AVariati ed umiliati

Superare il moralismo ed il settarismo, radicare il PD veneto nel popolarismo

Un amico vicentino usa un’espressione colorita per descrivere la funzione, anzi la mission di cui si fa interprete il suo conterraneo, il prode Achille (Variati): “Lui, nei processi politici, è come il diserbante nel prato in crescita”.

Non si tratta di un’affermazione malevola di un avversario bensì di una considerazione che discende dall’analisi della ben conosciuta e consolidata tecnica di gestione del potere locale, finalizzata a tessere, ritessere e – soprattutto – dissipare i progetti non corrispondenti alla sua personalissima visione delle cose, supportata dall’abilità nella dissimulazione e nella circonvenzione, seguite dalla velocità ad uscire di scena ed a sottrarsi alla responsabilità nei casi di progetti ed iniziative non andati a buon fine.

In questi giorni, per esempio, per oscurare l’insuccesso clamoroso del ‘suo’ candidato alle elezioni regionali, concordato e condiviso per la verità con i due colleghi veneti Sottosegretari di Governo Pierpaolo Baretta e Andrea Martella, ha virato con destrezza a candidare un giovane virgulto della sua terra a farsi condottiero della rivincita dell’armatina Brancaleone in Consiglio Regionale; se fossimo nei panni del malcapitato destinatario degli auspici del sacerdote vicentino (versione locale del canone curiale Bettiniano – Goffredo per intendersi- ), ci guarderemmo bene dall’entrare nei disegnini di un mentore pronto a scaricarlo alle prime inevitabili difficoltà in un compito fuori taglia.

Stefano Fracasso, in un bel intervento lucido e cazzuto (forse troppo intempestivo) pubblicato su Veneziepost, ha usato ironia ed amarezza per stigmatizzare la ‘dirigenza romanoveneta’ e le ‘parole famose di un sottosegretario’ che sostenne la giustezza della scelta Lorenzoni perché a suo dire “sarà in grado di toccare i cuori dei giovani

Potrei scommettere che il sottosegretario evocato non era un veneziano…

Sia chiaro, non intendiamo e non vogliamo buttare nessuna croce addosso al politico vicentino di cui, detto per inciso, abbiamo sempre notato ed apprezzato lo sforzo di esercitare una funzione pedagogica.

Ci preme sottolineare con forza e brutalità che Variati, unitamente ai suoi due colleghi, ha dato vita ad una rappresentazione della Trimurti che ha surrogato e dis-orientato il processo democratico interno del Partito regionale.

Il ‘diserbante’ usato non solo ha inibito un dibattito ed un confronto ampio che consentisse di mettere in chiaro la reale portata della competizione elettorale (così come ben tratteggiato nel richiamato articolo di Fracasso), bensì di attivare una chiamata alle armi con la definizione di regole di ingaggio precise e stringenti per tutti gli iscritti, i militanti ed i dirigenti di un Partito sollecitato alla coesione ed alla lealtà interna nel momento di un corale sforzo per la raccolta di consensi e voti.

C’è un episodio che testimonia il clamoroso flop della strategia adottata e la conseguente sconfitta elettorale più dell’irrilevanza e scarsa rappresentatività, accertata dal voto, della Lista ‘il Veneto che vogliamo’: esso riguarda la mancata elezione del Segretario regionale del Partito, Alessandro Bisato.

Se l’esternalizzazione del candidato di Coalizione è stata la manifestazione di una certa inettitudine, la bocciatura nelle urne e la mancata entrata a Palazzo Ferro Fini del proprio rappresentante, è la conferma dirompente di una debolezza organizzativa strutturale che risulta difficilmente recuperabile e sicuramente inficia le residue possibilità dell’attuale Gruppo dirigente del Partito regionale di intestarsi il programma di rilancio ed allargamento del radicamento sociale evocato da Fracasso:

Certo non invocando una sinistra dei duri e puri, dell’opposizione a oltranza, della vocazione minoritaria. E’ un pezzo della grande famiglia degli elettori moderati quello che ha abbandonato il PD in Veneto, la stessa vicenda dell’autonomia va letta rispetto a queste coordinate. Eppure dentro la grande pancia moderata del Veneto nuove domande politiche stanno emergendo, nuove questioni vengono al pettine. Quattro titoli per iniziare: crisi climatica ed energia, demografia e famiglie, capitale umano e formazione, lavoro e produttività. Rispondervi da sinistra, senza velleità, senza scorciatoie, e la sfida del post-tsunami”.

Il fatto è che l’irrobustimento organizzativo e l’avvio di un dialogo e di alleanze con forze gravitanti all’esterno del recinto tradizionale del PD, programma che era nelle corde e nella volontà di un Segretario regionale, Alessandro Bisato, risultato eletto attraverso le Primarie ed animato dal sincero proposito di andare oltre i confini di una rappresentanza logorata dalla gestione curiale e localistica delle strutture territoriali, costituiva un’impresa proibitiva per la persistenza di patologie presenti da tempo, tollerate e sottaciute ed emerse in molti frangenti e territori, il più clamoroso dei quali fu l’incidente procurato della mancata rielezione di Ivo Rossi al Comune di Padova.

Senza girarci intorno ci riferiamo alle due subculture regressive, latenti, convergenti e sinergiche del moralismo e del settarismo che hanno da un lato progressivamente inaridito le radici popolari inibendo la comunicazione e l’interazione con il vasto elettorato cattolico e liberale, consegnato armi e bagagli a Forza Italia dapprima ed al rifugio leghista poi, dall’altro atrofizzato il sentiment democratico della partecipazione e delle primarie, del pluralismo inteso come risorsa e metodologia della ricerca culturale, leva e visione per il superamento delle anguste appartenenze ideologiche del passato.

E’ per questa ragione che con l’inevitabile azzeramento del Gruppo dirigente veneto, proponiamo che il Segretario regionale Alessandro Bisato non si limiti a presentare agli Organi di Partito il ‘cahier de doleances’ su errori, ipocrisie e contraddizioni di una vicenda elettorale fallimentare, ma operi – finalmente – l’apertura di porte e finestre delle stanze ammuffite ed una ricognizione sulle difficoltà organizzative affrontate, sulle divisioni e deficit culturali che hanno gravato sulla sua gestione, sulle linee di innovazione progettuale che si rendono necessarie e che vanno implementate attraverso una vasta mobilitazione cognitiva che coinvolga i mondi vitali della cittadinanza attiva, dell’imprenditoria produttiva e professionale, dell’ambientalismo e dell’associazionismo culturale.

Da lui ci aspettiamo una testimonianza di resilienza e consapevolezza critica che diventino un messaggio forte di coinvolgimento e corresponsabilità operativa per tutti coloro che amano veramente il Partito Democratico.

Dino Bertocco