Crac banche. Le vicende della popolare di Bari, consonanze e dissonanze con i crac veneti.

Omaggio alla “bravura” della Lega.

Il profondo rosso accertato nei conti della Banca Popolare di Bari (BPP), i racconti e le storie viste o lette nei media riportano indietro la memoria a quanto accaduto non decenni or sono, ma solamente qualche anno fa in terra veneta.

A leggere le cronache di questi giorni che doviziosamente narrano di finanziamenti concessi ad imprese edilizie ubicate nel varesino piuttosto che ad altre che operano e si indebitano per milioni di euro nell’acquisizione e successiva vendita di palazzi a Roma, viene spontanea la domanda per quale ragione questi istituti si autodefiniscono “banche territoriali”, se poi intervengono a favore di iniziative dislocate in altre zone del Paese. Forse la ragione è anche ascrivibile al fatto che le imprese favorite nelle concessioni di credito intrattenevano relazioni con esponenti leghisti di livello come il già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio G Giorgetti del precedente Governo Giallo Verde, come indica- esplicitamente il settimanale l’Espresso.

Da par suo, la Banca d’Italia ha reso pubblico un documento in cui sono precisati tutti gli interventi fatti dalla propria sezione della Vigilanza nell’ultimo decennio, a partire 2010. Tutto inutile, il dato negativo registrato con la chiusura dell’esercizio 2018 dovuto al peggioramento del portafoglio creditizio e la sostanziale stasi operativa con una perdita consolidata di 430 milioni, fa precipitare verso il Commissario Straordinario prima al posto degli organi statutariamente preposti e quindi all’intervento con soldi pubblici il Governo con una provvista (tratta nottetempo dal magro bilancio statale) per 900 milioni di €. Del resto, nonostante la disciplina normativa innovata con l’art. 44 bis del decreto-legge n 54/2019 adottato in aprile di quest’anno sponsorizzato dalla Lega di Salvini ed approvato anche dai 5 stelle, in nulla cambiano i valori negativi dei coefficienti patrimoniali ulteriormente diminuiti, attestatesi al di sotto della riserva di conservazione del capitale. È un immenso groviglio di azionisti-debitori-creditori e prestiti mai rientrati, compresi quelli al gruppo barese Fusillo (Edilizia e turismo), ampiamente sostenuto dalla banca e protagonista di un crac da oltre 200 milioni sotto la lente della Procura di Bari. Ottocento sono i milioni persi nei bilanci della Bari in quattro anni (fino a giungo 2019), altre centinaia di milioni presumibilmente in carico all’esercizio 2019, 1,5 miliardi di risparmio (il valore delle azioni) di fatto bruciati. I numeri sono impietosi, anche se chi di dovere a partire dagli amministratori, dirigenza ed audit interni o professionisti di rango internazionale esterni “non sanno leggere”.

Come in altre situazioni simili, il rimando alle Venete è voluto, accanto alla consolidata voracità e protervia della governance aziendale, s’aggiunge un deficit di qualità nella vigilanza da parte di Palazzo Kock, sede della Banca d’Italia. Quest’ultima sul finire del 2014, aveva autorizzato la compartecipazione della BPB nell’acquisizione della Cassa di Risparmio di Teramo (Tercas) conseguendo la nota sentenza sfavorevole all’Italia che (a parere della Commissione UE, poi smentita) BPB era intervenuta indebitamente violando le regole del regime d’aiuto di stato. Le possibilità vanno cercate muovendosi dentro il contesto dei criteri fissati dalla normativa europea o tramite il bail-in o il bail-out, vale a dire o il salvataggio lo fa la stessa banca in difficoltà con proprie risorse tratte (ovviamente) dai propri azionisti e obbligazionisti con una radicale riorganizzazione oppure, è ceduta a terzi, ovvero ad altre imprese operanti nel mondo del credito e delle assicurazioni qualificate ed interessate ad entrare nella fetta di mercato occupata dall’istituto in crisi. Al di là delle dissertazioni sulla cogenza/validità delle regole comunitarie, vigente la sentenza TERCAS facile arguire che la medesima ha influenzato le decisioni del Governo del tempo (Renzi poi Gentiloni) in relazione all’intricata, ma similare storia, delle due Banche Venete. Per fortuna dei correntisti, delle pmi venete, dei dipendenti degli istituti di credito nonché, infine degli stessi azionisti ed obbligazionisti il Governo a trazione PD non ha seguito nessuna delle due vie districandosi tramite il declassamento delle due banche definite non di “rilevanza sistemica “ e procedendo ad una ricapitalizzazione precauzionale con cessione simbolica a Banca Intesa accompagnata da garanzia dello Stato a copertura di eventuali debiti per 12 miliardi. Da parte dei 210 mila ex-soci delle due cooperative di credito il Governo Gentiloni non ha ricevuto, a differenza dei Zonin e dei Consoli, né battimani né voti. I cittadini azionisti e obbligazionisti veneti, quasi certamente, hanno dato più fiducia a Salvini allorquando in occasione dell’adozione del decreto pro- BPVI e VB ebbe a dire “Non si votano decreti come il salva-banche, un salasso ai danni di tutti gli italiani che non salverà peraltro i risparmiatori veneti”. Come sovente gli capita, le sue declamazioni e convinzioni sono labili e mobili quali piume al vento. Infatti, nella situazione della BPB pochi giorni fa ha sentenziato “Se salta la Popolare di Bari, salta la Puglia e salta l’Italia”. Parbleu che catastrofe preannunciata! Accorriamo tutti (veneti inclusi) al capezzale della banca barese; essa necessita repentinamente di un intervento pubblico. Come nelle vignette della settimana enigmistica, il lettore annoti se del caso qualche differenza di contenuto nelle due affermazioni riferite al sistema creditizio delle popolari del Veneto e della Puglia? Ritornando alla vicenda Tercas, rimane aperta la domanda cui prodest? Chissà a chi e a cosa è servito l’okay dato da Banca d’Italia a BPB per Tercas, pur conoscendo in anteprima le cattive acque in cui la stessa stava navigando. Attualmente la questione è oggetto d’indagine da parte della magistratura inquirente, insomma si cerca di comprendere tra controllore e controllato, chi ha corrotto chi.

Soffermandoci ancora sulla banca pugliese, si scopre che la dinastia Jacobini a partire dal suo capostipite Marco ha guidato l’azienda di credito dal 1978 per oltre 40 anni. La retribuzione annua riconosciuta al Presidente Jacobini è stata, fino a poco tempo fa, di 600mila € ad anno, coadiuvato nel disbrigo delle faccende bancarie dai figli Gianluca e Luigi, investiti nelle funzioni dirigenziali di condirettore e direttore generale. Trattasi della tipica e frequente microimpresa italiana a gestione famigliare, quello che i media ed il popolo descrivono come “la spina dorsale della gente che lavora e che fa andare avanti il Paese”.

Dove sta la diversità rispetto ai decenni in cui Gianni Zonin è stato il monarca assoluto in Vicenza e della Popolare di Vicenza condotta, alla fine, nel baratro? O viceversa nell’accoppiata Trinca- Consoli di Veneto Banca? Nel lindo, virtuoso ed operoso Veneto non sono tutti questi epigoni, a suo tempo applauditi dai soci e dalla nomenklatura importante, sotto indagini giudiziarie con accuse infamanti per come hanno gestito le banche loro affidate? Nello spettacolo è in uso il motto “One Show Man”, qui forse è più rispondente dire “One Man Bank”, tradotto “la banca sono io “. Congiuntamente a comportamenti disinvolti e disattenti al rispetto minimo delle regole non solo di legalità formale, ma anche di onesta amministrazione bancaria sono: a, il frequente collocamento di strumenti ad elevato rischio, senza adeguata informazione o con informazione distorta al consumatore, fino ai casi delle obbligazioni e alle azioni bancarie “incollate al mutuo/fidi” da concedere (operazioni baciate); b, decisioni della dirigenze inopportune e/o intempestive alle volte scollegate con le fasi cicliche dell’economia, a partire dalla più recente recessione; c, enormità dei crediti deteriorati frutto della crisi, ma anche di comportamenti lassisti, non adeguatamente contrastati dalle autorità vigilanti.

Sempre nel decreto battezzato “crescita” partorito ad aprile scorso da un lato la Lega al Governo si preoccupava di addolcire i parametri per la BPB e per altre situazioni similari al fine di allungare i tempi necessari per farsi quotare in Borsa, sostenuta nello sforzo anche dalle forze di opposizione, PD in primis; dall’altro teneva ben fermo al 30% senza rivalutazione economica ed in termini forfettari (una tantum) il ristoro pro-truffati delle Banche Venete ed altre minori per un totale di quasi 300 mila cittadini coinvolti nei crac avvenuti tre anni prima. Davvero un capolavoro! Gran parte degli azzerati hanno riconosciuto nel movimento di Salvini l’artefice principe delle innovazioni e poco hanno raccolto in termini di consenso le forze che pure avevano presentato emendamenti che andavano a migliorare nettamente il testo governativo. Forza Italia, Partito Democratico, Fratelli d’Italia e Liberi ed Uguali tutti avversi all’Esecutivo Giallo-Verde alle elezioni europee del 26 maggio, hanno fatto una battaglia parlamentare per risolvere dei problemi reali alla quale non è conseguita alcuna utilità immediata. Il partito di maggioranza relativa, 5 stelle, ha -forse – contenuto la forte diminuzione della propria base elettorale. Chissà se qualcuno dei truffati, specie quelli residenti in terra veneta, ha comparativamente letto ed incrociato i due codicilli qui sommariamente trattati con le due soluzioni contrapposte più o meno favorevoli in relazione alla propria situazione di partenza; tempo proprio di no.

Comunque, mai dire mai. Trascorsa l’estate, tornati a casa i vacanzieri nostrani, la Lega per Salvini Presidente si è autoesclusa da Palazzo Chigi e si è collocata all’opposizione del neonato Governo Giallo Rosso. Primo importante test, la legge di bilancio per il prossimo anno ed ecco alla chetichella e non reclamizzato nei media, un emendamento di puro conio salviniano che prevede profumi e cotillons per tutti i cittadini traditi nel risparmio. La percentuale del 30% è incrementata al 100% valevole sia per chi possiede fino a 100 mila € di patrimonio mobiliare sia per chi ne ha 200mila, alla faccia dell’Unione Europea. Al senato il correttivo 12.0.48 è stato bocciato da quei cattivoni dei Giallo-Rossi, vedremo se sarà definitivamente archiviato anche alla Camera domani. In ogni caso, la Lega -dai banchi dell’opposizione dove si conta di meno rispetto a quando si governa, ha fatto la sua “buona azione”. Non ho dubbi che questa sarà utilizzata nella prossima campagna delle regionali/nazionali, per dimostrare che “si è fatto tutto il possibile, ma sono gli altri (la responsabilità è sempre altrove) che non hanno voluto risolvere”.

Enzo De Biasi