Crac Banche venete. Evaporate anche le ultime speranze

I truffati delle banche venete avranno l’obolo di stato al 30% liquidato nella seconda metà del 2020 (forse)

Con la seconda fiducia chiesta dal Governo in carica e votata alla Camera il 24 dicembre, dopo aver ottenuto la prima lunedì 16 al Senato alla legge di bilancio per il 2020, sono definitivamente evaporate le speranze dell’ultimo irriducibile rappresentante di associazione (Codacons Veneto) che aveva programmato -già a novembre- una manifestazione per martedì 17 chiamando a raccolta i truffati dalle banche venete davanti a Montecitorio.

Com’era facilmente prevedibile, le novità apportate nel testo di legge definitivo sono dettagli di assestamento procedurale, dato che la sostanzia delle richieste avanzate dai traditi nel risparmio era già stata giocata e conclusasi nelle aule parlamentari durante il 2018, governanti i Giallo-Verdi. A partita terminata, il “quanto portato a casa”, rispetto alle promesse elettorali elargite dai 5 stelle e della Lega nella primavera scorsa, è un misero obolo “una tantum”. Trattasi di una “mancia miserevole a fronte del 100%” garantito dall’attuale Ministro degli Esteri nella sua veste di Capo Popolo Grillino, ora in via di frantumazione.

Venendo quindi al dettato legislativo, spicca su tutti, lo spostamento in avanti al 18 aprile anziché al 22 febbraio, il termine ultimo per presentare le domande di rimborso, considerato che il software Consap (società in house del Ministero) che avrebbe dovuto essere già operativo a luglio di quest’anno ha avuto -come usano riportare diligentemente i mass-media replicando le ipotesi degli apparati statali- qualche problema di aggiustamento in itinere. Si sa, uno slittamento nei tempi non si nega a nessuno. In effetti decidere di procrastinare a “dopo”, ciò che si poteva e doveva fare “prima”, non solo è sempre presente nelle leggi di bilancio giusto perché l’opinione pubblica abbia il tempo di leggere -con calma e secondo consuetudine la Gazzetta Ufficiale-, ma raffigura la potenza al cubo della capacità decisionale delle forze politiche di ieri al pari di quelle di oggi. Del resto, ogni anno, prima dei botti di San Silvestro, arriva puntuale il decreto “mille proroghe”, che rinvia le scadenze prefissate dalle leggi o scomode o intempestive o non ancora digerite dai destinatari delle stesse e tutto ciò va posto in relazione agli accadimenti più variegati.

Tornando alla manovra per l’anno prossimo, segue poi, una precisazione per chi ha trasferito a causa del patatrac bancario il proprio patrimonio mobiliare ad altra persona vivente con atto, appunto, “tra vivi” dopo il 30 12 2018. Nella prescritta situazione, valgono i requisiti reddituali del patrimonio posseduto di chi ha donato e non di chi ha ricevuto il pacchetto dono di azioni alias obbligazioni. Davvero un bel regalo natalizio per chi possiede un valore mobiliare che supera oggi i criteri vigenti, specie se con lungimiranza si sia “premurato” di comprare azioni e/o obbligazioni da qualche azzerato in là con gli anni e risultante povero davanti al fisco. Infine, i cittadini italiani residenti all’estero stiano tranquilli possono presentare -anche loro- la richiesta al FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori), più altre amenità trascurabili.

Che la questione “traditi nel risparmio” non fosse inserita nell’agenda delle priorità governative, era già apparso chiaro fin dalla fase di presentazione dell’apposito fascicolo (ddl n. 1586) al Senato. Del resto nella proposta originaria l’argomento proprio non appariva, poi -come si è visto- ha colmato tale vuoto l’incisività e lo spessore delle indicazioni avanzate dal gruppo 5 stelle prontamente accolte dalla restante compagine governativa. Nell’iter dibattimentale, sempre avvenuto al Senato, alcune forze politiche e tra queste, principalmente Fratelli d’Italia, si sono assunte l’onere di proporre emendamenti concreti; peraltro già condivisi l’anno prima con chi si trovava all’opposizione del Governo Giallo-Verde: PD, LeU, Forza Italia. Nella sua essenzialità il pacchetto propositivo per la legge di bilancio dell’anno scorso, legge n 145/2018, comprendeva l’introduzione dell’arbitro per poter sperare di arrivare al 100% del ristoro, l’innalzamento della quota di ristoro ora riconfermata al 30%), la rivalutazione economica del danno accertato e subito dall’azzerato richiedente, l’abrogazione della parola “forfettaria” così da permettere ulteriori integrazioni ed altro ancora. Correttivi bocciati l’anno scorso e ri-bocciati anche quest’anno, nonostante il cambio di partnership fuori la Lega e dentro il Pd e Leu, ferma restando la trazione e la guida pentastellata del Governo in carica. Da ultimo, è il caso di segnalare che scadendo il termine per la presentazione delle richieste di risarcimento nella seconda metà di aprile e ricordato che a tutt’oggi risultano pervenute circa 50.000 domande su di una platea di 6 volte tanto, è prevedibile che le operazioni di impegno e liquidazione del danno riconosciuto dall’apposita Commissione possa presumibilmente avvenire verso la fine dell’anno che verrà. Tale considerazione tiene conto che una volta scrutinate e valutate tutte le istanze che saranno pervenute e confidando che siano perfettamente in ordine le procedure interne di contabilità e trasmissione di denaro nella dorsale MEF-Consap-Conto corrente del beneficiario tramite funzionario appositamente delegato, resta fermo il punto che nessuna liquidazione potrà avvenire se non dopo l’ammissione all’obolo di stato dell’ultimo richiedente.

Finora ciò che doveva essere sperimentato in estate è tuttora un work in progress e siamo a fine dicembre anno corrente. Per gli amanti della contabilità pubblica, essendo tutti gli altri a partire dalle associazioni degli azzerati disinteressati verso il vile conteggio dei soldi non resi disponibili per i loro rappresentati, il costo complessivo del meccanismo messo in piedi da MEF/Consap per il triennio 2019-2021 è di 12 milioni e 500 mila addebitati (quindi sottratti) al Fondo Indennizzo Risparmiatori. Consap dovrà procedere all’accreditamento nel conto corrente del truffato, dando priorità a colto che rientrano nei noti “paletti “o di reddito e/o di patrimonio mobiliare privilegiando, però, in sede di liquidazione coloro i quali hanno un danno compreso fino ad una perdita di valore acclarato entro il limite di 50.000,00 € . Se cosi è, verosimilmente le decine di migliaia di richieste dovranno prima essere tutte scrutinate nella loro totalità e quindi procedere con l’erogazione del quantum, non potendo a priori -la Commissione ed al di là dei riparti parziali fattibili- conoscere il numero delle richieste rientranti in anzidetta categoria. Da questo dato discende un’ipotetica stima, ragionevole ancorché ottimista, sul “quando” sarà data l’elemosina concessa. L’interpretazione offerta può essere eccessivamente restrittiva, vedremo -in concreto ed in futuro- cosa deciderà in proposito la Commissione Tecnica che nel frattempo ha predisposto le linee guida in base alle quali eserciterà il proprio operato. Anche in questa direzione sorge un dubbio. L’elaborato -né probabilmente poteva essere diversamente- sviluppa concetti già insiti in sentenze ed arbitrati acquisiti per tipologie analoghe sulla scorta di quando dispone il TUF, Testo Unico della Finanza o Testo Unico in materia di intermediazioni finanziaria, conseguentemente i casi singoli saranno esaminati alla luce di siffatte “linee guida”. Si annota che l’organo giudicante non è un soggetto terzo, come avrebbe potuto essere stato ACF che disponeva nel merito e senza appello almeno fino ad un valore di 500.000,00 €, siamo di fronte ad una Commissione di nomina ministeriale ovvero “domestica”, di natura amministrativa e non giudiziale. Va da sé che eventuali doglianze sulle decisioni assunte, potranno essere presentate avanti al Tar del Lazio e successivamente al Consiglio di Stato non tanto e non solo per il merito accordato o negato o accolto parzialmente, quanto per la ragion d’essere dei “poteri” affidati all’organo stesso. Ci auguriamo che ciò non accada, altrimenti l’intero meccanismo s’incepperà con ulteriori rinvii negli anni post 2020. Ma in perfetta sintonia con l’habitus mentale italico, a questo ci penseremo “dopo” se accadrà.

A questo punto, la domanda del perché sia andata a finire cosi sorge spontanea

Tale situazione, non è frutto casuale del destino cinico e baro, quanto piuttosto della netta sensazione che il momento tragico (e magico) in cui tutti gli occhi erano puntati sullo tsunami che aveva spazzato via anche le banche venete ed il risparmio di centinaia di migliaia di cittadini vittime di una truffa di massa si era dissolto, di conseguenza l’attenzione generale e mediatica era (ed è) focalizzata su altri fronti emergenziali che -purtroppo- in Italia non mancano mai.

I principali soggetti politici che dal 2017 e fino ad oggi hanno preso parte ai quattro Governi nel frattempo succedutesi: Renzi-Gentiloni-Conte 1 e Conte 2 e le rispettive componenti di maggioranza – a torto o a ragione- ritenevano (e ritengono) di aver già avviato a soluzione la spinosa questione, tranne qualche rifinitura di minore rilevanza. In questa loro convinzione mai chiaramente esplicitata, ma conforme al consueto agire politico dove la distanza tra il dire e il fare è incommensurabile, sono stati “aiutati” dai comportamenti e dalle scelte operate dalle associazioni nate come funghi a tutela dei truffati ivi inclusi gli azzerati medesimi.

Prima di proseguire è opportuno fornire, in estrema sintesi, il quadro d’insieme in cui questa triste e penosa vicenda s’inserisce.

1° gennaio 2015 entra in vigore la direttiva UE sul risparmio che include anche il bail-in, ovvero l’obbligo per una banca in difficoltà di re-equilibrare i conti traendo quanto necessario, in prima battuta, dagli azionisti e dagli obbligazionisti. Con decreto datato 24 gennaio il Governo Renzi applica detta disciplina alle Popolari che in relazione ai loro asset patrimoniali, debbono trasformarsi in società per azioni (s.p.a). Sempre nel 2015 vanno in risoluzione 4 banche dell’Italia centrale, mentre il 25 giugno 2017 -Governo Gentiloni- Banca Veneta e Popolare di Vicenza, fallito l’ultimo tentativo di salvataggio tramite fondo Atlantia, sono cedute al prezzo simbolico i 0,50 centesimi cadauna a Banca Intesa alle condizioni già esplicitate nell’ultimo articolo qui pubblicato a proposito di dissonanze con la Popolare di Bari ora commissariata.

Il numero di soci coinvolti nei crac per i sei istituti ammonta a circa 300 mila casi, di questi 210 mila fanno parte della compagine sociale dei due istituti di credito veneti. Sulle ragioni e sui comportamenti delle governance bancarie che hanno portato a questo disastro, sta indagando la magistratura penale, anche se con ritardo rispetto a segnalazioni presentate anni prima e con un’accelerazione avvenuta dopo la conclusione dei lavori della Commissione “Casini” sul finire della scorsa legislatura.

In ogni caso era ed è incoglibile la vulgata narrata e ripetuta durante la campagna elettorale conclusasi con il voto di marzo 2018, che gran parte della responsabilità andava e va imputata al “decreto Renzi e/o ai mancati controlli di Banca d’Italia e Consob”, come se la mala gestione e gli illeciti che a mano a mano stanno emergendo dagli interrogatori possano in toto addebitarsi ai controllori, piuttosto che ai Consigli di Amministrazione, ai rispettivi Presidenti ed alla dirigenza.

La prospettiva suggerita è stata quella di guardare “il dito, mancati controlli”, piuttosto che la “luna”, un astro distante che induce ad osservare il firmamento ovvero il complesso degli attori in scena”; tanto per citare il noto proverbio cinese in tema di stoltezza e saggezza.

Sta di fatto che il pubblico, come sarebbe più rispondente chiamare buona parte del corpo elettorale, ha metabolizzato questo tipo di messaggio. Il 4 marzo sono stati premiati i due futuri contraenti il Governo Giallo-Verde che in Veneto hanno “fatturato” oltre il 50 % del consenso; 25% ai 5 stelle ed oltre il 30% alla Lega.

Il comandane in capo al Veneto , Luca Zaia, tenuti sempre costantemente monitorati i responsi parziali dei sondaggi, non aveva certo motivo per tentare di salvare le due banche territoriali cercando d’allestire una cordata di imprenditori locali, magari anche con l’apporto degli intermediari finanziari presenti in Veneto Sviluppo e dove -finalmente- avrebbe potuto impegnarsi assumendosi direttamente financo il rischio dell’insuccesso. Meglio, molto meglio scaricare tutto su Roma e criticare aspramente la soluzione approntata, certamente non scevra da punti deboli. Il restante scenario, ovvero i 5 stelle rappresentavano la new entry “antisistema” (nel frattempo diventati sistemici e già in via di spacchettamento) ed il centro sinistra incardinato dal PD, semplicemente inefficace. Di loro, i 210 mila truffati avevano una scheda in mano ed hanno fatto la loro opzione tra quelle in campo, tutto legittimo e regolare. A nulla è valsa la norma inclusa nella finanziaria approvata dal Governo Gentiloni per il 2018, legge n 205/2017, che offriva una prima chance per gli azzerati di poter essere rimborsati financo al 100% partendo da una pronta disponibilità di 100 milioni successivamente incrementabili in relazione alle disponibilità offerte dai “conti dormienti”, soldi non più movimentati dai cittadini nei loro conti correnti, introitati dal bilancio statale regalati all’erario. Ma su questo argomento cosi come sui problemi innescati e nemmeno sfiorati dalla tragedia del risparmio tradito, a breve, una seconda puntata.

Enzo De Biasi