in acqua non funziona? che si fa? ,

c) le paratie una volta alzate proteggono fino a maree massime di 160/170 cm e se le maree saranno mediamente e frequentemente superiori di 20/30 /40 cm chi ferma l’acqua? ed inoltre la pressione dell’acqua marina sopra le paratie le farà inabissare o reggeranno? La risposta data al tempo era più o meno “ faremo i calcoli e poi vedremo “ Se i calcoli applicati al modello una volta calato in mare non si riveleranno corretti e l’evento alta marea si verificherà spesso, che succede?,

e) le risorse per il Mose sono in detrazione agli altri interventi pro-sicurezza Centro Storico ed Isole di Venezia garantiti (fino ad allora) dalla legge speciale, con quali altre risorse si farà l’ordinaria manutenzione della città lagunare? La riposta usuale di chi aveva tutto chiaro in testa “intanto risolviamo il problema acque alte con il Mose poi si vedrà”, tipica risposta di chi non sa cos’altro dire. Oggi, 2019, possiamo tranquillamente affermare “abbiamo già visto” il vuoto di realizzazione e di soldi sprecati,

f), il costo della manutenzione Mose era stimato al tempo in 50/60 miliardi (oggi si accenna a 80/90 milioni annui) , soldi che lo stato paga per i primi tre anni e poi scaricherà alla filiera enti pubblici locali in toto od quota parte, ma sempre ovviamente contabilizzati sui trasferimenti pro Venezia in detrazione ad altri fonti già essiccate ; della serie “dopo il danno la beffa”.

Chi volle fortissimamente il Mose? Una prima lista è stata scovata dalla magistratura penale e sono coloro i quali hanno intascato per sé stessi e per i loro partiti i soldi delle tangenti ed una seconda lista sono l’usuale cerchia di potere: Confindustria, Artigiani, Commercianti, liberi professionisti; il cerchio magico del partito del “fare”…..e la macchina va e se va a sbattere contro il muro per imprese e servizi associati è una pacchia , tanto c’è sempre altro lavoro da “fare” In quest’occasione vanno aggiunti anche alcuni dirigenti dei differenti settori della pubblica amministrazione, coinvolti nei procedimenti e nella malagestione della res publica. Va da sé così come i tifosi nello stadio osannano la squadra del cuore ed ululano contro gli avversari, hanno accompagnato il partito del “fare” la grancassa dei quotidiani e delle emittenti radio-tv nazionali e locali con maggiore audience. Le tre categorie dei politici, delle imprese e dei burocrati con i giornalisti maggiormente compiacenti, dovrebbero essere ri-chiamati in causa tramite class action da un comitato di cittadini veneziani senza conflitti d’interesse per aver tradito la fiducia riposta in loro, sperperato di denaro pubblico e danneggiato la città che sta sempre più decadendo.

Franco Vianello Moro . Sono d’accordo. La lista del “si sarebbe dovuto….” fa il paio col detto popolare “non piangere sul latte versato” . Il tema va spostato sul qui e ora , certamente non sul “ferma tutto che adesso studiamo come fare MEGLIO”.

Piuttosto sul come andrebbero corretti i difetti finora emersi, sempre che sia possibile. Poi, ne andrebbe valutata la funzionalità generale finale, senza far sperimentare ai veneziani, come cavie, l’eventuale messa in funzione «dal vivo. Quindi, ne andrebbe almeno considerato il possibile adeguamento al nuovo quadro climatico e ambientale, mentre certamente andrebbe ripresa l’opera di riequilibrio e rigenerazione dell’ecosistema lagunare.

L’idea della class action anche se interessante credo che confligga con l’azione della Magistratura che è già intervenuta nel merito Ma se secondo te c’è spazio, parliamone

Enzo De Biasi. Il punto non è “si sarebbe dovuto” ma, ripeto, “si doveva ascoltare e modificare”, il “MEGLIO” si doveva cercarlo prima, NON lo si è proprio voluto. Il MEGLIO non è mai esistito, c’è stata sempre una, unica, prescelta e confezionata soluzione ovvero il MOSE, fatta dal Centro Destra e confermata, invariata, con i Governi nazionali del Centro Sinistra. La città di Venezia ed i suoi residenti fanno parte-da tempo- chi più o chi meno (tanti nella maggior parte anziani) di un palcoscenico storico-monumentale-paesaggistico-naturale che va in onda ogni giorno ed il Mose è dedicato tutto a loro ed a questa celeberrima città. La sperimentazione dal vivo, del modulo sperimentale elettromeccanico detto Mose, avrà luogo entro due anni. Non virtualmente, ma sulla propria pelle avranno modo di gustare la bontà del manufatto i cittadini veneziani ed i turisti occasionali quali attori di strada, pardon di calle, di campo, in cucina od in camera da letto, residenti o di passaggio nel Centro Storico di Venezia e nelle Isole Lagunari. Of course l’accadimento sarà trasmesso in mondovisione.

Allo stato dell’arte esistono due possibilità;

  1. Si completa il Mose e si spendono gli ultimi miliardi di €, sapendo già da adesso che le dighe mobili in funzione dopo il 2021 salveranno Venezia per maree fino ad una certa soglia, dopodiché per quelle sopra -essendo un modello sperimentale – si sperimenterà (come dissero e dicono i tecnici) se reggerà la pressione dell’acqua e se le cerniere reggeranno le paratie sotto pressione marina. Se l’esperimento sarà positivo abbiamo perso solamente 53 anni (di più della Salerno Reggio Calabria , ma si sa qui siamo al Nord siamo o non siamo i primi della classe) se invece, qualcosa s’inceppa Venezia potrà essere inondata e chissà chi lo sa se reggerà l’urto?,
  2. Se l’esperimento sarà negativo l’intero scatolone del Mose sarà abbandonato al suo destino e si chiamerà chi già poteva essere chiamato 30 anni fa ma NON si è voluto, oppure vincendo -ancora una volta- il partito del “fare e disfare” chi più delle ditte/professionisti/ progettisti e costruttori già noti e collaudati può rimediare i malfunzionamenti. Hanno o non hanno le mani già in pasta? Anche in questo caso ripeto la domanda che chiude l’articolo pubblicato ” Dove sta il problema ??”

La Class Action è un’idea civica che oltre che approfondita per gli aspetti giuridici specifici di cui non ho competenza, va fatta propria, divulgata e raccolte le firme (se qualcuno ci crede) a partire dai cittadini veneziani.

Franco Vianello Moro. Quindi “finiamolo questo Mose” che poi lo mettiamo alla prova. Le eventuali criticità, se emergeranno, saranno studiate, affrontate e sperabilmente risolte. Magari integrando l’opera con alcune delle prescrizioni ignorate

Sulla Class Action pensavo potessi darmi qualche suggerimento operativo, dal momento che è materia di cui conosco poco.

Enzo De Biasi Faccio notare che nel frattempo sono stati buttati via, se basteranno, 5 miliardi e 300 milioni. Inoltre, essendo il prototipo chiamato “Mose” unico al mondo, nessuno sa se e come può essere incisivamente e strutturalmente modificato nel caso non debba funzionare con maree troppo alte e frequenti.

Dall’acqua alta del 1966 alla data di start up saranno trascorsi 55 anni, grazie alla capacità e celerità della governance nazionale e locale, assistita dalla intelligence italiana e veneta in particolare.

Bene, seguo il tuo ragionamento ” le eventuali criticità ……… ” se ci saranno dopo il 55° anno saranno “studiate, affrontate e risolte” in quanti anni? quanti anni per lo studio? quanti anni per essere affrontate? e infine, quanti anni per essere messe in mare per vedere se funzioneranno? 10/20/50 anni per esaurire tutte e tre le fasi? oppure si aprirà da subito la questione “lasciamo in mare lo scarabattolo Mose ” e pensiamo ad un intervento che ha già dimostrato di funzionare in altre situazioni simili tipo in Olanda?

Venezia dai tempi di Goldoni è famosa per essere tempestiva e rapida nel prendere decisioni studiate e valide fin da subito, l’Italia -poi- non è da meno; Mose docet per entrambe!

La mia posizione è già stata scritta in data 20 novembre 2019.

Sulla Class Action, in primis va accolta come idea in via informale da far girare per vedere l’effetto che fa. Se chi prende l’iniziativa “sente” che aggrega, va approfondita nella sua implementazione da un avvocato civilista per la sua ipotetica percorribilità; non sono un tuttologo.

Franco Vianello Moro. Siamo troppo vicini alla conclusione e nessuno può legittimamente mettere in discussione un’opera fino a quando non è stata varata. Non è realistico pensare che i tempi debbano subire una dilatazione come è stato finora.

Ritardi dovuti a ragioni prima di tutto politiche, poi tecniche, poi amministrativo-finanziarie e infine per le ricadute giudiziarie.

Anche perché l’emergenza di questo scorcio di novembre 2019 ha riportato il tema della sopravvivenza di Venezia, del suo ambiente lagunare, della sua stessa essenza di civitas all’attenzione internazionale con prese di posizione più che autorevoli e con il sostegno concreto dei cittadini del Mondo.

Tutto questo dovrebbe farci presumere come sia impensabile non arrivare a chiudere sul progetto e sugli interventi complementari in tempi ravvicinati.

Enzo De Biasi. Nell’incipit dell’articolo dedicato a Liliana Segre non a caso citavo la famosa frase di un noto regista inglese “a volte la realtà supera la fantasia”. Ecco con il Mose questo è già successo. La catena di motivazioni sopracitate “politiche, poi tecniche, poi amministrativo-finanziarie e infine per le ricadute giudiziarie”, può facilmente ripetersi, purtroppo!. Esempio, chi ha deciso politicamente (a fine secolo ed inizio nuovo) il Mose era meno preparato degli attuali politici? l’intreccio di procedimenti, competenze e soggetti coinvolti sarà di minore entità e giocoforza più tempestivo nell’assumere le decisioni negli anni futuri? I rattoppi necessari, se possibili, oppure interventi più radicali in ogni caso con reperimento di provvista aggiuntiva rispetto al già speso saranno più facilmente rinvenibili? Gli esponenti di partito e gli alti dirigenti pubblici ruberanno ancora? Interrogativi aperti alla riflessione, non certezze né tantomeno rinvii privi di significato della serie “tempi ravvicinati”, a meno che non si concordi in anteprima l’unità di tempo. Quale è la sua misura ?. L’unità è una decina d’anni, se sì quante? Una cinquina, se sì quante? un anno, se sì quanti?. Il calendario solare dal 1966 al 2021, in attesa di collaudo finale in acqua di mare e prima della prima marea del 2022, registra 55/56 anni: cinque decine, una cinquina ed un anno.