Cinquant’anni di Regione Veneto: il contributo dei democratico cristiani


Presentazione della rubrica “I nostri primi cinquant’anni”

Con l’intervento di Ettore Bonalberti, Dirigente politico di lungo corso e di una inossidabile tempra popolare (che ama definirsi ‘democristiano non pentito) , il Giornale del Veneto inaugura la Rubrica ‘I nostri primi cinquant’anni’, dedicata alla ricognizione storiografica, all’informazione ed alla documentazione sul 50° della Costituzione delle Regioni ed in particolare della nostra.

Si tratta di un piano di ricerca ambizioso e complesso.

Innanzitutto esso non si limiterà ad un tuffo nel passato, seppure appaia necessario e attraente il lavoro di recupero della memoria, ovvero dei valori ispiratori e del fervore che caratterizzarono l’opera della fase fondativa.

Una memoria che non solo non è stata coltivata, ma vieppiù tradita dalla torsione che alla Governance della Regione hanno impresso le Giunte succedutesi negli ultimi lustri con l’adozione di strategie che hanno svuotato la funzione Programmatoria e privilegiato una spesa elettoralistica, depauperando l’Ente con lo spregiudicato uso del project financing.

L’intento è quello di focalizzare, con il contributo determinante dei principali protagonisti che hanno esercitato ruoli di rappresentanza politica e di responsabilità dirigenziale, la qualità e l’efficacia delle policies succedutesi nel corso delle legislature, la loro evoluzione ed il loro effettivo impatto sulla vita dei cittadini veneti, sullo sviluppo economico, sull’assetto infrastrutturale e su un territorio che risulta piagato soprattutto dall’insufficienza degli interventi di tutela e controllo che erano stati affidati all’Ente Regione.

E’ evidente che tale lavoro di scavo incrocerà le caratterizzazioni personali e le appartenenze partitiche sia degli attori della stagione ‘romantica’ del Primo Regionalismo che di quelli protagonisti della degenerazione affaristica penetrata nelle stanze di Palazzo Balbi e di Palazzo Ferrofini.

Affronteremo tale lavoro dando voce alla molteplicità delle testimonianza, interpellando i cultori e gli specialisti dei diversi approcci interpretativi: storico, politologico, economico, giuridico, socioculturale ed antropologico.

Per una tale operazione chiediamo la collaborazione di tutti coloro che a vario titolo possiedono conoscenze, competenze e, perché no, buona memoria della vita di un’ Istituzione che – sia per la recente vicenda del negoziato per l’Autonomia, sia per l’attuale emergenza sociosanitaria provocata dal Coronavirus – sta dimostrando una centralità ed un crescente interesse dei cittadini per la precisazione ed il rafforzamento delle sue funzioni.

(La Redazione)


Cinquant’anni di Regione Veneto: il contributo dei democratico cristiani (di Ettore Bonalberti)

Il 16 Maggio 1970, veniva approvata la Legge n.281 ‘Provvedimenti finanziari per l’attuazione delle Regioni a statuto ordinario’ (GU n.127 del 22.5.1970) . Sono trascorsi, dunque, cinquant’anni dall’approvazione della legge con cui prese avvio anche la nostra Regione. Una legge voluta dal III° governo guidato dal DC vicentino On. Mariano Rumor, essendo ministro incaricato per l’avvio delle regioni a statuto ordinario, il sen. DC veneziano, Eugenio Gatto. Erano trascorsi ventidue anni dal 1948, data di approvazione della Carta costituzionale, che stabiliva tale realizzazione, voluta dai costituenti, soprattutto di matrice DC.

Con alcuni amici veneti, ‘DC non pentiti’”, avevamo pensato di organizzare un seminario per approfondire il ruolo svolto dalla DC veneta nella costruzione istituzionale e nella gestione del potere regionale nei primi venticinque anni di governo (1970-1995). Non si potrà fare a Maggio, ma lo faremo più in là, Covid 19 permettendo.

Lo dobbiamo quale doveroso omaggio a quanti, attori protagonisti di quell’evento ci hanno lasciato e a coloro che, ancora tra di noi, di quella lunga e vitale stagione politica furono compartecipi di quello straordinario progetto. Metà di questo lungo percorso è stata espressione diretta dell’egemonia democratico cristiana, cui sono seguiti il quindicennio forza-leghista a guida di Giancarlo Galan (1995-2010), e il decennio legaforzista (2010-2020), tuttora in corso, di Luca Zaia.

Siamo nella condizione di poter avviare una valutazione storico politica su quanto è accaduto e porci una domanda: cosa è cambiato in termini politici e istituzionali dalla lunga stagione democratico cristiana che, tranne la breve parentesi della giunta Pupillo (11 maggio 1993-26 maggio 1994) è durata praticamente senza soluzione di continuità dal 1970 al 1995, rispetto alle altre due fasi a dominanza alternata forzista e leghista? Se l’attuale governo leghista è oggetto, soprattutto, di analisi e valutazioni di ordine politico, le passate esperienze democratiche cristiane e forzaleghista sono ormai oggetto di valutazioni storico politiche.

Della triste stagione forzaleghista mi basta evidenziare lo spirito fazioso, laicista e profondamente antidemocratico cristiano che la caratterizzò, sotto la spinta di vecchi esponenti della politica socialista più estrema. La ‘czarina’ Lia Sartori, fu la primigenia suggeritrice di un inesperto radical-liberale, catapultato alla guida del Veneto direttamente dalla casa madre aziendale berlusconiana. Un ben triste connubio quello del duo Galan-Sartori, sostenuto da un più smaliziato ex DC doroteo-rumoriano, Giorgio Carollo, che fungeva da strumento ancillare di un dominio politico, che per Giancarlo Galan e qualche suo accolito, é finito nel più indegno scandalo politico di tutta la storia veneta e veneziana ( caso MOSE). E’ stato questo, ahinoi, il contrappasso politico esemplare, subito da chi del ‘nuovo che avanza’ aveva fatto la propria bandiera programmatica, finendo con l’autoproclamarsi presuntuosamente: ‘Il Nordest sono io’.

I valori autonomistici dello Statuto

Credo che il contributo più alto offerto dai democratici cristiani alla formazione e successiva gestione dell’istituto regionale sia stato, soprattutto, quello della scelta statutaria impregnata dei valori autonomistici della nostra migliore tradizione politico culturale.

La DC alle prime elezioni regionali del 7-8 Giugno 1970 ottenne il 51,98% dei voti e 28 Consiglieri regionali su 50, ossia, la maggioranza assoluta, con il diritto-dovere di formulare l’asse portante dello statuto regionale. Fu affidato all’amico Marino Cortese il compito di presiedere la Commissione regionale per lo statuto. Egli fu coadiuvato da un gruppo di esperti, tra i quali, essenziale fu il ruolo svolto dall’avv. Feliciano Benvenuti.

L’avv. Cacciavillani, nell’introduzione del suo recente saggio ‘Un nuovo Veneto’, scrive:

“Tra le quindici Regioni Italiane a ‘statuto ordinario’ riconosciute dalla Costituzione del 1948, la Regione Veneto ha talune peculiarità qualificanti; a cominciare dal suo stesso Statuto approvato dal Parlamento Nazionale con legge 22 maggio 1971, n. 340, del seguente testuale tenore: ‘l’autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia’. Ben superfluo ricordare che la formula ‘autogoverno del popolo veneto’ -e prima ancora l’individuazione a livello legislativo- dell’individualità del ‘popolo veneto’ pur nel più vasto contesto del popolo italiano, sono peculiarità specialissime della Regione Veneto nel quadro delle altre Regioni italiane (a tacere ovviamente delle cinque a statuto speciale), anche se purtroppo i suoi stessi Amministratori non hanno mai dato l’impressione di essersene accorti”.

Non posso che concordare con la lucida impietosa conclusione di Cacciavillani, considerando che avevamo tutti condiviso e sperato di attivare un’istituzione che avrebbe dovuto ‘programmare e controllare’, fedeli alla nostra migliore tradizione autonomistica che, come ci ricordava il compianto Antonio Mazzarolli, era ed è fondata sul principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, assegnando il compito della gestione all’Ente territoriale più vicino ai bisogni dei cittadini: proprio a questi , innanzi tutto e ai corpi intermedi; al Comune, in via sussidiaria, mentre alla Regione sarebbe dovuto spettare quello esclusivo della programmazione e del controllo. Come siano andate diversamente le cose è sotto gli occhi di tutti.

Quello Statuto, con le nette indicazioni sul valore dell’autonomia, fu il risultato di un serio dibattito svoltosi in casa DC, tanto nelle sedi ufficiali dei comitati provinciali e regionali, che in quelle delle correnti e associazioni che costituivano la vasta galassia dell’area cattolico democratica e cristiano sociale della DC veneta.

Alla fine degli anni’60 e in preparazione dell’avvento della nuova Regione, nella DC e nei gruppi, correnti e movimenti che ne caratterizzavano la sua vita politica, ferveva, infatti, un serio approfondimento sul tema della regione da costruire al quale, come ci ha ricordato Cristiano Zironi, partecipò tra i primi, la fondazione della Associazione Veneta di Studi Regionali, di cui il ministro Luigi Gui fu presidente e Zironi segretario generale. Si organizzarono alcuni convegni di un certo spessore e la pubblicazione dei loro atti in volumetti ancor oggi reperibili in qualche biblioteca privata. E, infine, la pubblicazione del periodico ‘Veneto Nuovo’, diretto dallo stesso Zironi e da Lucio Casotto.

Molto intenso anche il dibattito all’interno del partito regionale, alle prese sia con le nuove norme statutarie della Regione che con il primo documento di programmazione economica (‘Il Veneto terra di relazioni’). Un documento che, ricordo, ci impegnò in varie sedute del comitato regionale, nelle quali discutevamo le bozze di quel programma, tra le quali, la grande incompiuta del progetto di ‘Venezia Sud’, caldeggiato da Toni Bisaglia e portato avanti con grande determinazione dal segretario regionale della DC, Giovanni Bisson. Un progetto ostacolato dagli amici della sinistra sociale e politica del partito.

Come scrive Paolo Giaretta nel suo bel saggio ‘Identità e rappresentanza politica nel Veneto del secondo Novecento’ (contributo di Giaretta al libro: ‘Il Veneto nel secondo Novecento’-Politica e Istituzioni- autore e altri- Edizione Franco Angeli-2015) : “Risale al periodo immediatamente antecedente l’avvio dell’esperienza regionale con le elezioni del 1970 il primo tentativo di offrire una lettura coerente dell’economia e della società veneta, delle sue prospettive e quindi dei suoi aspetti identitari, attraverso la predisposizione del ‘Piano di Sviluppo Economico Regionale1966/19701 ad opera del Comitato Regionale per la programmazione Economica del Veneto. Il Comitato, composto dai rappresentanti delle principali istituzioni locali venete affida ad un gruppo di lavoro coordinato dal prof. Innocenzo Gasperini la redazione del Piano, che costituirà una prima chiave di lettura delle necessità del Veneto per guidare la sua evoluzione e si incominciò a teorizzare quel concetto di un Veneto policentrico che era espressione insieme di un pensiero interpretativo originale (appunto per costruire una nuova narrazione identitaria) ma anche dell’incapacità della politica, infragilita da molteplici localismi, di dare un ordine ed una gerarchia ai territori“. Trattasi di un contributo destinato a caratterizzare l’intera politica economica veneta nella lunga gestione del potere DC

Il permanente vivace e talora duro scontro tra la maggioranza dorotea ( Rumor-Bisaglia) e la sinistra interna ( morotei, Forze Nuove, basisti) con il gruppo fanfaniano, forte soprattutto nella DC di Treviso, guidato dal sen. Fabbri e dall’On. Corder quasi sempre in maggioranza con i dorotei (almeno a livello regionale), caratterizzerà tutta la lunga stagione di egemonia-dominio del potere DC nel Veneto. Una stagione che vide quattro giunte presiedute da Angelo Tomelleri, con la breve parentesi della Giunta Feltrin nella prima legislatura ( 1970-1975); due giunte Tomelleri nella seconda Legislatura (1975-1980), la lunga e ininterrotta stagione della giunta di Carlo Bernini nella terza legislatura ( 1980-1985), sino ai quattro anni della quarta legislatura ( dal 30 Luglio 1985 all’8 agosto 1989), con il subentro, alla fine della quarta, del presidente Franco Cremonese.

Sarà la Quinta legislatura (1990-1995) quella che accompagnerà la stagione del declino progressivo dell’egemonia DC, nel Veneto come in Italia, con il susseguirsi di crisi: dalla Giunta Cremonese a quelle presiedute da Franco Frigo, Giuseppe Pupillo e l’ultima a guida democratico cristiana di Aldo Bottin.

Durante la guida politica regionale di Carlo Bernini, quella che è considerata sino ad oggi la migliore stagione politica di tutta la storia regionale del Veneto, prese corpo e si diffuse anche a livello europeo l’idea innovativa dell’’Europa delle Regioni’, quale risposta di fine secolo al superamento dei vecchi stati nazionali derivati dalle rivoluzioni del XVIII e XIX secolo e, dopo il crollo del muro di Berlino e del precario equilibrio EST-OVEST garantito da quasi quarant’anni di guerra fredda.

La Giunta regionale Bernini e il gruppo consigliare DC del Veneto sviluppava, tanto a livello regionale che a quello nazionale e internazionale un’intensa iniziativa politica.

AlpeAdria’, da un lato, che assunse un ruolo sempre più efficace e attivo tanto da far assurgere il presidente del Veneto alla guida della Conferenza dei presidenti delle regioni d’Europa, e le proposte di legge che si susseguirono sul tema del nuovo regionalismo, furono le tappe più rilevanti di questa intensa stagione politica.

Ricorderemo, in proposito, che la prima proposta di legge statale da trasmettere al parlamento nazionale, ai sensi dell’art.121 della Costituzione, fu quella approvata all’unanimità dal Consiglio regionale, nella seduta del 26 Marzo 1985, su iniziativa della Giunta regionale relativa a: ‘revisione degli artt. 116,117,118,119,129 e 133 della Costituzione’. Relatore fu il consigliere Camillo Cimenti, rappresentante della DC in prima Commissione. Si trattava, come recita il titolo, di un primo serio tentativo di riforma costituzionale teso a riaffermare il nuovo regionalismo, alla luce dei risultati negativi sino allora verificatisi nel rapporto Stato-Regioni. Tentativo, in ogni caso, naufragato nell’impotenza complessiva di un Parlamento incapace, dalla Commissione Bozzi in poi, di affrontare e risolvere anche le più timide proposte e che finirà con il dimostrare tutta la propria impotenza, financo sul piano della riforma elettorale. Infatti, solo dopo il referendum del Giugno’93 si giungerà a quella pasticciata soluzione del ‘Mattarellum’, ossia la nuova legge elettorale, vera pietra tombale semi-aperta della Prima Repubblica.

Dal primo progetto berniniano per l’autonomia (1985) sono trascorsi trentacinque anni, nei quali abbiamo visto: prima l’approvazione della pasticciata riforma del Titolo V parte II della Costituzione ( Legge cost.3 del 2001) ), i cui limiti e contraddizioni tra competenze esclusive e concorrenti di Stato e Regioni sono venuti tutti alla luce proprio durante la vigente drammatica esperienza della pandemia, e, da ormai molti mesi, il rincorrersi senza soluzione efficace delle iniziative dell’attuale governo regionale.

Una cosa è certa: l’odierno assetto istituzionale dell’Italia non può continuare così com’è adesso configurato e una seria riforma, ispirata dal progetto del prof. Miglio, di un Paese federale dal forte potere centrale e strutturato localmente da cinque o al massimo sei macroregioni, potrebbe essere la soluzione percorribile anche da noi democratici cristiani e popolari, purché ispirata ai valori della sussidiarietà e solidarietà da sempre a fondamento della nostra visione autonomistica della società e dello Stato. Si tratta di tornare a quei principi ai quali ci siamo ispirati quando fu approvato lo Statuto della nostra Regione, al quale, anche noi, nel procedere della gestione, non siamo stati sempre fedeli.

Ettore Bonalberti

Presidente ALEF (www.alefpopolaritaliani.it), componente comitato provvisorio Federazione Popolare dei DC

1 Comitato Regionale per la programmazione economica del Veneto, Piano di sviluppo economico regionale 1966/1970, Feltre 1968