Crac banche. L’on.le Villarosa, sottosegretario, irride il suo direttore del Ministero del Tesoro

Per i truffati confermata l’elemosina al 12% del danno patito e bocciati gli emendamenti proposti dalle associazioni. L’on.le Alessio Villarosa, irride il direttore del Ministero del Tesoro di cui fa parte in qualità di Sottosegretario di Stato.

Martedì 21 aprile la Camera dei deputati ha definitivamente convertito in legge il decreto-legge nr. 18/2020, meglio noto come “Cura Italia”. Tra i tanti codicilli c’è pure quello che rimodula il Fondo Indennizzo Risparmiatori (F.I.R.) offrendo l’elemosina di un 12% del danno patito e rinviando alle calende greche il restante 18% così che il truffato potrà – vivendo a lungo- godere di una percentuale pari al 30%, massimo risarcimento ottenibile dalla legge concepita da grillini e lega.

Utile rammentare, che più dei 2/3 dei risparmiatori traditi hanno superato i 65 anni di età. A quasi due anni e mezzo dall’entrata in vigore della nr. 145/2018, non 1(uno) euro è uscito dalle casse erariali con destinazione conto corrente del danneggiato dalle banche venete.

L’on.le Villarosa, Sottosegretario di Stato, interviene su facebook per sconfessare il suo direttore

Il giorno seguente sul tema interviene, con video postato in facebook, il Sottosegretario di Stato on. Le Alessio Villarosa ascrivendosi la paternità del Fondo pro-azzerati che esiste in tanto in quanto non si è fidato dei tecnici, alias il Direttore del Ministero del Tesoro. L’indicazione del dirigente ministeriale per superare le perplessità dell’Unione Europea era stata quella di avvalersi dell’Arbitro delle Controversie Finanziarie (ACF), suggerimento non accolto. Non v’è dubbio che sulla carta, il FIR c’è e staziona lì in bella mostra da tempo. Nella realtà è stato finora un clamoroso flop, considerato che il marchingegno Commissione Tecnica- Consap pur in rampa di lancio dal 22 agosto 2019, non ha ancora terminato la fase iniziale di raccolta delle domande. Le ragioni di tale ritardo sono state più volte narrate.

Alle volte nel linguaggio famigliare si dice “questo vasetto di yogurt è partito” nel senso che è scaduto il termine per consumarlo. Ecco, forse è questo il vero (ma nascosto) significato della frase “ho fatto partire il Fondo”, che con un sussulto di coraggio andrebbe radicalmente rivisto nelle modalità di funzionamento ripristinando l’arbitro, ovvero ACF. Se l’obiettivo fosse stato quello di soddisfare al più presto i risparmiatori traditi, l’attuale meccanismo non avrebbe visto la luce. Solamente delle menti brillanti alla Di Maio, Arman alle quali ora si aggiunge anche Villarosa pur di non servirsi di soggetti già costituiti e collaudati, ACF ed ANAC, hanno partorito un orrido strumento che messo alla prova sta evidenziando lacune e criticità pesantissime.

ACF, viceversa, è un organismo che opera a titolo gratuito e decide le richieste che ad esso pervengono in tempi brevi e con modalità semplificate, basta leggersi le relazioni a consuntivo. L’intero processo di istruttoria, valutazione, decisione, e liquidazione inizia e finisce entro 286 giorni dalla data di accoglimento della richiesta di chi ha titolo. Viceversa, “l’ideona” dei grillini incastonata in gazzetta, solamente per la raccolta delle domande necessita di 301 giorni, dal 22 agosto 2019 al 18 giugno 2020. Usando lo stesso periodo di tempo, ACF avrebbe già pagato i beffati dalle banche, evitando di prenderli in giro una seconda volta. I grillini, è noto, fanno prevalere la primazia della politica sulla conoscenza della materia oggetto di decisione, come del resto afferma con passione l’epigono governativo nel video in facebook.

Di conseguenza una volta decorso il termine finale, il responsabile procedurale cioè Consap porrà la Commissione Tecnica in condizione di approvare le richieste pervenute e corredate da documentazione idonea e completa. È appena il caso di osservare che la disciplina appena votata non stabilisce né la frequenza temporale delle sedute, né la tempistica delle decisioni di merito in relazione alle domande istruite, né tantomeno se la mancia ministeriale del 12 % è dovuta rispetto alla richiesta dell’azionista/obbligazionista oppure se -come recita l’art. 50- sta alla Commissione decidere se “può essere corrisposto l’anticipo” al richiedente, valutando di volta in volta l’esercizio positivo o negativo di siffatto potere facoltativo. Va da sé che le modalità di assolvimento di precitata discrezionalità, dovranno essere oggetto di ulteriori criteri specificati oltre a quelli già elaborati nelle linee guida rese pubbliche.

Anche in questo ambito si segnala che non è prefissato a priori, come a contrario accade in sede di arbitrato finanziario, un periodo di tempo entro il quale l’intero iter procedimentale debba essere concluso. Così non è stato per i casi esaminati dall’organo extra-giudiziale ovvero ACF, per l’incarico ricevuto a fine 2018 e completato ad inizio 2019. Il periodo di tempo ritenuto “indispensabile” secondo il parere della C.T. andrà, ovviamente, sommato ai 301 giorni sopracitati.

La legge nr. 145 del 2018 ha necessitato di ben 4 successive variazioni/integrazioni, tra queste un decreto-legge e tre decreti attutativi, forse sarebbe stato opportuno codificare anche una tempificazione certa e ragionevole nell’insieme e nello specifico per ciascun segmento del percorso prefigurato; tenute altresì presenti le aspettative suscitate e ad oggi deluse. Della questione avrebbe potuto occuparsi l’on. Le A Villarosa, già componente del Governo Conte 1 e riconfermato in quello 2, oppure il suggerimento poteva essere offerto da qualche avvocato che guida le associazioni/comitati pro-azzerati. Ciò non è successo.

Sempre sullo stesso articolo e con riguardo agli aspetti d’impegno contabile, oltre alla discrezionalità di accogliere o negare la chance dell’anticipo, l’elemosina sarà possibile anche “in attesa del piano di riparto”. More solito, i dettagli si capiranno seguendo l’operazione durante l’estate. Siamo di fronte, come usano dire i leziosi, di “work in progress” fatto sulla pelle di chi sta attendendo pochi spiccioli, della serie un esperimento in corpore vili da narrare a figli e nipoti.

In effetti, la fase dell’accreditamento del miserevole 12% pro-danneggiato usando l’IBAN dal medesimo indicato nella domanda -differentemente da quanto sta nelle chance di ACF- non è liquidato direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) tramite propri funzionari delegati; ma tramite assimilabili dipendenti Consap giusto per prolungare l’attesa. In realtà, molto dipenderà dal numero di domande perfettamente in regola, dalla velocità di esame delle stesse in correlazione alle sedute cadenzate dalla Commissione Tecnica. Probabilmente, il secondo semestre del 2020 trascorrerà senza alcun esito concreto per le tasche dei risparmiatori traditi, considerata altresì la mancata risposta ai rilievi fatti dai servizi ispettivi di Camera e Senato all’art. 50 del decreto “Cura Italia”.

Ipotizzando un numero di richieste di circa 100-110 mila domande pervenute a metà giugno, verosimilmente una quota di queste presenterà criticità per carenza di coerenza e correttezza dei dati inseriti specie in riferimento alla dichiarazione dei redditi ed al dossier del patrimonio mobiliare. Va da sé che la Commissione Tecnica, diversamente da ACF che raccoglie tutto prima e quindi decide in via definitiva nella seduta in cui la pratica è iscritta all’ordine dei lavori, dovrà rivolgersi e all’Agenzia delle Entrate avendo concordato in anteprima la modalità del rapporto e all’Istituto di Credito interessato se questo non ha risposto alle richieste del danneggiato. Ciascheduna delle entità interpellate, a sua volta e legittimamente in base alle norme vigenti, fornirà quanto chiesto osservando i propri criteri e tempi di risposta. Che fa nel frattempo il duo CT-Consap? Aspetta il ritorno del fascicolo e solo dopo potrà completare il lavoro interrotto. Utile ripeterlo, ACF ha una gestione del ciclo dei tempi che governa esso stesso, il meccanismo amministrativo del trio Di Maio-Arman-Villarosa no.

Chi non avrà la documentazione “idonea e completa” quindi è in analisi presso terzi, sarà in discussione a fine 2021 o negli anni successivi, ma intanto i gabbati possono dormire sonni tranquilli perché sanno che “il Fondo è partito”.

Evidentemente qualche dubbio sulla farraginosità dell’iter messo in piedi era sorto anche alle associazioni dei truffati che, da ultimo, hanno perorato una serie di emendamenti volti tutti a velocizzare il ristoro dell’elemosina. Alcuni parlamentari e di maggioranza e di opposizione, si sono volonterosamente offerti, ma la fiducia posta sul decreto da parte dei Giallo-Rossi ha spento ogni speranza. Il quadro resta quello sopra descritto, con qualche preoccupazione in più.

Il riferimento è ai rilievi contabili segnalati dai servizi ispettivi dagli uffici parlamentari in relazione alla provvista finanziaria del FIR, da sempre decantata in 1 miliardo e 575 milioni; come recita anche la relazione tecnica di accompagnamento al decreto-legge.

In realtà, sul capitolo 7604 del bilancio dello stato risultano in 523,8 milioni per il 2020 e per il 2021, mancando all’appello la dotazione non utilizzata del 2019, pari a 525 milioni. Altra informazione assente è se l’anticipo previsto del 40% sul 30%, possa determinare effetti di cassa accelerando i flussi in uscita rispetto a quelli già programmati. In altre parole, il mezzo miliardo abbondante già stanziato l’anno prima esiste ancora a favore dei truffati e se sì, da dove questo dato è desumibile in base alle regole di contabilità statale? Ed ancora, il Governo dica quanto denaro farà uscire dalle casse statali per pagare l’anticipo del 2020. Ricordato che la materia era già stata trattata su questa testata altre volte e del resto mancano all’appello anche i 14 milioni postati nel bilancio 2018 non usufruiti dati i paletti impiantati dal Governo Giallo-Verde, entrambi i quesiti sono stati bellamente ignorati. In assenza di informazioni puntuali e verificabili per tabulas, è facile sospettare che per l’anno in corso non ci sarà alcun soldo per i truffati e probabilmente il 12% sarà tutto quello che la platea degli azzerati potrà avere.

Qui sotto è riportato il link in cui interviene l’on. Le A Villarosa che, oltre a lamentarsi per essere stato escluso dalle riunioni congiunte tra Ministro e Viceministri, pontifica sull’adottando “decreto liquidità” pro-PMI e microimprese criticando in anteprima il provvedimento, se questo non sarà in grado di dare immediatamente il denaro promesso. Osservazioni pertinenti, se fatte da un consulente aziendale o da un rappresentante degli artigiani e/o dei commercianti. Stucchevole sentire questi propositi da chi parla , ma non realizza anche se è nell’incarico di Sottosegretario del MEF da oltre due anni. Infatti, l’on. Le A Villarosa non ha saputo spendere tutti i 25 milioni già stanziati con la legge 205/2017, si è assunto la paternità della legge e del Fondo FIR ma a tutt’oggi non ha liquidato un euro ai danneggiati, ha sprecato l’intero 2019 per i giri di valzer con la UE e nel frattempo ha allestito una macchina amministrativa perditempo perché dei tecnici non si fida. Indubbiamente ha un unico superlativo merito, è stato premiato dagli elettori e quindi, cari risparmiatori traditi, fatevene anche voi una ragione.

Enzo De Biasi