Persona – Personalità – Personalismo. Ovvero ciarlare in cialtronesco (del coronavirus)

di Maurizio Nello Gadola*

Il testo che pubblichiamo di seguito a questa presentazione, mi è stato inviato da un amico lombardo, professionista di lungo corso e di conio speciale, per il quarantennale servizio nelle corsie a farsi carico dei pazienti più fragili, ad indagarne con gli strumenti della ricerca scientifica l’eziologia, a misurarsi con i dilemmi e la responsabilità dell’ars medica, ovvero l’esercizio di una scelta meditata e generata da una competenza multidisciplinare, mai prigioniera dei transeunti specialismi e schematismi.

Con lui e grazie a lui, 15 anni orsono, mi sono appassionato alla ‘fenomenologia’ emergente degli anziani fragili ed alla questione della ristrutturazione ospedaliera e della riqualificazione della rete territoriale dei servizi sociosanitari che si evidenziavano come scelte urgenti, ineludibili.

L’entusiasmo e la passione ci fecero produrre indagini approfondite, esperienze sul campo, proposte operative innovative, ma realistiche, praticabili sin da subito.

Debbo anche confessare che una certa urgenza la avvertivamo e la sottolineavamo perché consapevoli che il processo di adeguamento dei sistemi di prevenzione della fragilità e di assistenza per affrontarla, se adottati, avrebbero reso meno preoccupante anche …. il nostro personale futuro!

Nei lustri che si sono succeduti, ben poco delle nostre preoccupazioni e delle nostre idee si è tenuto in buon conto.

Ciò spiega, in parte, il linguaggio e le valutazioni espresse, nell’intervento che segue, di fronte all’osservazione di uno spettacolo inverecondo di bollettini da onoranze funebri, oziosi conflitti di competenze, presunzione e superficialità di tanti specialisti ….

Ma l’auspicio conclusivo che esso contiene, rappresenta un’indicazione metodologica fondamentale per organizzare una difesa realmente efficace e non miracolistica dall’insidia del contagio: una sfida non solo sanitaria, ma anche antropologico-culturale!

Dino Bertocco


disegno di Elio Armano

Dopo oltre quarant’anni di umanesimo militante ed ormai vecchio mi arrendo allo spreco di parole, allo scontro mai risolto fra vinti e vincitori, a quelli che avrebbero preferito morire democristiani, a chi ripensa a Berlinguer e Almirante, ai nuovi soloni che vogliono spiegare alla Tv quello che vorrebbero aver capito, alle case di Dio chiuse e alle messe con comunione senza comunità, a papa Francesco desolatamente solo mentre risale le gradinate dell’immensità vaticana.

Cosa posso dire se la pandemia si sta espandendo in Africa e America Latina, mentre in Europa si ragiona sulla ‘seconda fase’ e in Italia si ridiscute su tutto come diceva Bartali ‘l’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare’.

Fatico a capire dibattiti sconclusionati a fronte di dati e percentuali raccolti a casaccio, resto disgustato per gli studi di paragone fra il numero di morti in Lombardia nella Seconda guerra mondiale rispetto a quelli conseguenti al COVID 2019.

Ci si dimentica, da parte di presunti esperti e giornalisti, che l’unica verità sulla sua effettiva letalità non è data dai tamponi o dai prelievi. Solo l’autopsia è dimostrativa, diversamente si può negare tutto o contare tutti come morti per COVID-19!

Mi confondo assistendo al centralismo dittatoriale che vuole massificare una popolazione forse la più ricca al mondo di peculiarità storiche culturali così diverse e uniche, al punto da apparire ingovernabili come disse Mussolini degli Italiani.

A chi mi chiede indicazioni sulla ricostruzione post pandemica lo invito a studiare prima il campo d’azione se si vuol dare fondamenta credibili.

Dunque, se vogliamo, lasciamo stare mission e strategie politiche, quello che definisce la partenza è la vision. Terminologie bocconiane ormai di uso comune.

Con fatica suggerirei il dibattito sui contenuti della vision: osservare prima ancora di capire la popolazione a rischio, chi sono le persone cui corrisponde quell’ambito di abitudini cultura e bisogni, fra rischi psichici e/o di malattie epidemiche.

Nel contempo diverrebbe imprescindibile valutare l’esistente strutturale (dotazione e modelli di servizi socioassistenziali) da abbattere o rilanciare.

Ma non vorrei disperdere il focus e confondermi con altri stupefacenti studi di settore.

Mi limito a ricordare la Riforma sanitaria divenuta legge nel 1982, che persino gli Inglesi copiarono e che sollecitò gli USA a ripensare alla Medicina del territorio ed al Medico di famiglia.

Fatico a credere che sui giornali si parli di mancata guarigione come di malasanità quando la medicina propone cure mentre solo Dio può guarire.

Ancora deve essere ribadito che la medicina non è una scienza, caso mai un insieme di scienze.

Si dice infatti ars medica, poiché il medico svolge l’arte di saper utilizzare al meglio tutte le conoscenze riferibili alla salute umana.

Mi arrendo a questa affannata ricerca di eroi e poi colpevoli da sbattere in prima pagina.

Tornerei ad amare la mia professione se fosse immancabile la priorità dell’incontro tra persone su cui è fondato il rapporto medico paziente, ragione per cui il camice risultava come il farmaco più ricercato.

Ho conosciuto amici e colleghi ammirati per la capacità di immergersi fra le persone della propria città, del rione.

Mi stupiva la professionalità con cui intuivano quando la terapia era troppo aggressiva, o poco rispettosa, o dannosa allo stile di vita delle persone.

La bellezza fondata sul rapporto medico-paziente permetteva di sviluppare strategie terapeutiche personalizzate.

Mi piacerebbe leggere che gli Italiani hanno rinnegato l’individualismo personalistico per ridare valore al confronto fra personalità appartenenti alle diverse peculiarità storico culturali.

Un sogno ambito da un individuo resta tale, diventa realtà quando sognato da molti.

Maurizio Nello Gadola

*Maurizio Nello Gadola si è laureato in Medicina e chirurgia all’Università degli Studi di Milano oltre quarant’anni fa. Le sue specializzazioni hanno coniugato la farmacologia clinica con la psicoterapia. Ha insegnato in Università per molti anni, professore a contratto in Psichiatria e poi
in Farmacologia, e realizzato studi di ricerca multidisciplinari. Al suo attivo ha numerose pubblicazioni, soprattutto in ambito geriatrico