‘Capitani coraggiosi’ e Caporali servili

Il Documento della Corte dei conti sulle Concessioni Autostradali che mette in luce l’inettitudine del ceto politico dell’ultimo quarto di secolo.

Il 18 dicembre scorso la Corte dei Conti ha licenziato la Deliberazione n. 18/2019/G, concernente le ‘Concessioni Autostradali’, ovvero le regole d’ingaggio per la gestione da parte dei Privati della rete autostradale italiana, il sistema infrastrutturale che supporta il transito del 90 per cento del trasporto merci via terra e il 25 per cento della mobilità nazionale e che, per la maggior parte della sua estensione, poco meno di 6.000 km, è affidata a società concessionarie, mentre la restante ad Anas.

La relazione contenutavi ‘considerata la rilevanza delle concessioni e degli interessi economici pubblici e privati coinvolti, analizza le modalità di realizzazione e i costi dell’assetto in vigore, anche per verificarne l’impatto sulla finanza pubblica e sulle scelte dell’utenza, tenuto conto delle sollecitazioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che, da tempo, ha chiesto: a) di disporre l’affidamento attraverso selezioni a evidenza pubblica, limitando la durata delle concessioni e il loro ambito oggettivo; b) di fissare una durata non ingiustificatamente lunga, strettamente necessaria a recuperare gli investimenti, con la possibilità di compensazione delle concessionarie uscenti per gli investimenti non ancora ammortizzati al subentro; c) di evitare la proroga delle concessioni attraverso il tempestivo avvio del procedimento di evidenza pubblica per l’affidamento delle nuove; d) di introdurre una regolazione delle tariffe coerente con la logica del price cap’.

Il carattere ‘esplosivo’ del documento è correlato al fatto che ‘La relazione analizza altresì, (per la prima volta nella storia e senza alcuna remissività), l’attività che il Ministero delle infrastrutture svolge circa il suo compito di regolazione economica in qualità di concedente’.

E l’incipit è già rivelatore delle valutazioni fortemente critiche sulla Governance, laddove si rileva che ‘Scarsa è stata negli anni l’attenzione degli organi di controllo interno del Ministero vigilante sull’argomento; infatti, nonostante la rilevanza delle risorse finanziarie coinvolte, nessun organismo indipendente di valutazione (Oiv) o servizio di controllo interno ha proceduto a valutazioni sullo stato delle concessioni, pur in presenza di numerosi pronunciamenti delle Autorità indipendenti che, da anni, segnalano le numerose criticità del sistema vigente’.

La sua lettura è un autentico pugno nello stomaco tanto è inequivocabile sul piano del giudizio politico ed inoppugnabile sul terreno delle argomentazioni addotte, la certificazione della inconsistenza programmatica e della visione strategica con cui nell’ultimo quarto di secolo gli esponenti dei Governi succedutisi hanno affrontato e gestito i processi di privatizzazione, in particolare l’asset delle Autostrade.

Ciò che vi emerge via via che l’indagine storica e la focalizzazione dei nodi irrisolti avanza, è l’inadeguatezza del pensiero nel concepire e strutturare le scelte, soprattutto nella trascuratezza ripetuta e confermata con cui si è rinunciato a rigenerare la Funzione Pubblica immettendovi la mission e le competenze specialistiche fondamentali per esercitare le inedite responsabilità ed i conseguenti poteri di controllo prefigurati dalla stesura delle ‘Concessioni’.

Sicchè si è assistito ad un progressivo indebolimento fino all’asservimento delle Direzioni Ministeriali nei confronti delle Società e delle lobbies professionali delegate alla gestione di servizi fondamentali per lo Sviluppo economico del Paese: al di là degli aspetti morali e degli episodi di corruzione che pur sono entrati nelle cronache, risultano evidenti gli interessi privati in grado, nell’ambito dei rapporti asimmetrici creati dalle Concessioni, di ottimizzare a proprio vantaggio l’assenza, quando non il vero e proprio collasso dello Stato, emblematicamente rappresentato dal crollo del ponte Morandi.

I giornali, come al solito e giustamente, hanno cercato gli episodi che potessero mettere in luce l’opera di ‘addomesticamento’ delle forze politiche da parte dei Concessionari: a tal proposito è stato citato l’episodio di finanziamento di Benetton alla Lega.

Ma se per quel caso si può parlare di una ‘mancia’ destinata a silenziare i borbottii di una forza sedicente antisistema, per tutte le altre è stato imbastito il balletto delle vanità ovvero l’alimentazione di leadership interessate a conquistarsi un briciolo od un tanto di celebrità nell’Agenda pubblica attraverso l’appeasement nei confronti di un establishent sostanzialmente immobile e parassitario.

Non voglio con tale giudizio tranchant azzerare gli impegni e la buona volontà dei vari Presidenti del Consiglio e Ministri (anche se in alcuni casi il velleitarismo che li ha caratterizzati era pari alla modestia provinciale che li animava: vedi la vicenda dalemiana dei ‘Capitani coraggiosi’…), bensi evidenziare che lo spessore ideologico, la tempra morale, la profondità di visione che avrebbe dovuto connotare i Rappresentanti politici alle prese con le trasformazioni e ‘liberalizzazioni’ della cosiddetta Seconda repubblica, si sono manifestati in forma o lieve o strumentale.

Non è nei compiti della Corte dei conti esortare la ‘rigenerazione politica delle funzioni pubbliche’, ma il quadro descrittivo della Deliberazione, evidenza che l’Italia deve trovare una nuova generazione di interpreti, vocati per passione civile ed integrità morale ad avere come Stella polare dell’impegno politico e del processo democratico, l’adeguatezza, l’efficienza, la prevalenza di Istituzioni pubbliche garanti degli interessi generali, su concezione-pratiche-interessi di parte, miopi, strumentali e di corto respiro.

Mi auguro quindi che il documento solleciti, oltre ai necessari provvedimenti da parte del Governo, una riflessione etica e politico-culturale diffusa ed elaborazioni scientifiche appropriate sulle questioni che esso fa emergere: dal groviglio dei rapporti incestuosi tra Stato e Mercato alle regole per incentivare la competizione finalizzata agli incrementi di efficientamento del sistema degli appalti pubblici, alla gestione degli investimenti pubblici come leva per incentivare l’innovazione, dagli strumenti e dai criteri per presidiare l’accountability, alle procedure per supportare la partecipazione dei cittadini e la trasparenza per consentire il controllo della Governance quando sono in gioco infrastrutture e servizi pubblici…

Questo ed altro non costituiscono un ‘vasto programma’ bensì un sussulto di consapevolezza democratica basica per un Paese che voglia uscire dalla palude e dai rapporti incestuosi generati da una Politica debole e subalterna nel rapporto con Capitani che, finora, non si sono dimostrati coraggiosi bensì oltraggiosi dei Beni pubblici.

Corte dei conti | Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato | Delib. n. 18/2019/G

Sintesi

Corte dei Conti Concessioni autostradali

La relazione, vista la notevole rilevanza delle concessioni autostradali e degli interessi economici pubblici e privati coinvolti, analizza le modalità di realizzazione e i costi dell’assetto in vigore, per verificarne l’impatto sulla finanza pubblica e sulle scelte dell’utenza anche in considerazione del fatto che, fin dagli anni Novanta, le Autorità indipendenti lamentano la mancata apertura al mercato delle concessioni e l’opacità nella loro gestione, non essendo state le convenzioni di affidamento, fino all’anno passato, rese pubbliche.

Per superare le rilevanti obiezioni sollevate degli organi tecnici e di controllo la maggior parte delle concessioni furono approvate per legge nel 2008.

Serrato, nel corso degli anni, è stato il confronto con l’Unione europea per ottenere deroghe all’affidamento tramite gara; peraltro, il mancato ricorso al mercato ha provocato, già nel 1997, la dichiarazione di illegittimità, da parte della Sezione di controllo della Corte dei conti, dell’attribuzione della più importante concessione. Effetti del tutto simili alla proroga formale conseguono dall’eccessivo valore di subentro, dalla proroga di fatto a seguito di mancato tempestivo riaffidamento della concessione e dalla revisione contrattuale attraverso la gestione unificata di tratte interconnesse, contigue o complementari se consentono di modificare i rapporti esistenti senza nuovo affidamento alla scadenza.

In tale contesto, nel 2018 è stata anche limitata al 60 per cento la percentuale di affidamenti esterni cui le concessionarie sono obbligate, in deroga alla disciplina di maggior rigore dettata per gli altri settori.

Il mantenimento dello status quo ha accentuato le inefficienze riscontrate nel sistema, quali l’irrazionalità degli ambiti delle tratte, dei modelli tariffari, di molte clausole contrattuali particolarmente vantaggiose per le parti private. Inoltre, costante è risultata, nel tempo, la diminuzione degli investimenti.

La pluralità di modelli concessori ha reso problematica la valutazione delle performance con investimenti sottodimensionati ed extraprofitti, cosa, peraltro, contestata dalle concessionarie. Sono state segnalate dalle autorità indipendenti numerose carenze gestorie soprattutto nella fase successiva alla privatizzazione: a) sulle tariffe, sinora non regolate da un’autorità indipendente secondo criteri di orientamento al costo; b) sul capitale, non remunerato con criteri trasparenti e di mercato; c) sull’accertamento periodico dell’allineamento delle tariffe ai costi; d) sui controlli degli investimenti attraverso la verifica delle capacità realizzative e manutentive.

Anche le procedure per le nuove concessioni sono state lunghe e intraprese dopo la scadenza delle vecchie convenzioni; l’incertezza derivata ha creato ulteriore confusione nel settore.

Il Ministero delle infrastrutture segnala la rilevante litigiosità con le concessionarie avente a oggetto, soprattutto, l’adeguamento delle tariffe, le approvazioni dei progetti, i provvedimenti sanzionatori, l’attuazione dei lavori, le subconcessioni. Peraltro, il principio della leale collaborazione dovrebbe essere a fondamento dei rapporti tra concedente e concessionarie; al contrario, la conflittualità, dal 2012, si è inasprita, arrivandosi a 401 contenziosi pendenti.

L’attività di controllo sulla complessa gestione è ostacolata, come riconosciuto dallo stesso Ministero, dalla scarsità del personale dedicato, benché nelle concessioni il controllo e la vigilanza del concedente risultino immanenti al sistema, in quanto posti in essere anzitutto nell’interesse dello stesso concedente.

Per quanto il d.l. n. 109/2018 abbia previsto la costituzione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), questa, a oggi, ancora non è operativa.

L’attribuzione di penetranti competenze all’Autorità di regolazione dei trasporti in materia al fine di tutelare maggiormente gli interessi pubblici coinvolti potrà risultare efficace solo con un’amministrazione dotata di qualificazioni tecnico-professionali in grado di negoziare con la controparte privata.

Dino Bertocco