Consigli dei ministri della UE: il percorso è definito e senza alternative

di Natale Forlani
E le novità positive imporranno un cambio di direzione per il nostro Paese

L’ accordo non c’è  ancora ma la direzione di marcia è  tracciata. Con alcuni punti fermi. La conferma delle misure gia’ sostanzialmente concordate nei giorni scorsi per la mobilitazione di 540ml mld tramite la Bei, il Mes e il nuovo fondo Sure. E la decisione di delegare alla Commissione la definizione di una proposta per Istituire un fondo con  valenza pluriennale , il Recovery  Found, finalizzato a raccogliere e destinare risorse per il rilancio dei Paesi aderenti, per la fase post corona virus.

Su quest’ultimo aspetto, il fondo che dovrebbe mobilitare almeno 1000 mld di raccolta di risparmio per la ricostruzione, il comunicato del presidente di turno del Consiglio dei ministri rende noto che dovrebbe essere messo in capo al bilancio della UE, e alla gestione della Commissione, per le finalità  convenute. E garantito da quote di contributi aggiuntivi degli stati aderenti, per la raccolta di risparmio  tramite l’emissione di bond di lunga scadenza e per  finanziare programmi di nuovi investimenti dei paesi aderenti.
I dissensi ancora aperti riguardano la durata delle emissioni di titoli, le modalità di erogazione delle risorse, a prestito o a fondo perduto, e per l’ attribuzione degli oneri relativi agli interessi annuali.

In poche parole se  metterli a carico del bilancio della UE,  finanziato dai contributi aggiuntivi degli Stati aderenti sulla base delle quote di partecipazione attuali,  ovvero agli stati utlilizzatori sulla base dei finanziamenti ricevuti.
Un aspetto non marginale, che differenzia gli interessi degli stati mediterranei particolarmente indebitati e  maggiormente danneggiati dalla emergenza sanitaria, da quelli dei paesi del centro nord Europa.
Ma attenzione ai giochi di parole. Messa in carico al bilancio europeo, fondo perduto e assenza di condizionalita’ legate ai debiti precedenti, non significano affatto che siano privi di oneri aggiuntivi per gli stati aderenti.
Comunque sia  il costo dei contributi e degli interessi, sulla base dei criteri di distribuzione che saranno condivisi, rimarranno in capo agli stati contribuenti e/o utilizzatori. E perciò  destinati ad aumentare il loro debito pubblico.

La stessa gestione affidata alla Commissione aumenterà  il peso delle Istituzioni della Ue, le famose condizionalita’, nella gestione delle risorse. Ed è giusto che sia così.

Qualunque  sia il compromesso finale sul Recovery, e  completata la  batteria degli strumenti e delle risorse a disposizione dalla UE, Mes compreso, l’ Italia avrà di fronte un percorso senza alternative.

Il governo Italiano, e per correttezza anche  le forze politiche dell’ opposizione che si sono schierate in favore dell’intesa europea rimediando le contraddizioni aperte nella maggioranza, hanno avuto il merito di spostare, unitamente alle 9 nazioni firmatarie della lettera alla Ue, gli equilibri e le soluzioni che si stanno adottando. La UE ne uscirà  rafforzata e il valore degli accordi sarà meglio compreso nei prossimi mesi che si annunciano drammatici.

Si completa la  batteria degli strumenti delle risorse a disposizione degli stati per fronteggiare la recessione: gli interventi massicci della Bce per fornire liquidità al sistema e per acquistare i titoli di debito degli stati, il Sure per finanziare i sostegni al reddito del lavoratori, le linee della Bei  per gli investimenti per le infrastrutture e verso  le imprese, una linea del Mes dedicata agli interventi nel settore sanitario e non condizionata dai  precedenti vincoli relativi al rientro dei debiti pubblici. E a partire dal 2021 a che le cospicue  risorse del nuovo fondo Recovery. Tutto questo in aggiunta alla sospensione dei vincoli sul deficit e sul debito pubblico, alla mancata restituzione delle risorse europee non spese e alla possibilità  di utilizzarle senza i vincoli del cofinanziamento per tutti gli anticipi che saranno fatti per il 2020.

Ma attenzione tutto questo comporterà  uno spaventoso aumento del debito pubblico italiano che non sarà  privo di gravi conseguenze.

Vediamo quali:

– la sostenibilità  del debito può  essere raggiunta solo con elevati tassi di crescita annuali . Cosa possibile solo con il raddoppio dei nostri tassi di investimento e con una occupazione che si deve crescere verso il  tasso medio della UE ( almeno 2,5 milioni di occupati aggiuntivi). Cosa assai difficile per un paese  con un elevato invecchiamento della popolazione;

– un obiettivo di questo genere impone una capacità di visione e di programmazione delle risorse. La consapevolezza dei nostri punti di forza e di debolezza. L’ individuazione dei fabbisogni di mobilitazione di risorse e di mezzi. Impegni scadenzati e verificabili nel tempo. Non certo l’ accozzaglia  dei provvedimenti che stiamo approntando con modalità  precarie ed esiti incerti;

–  per entrare in questa logica bisogna ripensare la macchina dello stato. È  principalmente questa, con la burocrazia e una fiscalità che penalizza i risparmiatori, le imprese e le famiglie,  che sono i veri motori dello sviluppo, che limita lo scorrere del sangue nelle vene del nostro Paese. E che va cambiata;

– bisogna frenare la deriva assistenziale e i flussi di risorse destinate a persone che non sono attive e che dovrebbero contribuire con il loro impegno alla crescita del Paese. Mettere fine al parassitismo, alla idea malsana che debbano essere altri, gli immigrati, a fare le cose sgradite agli italiani, che esistano diritti sociali precostituiti e a accessibili a prescindere del rispetto del dovere di contribuire verso la comunità.

– infine, ma non per ultimo, smetterla di pensare che i nostri guai siano fonte delle cattiverie altrui, in particolare degli altri stati dell’ Unione Europea. Senza gli interventi europei tutti i ragionamenti fatti in precedenza diventerebbero privi di senso e di sostanza. Altro che far da soli. Sarebbero i risparmiatori italiani i primi a darsi alla fuga.

I cambiamenti citati valgono una agenda politica di lungo periodo. Richiedono un cambio radicale di mentalità e di classi dirigenti. La fine di un ciclo politico che ci ha portato nella direzione opposta.

Come si suol dire..IL RE E’ NUDO.

E dobbiamo trarne le conseguenze.

Natale Forlani